Medita
Il Figlio di Dio è un uomo e come tale ha la sua storia. L’incarnazione passa attraverso una genealogia importante, ma d’altra parte nelle storie di uomini e donne comuni, persone come noi alle prese con la vita e con il peccato. Cristo non nasce semplicemente da una vergine senza colpa e non cresce soltanto nella famiglia di un uomo giusto; egli accoglie in sé le vicende di alcuni predecessori che prima di lui si sono confrontati con l’esistenza, con le fatiche e le sfide che essa comporta.
Se da un lato infatti è la discendenza di Abramo a definire la sua stirpe, dall’altra non mancano in essa prostitute, peccatori, personaggi che hanno sbagliato e si sono poi redenti. Se vi è un aspetto che questo passo introduce è che Dio non sceglie di incarnarsi in uno spirito eletto lontano dalla vita vera, ma nelle vicende di chi vive la condizione umana in tutti i suoi aspetti.
Certo, Cristo sarà simile a noi in tutto fuorché nel peccato, ma quel che conta nella nostra riflessione è che non nasce in un contesto d’assenza di errore. Anzi, è proprio assumendo su di sé gli sbagli dell’umanità intera che testimonia la misericordia del Padre. È dunque un manifesto della grandezza di Dio vedere quale piccolezza Egli sceglie di benedire. In questa grande narrazione di eventi ci siamo dunque anche noi, perché noi siamo gli interlocutori di questo storia di salvezza.
Per riflettere
Mi sento salvato dal Signore? In che modo sento che Egli libera dal peccato? L’incarnazione che trova testimonianza nel Natale mi tocca, oppure rimane un rituale stanco e vuoto?
Preghiera finale
Padre mio,
mi abbandono a te,
fa’ di me quello che vuoi.
[…] Rimetto la mia anima nelle tue mani,
con tutto l’amore che ho nel cuore,
perché ti amo,
e perché ho bisogno di amore,
di far dono di me
di rimettermi nelle tue mani senza misura,
con infinita fiducia,
perché Tu sei mio Padre.
AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi