Chi è discepolo di Gesù perché decide di mettersi alla scuola del Maestro è un invitato alle nozze. Seguire il Signore non è soltanto imparare una condotta di vita saggia o aggrapparsi a una speranza ultramondana. È partecipare alla festa della nuova alleanza fra Dio e l’uomo. Digiunare per purificarsi secondo le prescrizioni religiose non è più una priorità assoluta.
E questo non perché Gesù disprezzi il valore del digiuno o le regole da osservare, ma perché “nessuno versa vino nuovo in otri vecchi”. Se il termine “religione” deriva etimologicamente da “re-ligare” ed evidenzia il legame fra l’uomo e Dio, questo legame Gesù lo vuole liberante. Se le pratiche e le prescrizioni religiose diventano un assoluto, un idolo, allora si perde l’essenza che è quella di avvicinare l’uomo a Dio attraverso l’osservanza della pratica, non diventandone schiavi.
La Parola che Gesù porta nel mondo crea un legame d’amore fra un Dio papà, o mamma, e i suoi figli, e fra gli uomini tra di loro in quanto fratelli. Ci chiede “vestiti” nuovi e “otri” nuovi: un cambiamento della nostra vita quotidiana, l’unica che esiste, per fare spazio a un messaggio di profondo rinnovamento personale e sociale.
Per riflettere
La metafora degli invitati alle nozze e dello sposo esclude la sofferenza del digiuno e richiama la gioia dell’incontro. Quanto spazio c’è per la gioia nella nostra vita?
AUTORI: I commenti di questo mese sono curati da Angela Castino, Edoardo Cortese, Domenico Coviello
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi