Il fariseo compie un gesto di accoglienza e apertura invitando Gesù a casa sua a mangiare. Mangiare insieme è un atto di intimità e di condivisione che parla del sentimento che lega due o più persone. All’immagine festosa del banchetto fa seguito l’immagine dolcissima che vede Gesù seduto sul fianco e una donna alle sue spalle che unge i suoi piedi con amore e attenzione. Un’attenzione che è assimilabile a una preghiera, che sale verso l’alto con gesti, profumi, lacrime e sguardi. La tenerezza dell’immagine è però sciupata dal giudizio del fariseo, che non sa leggere oltre le apparenze e oltre la storia travagliata di quella donna.
Più avanti nel testo Gesù pronuncia il nome del fariseo, “Simone”, perché ha da dire qualcosa di essenziale per la sua vita. Usando il suo nome proprio, pone Simone nella prospettiva di fare un movimento importante nella sua esistenza.
Gesù chiama oggi ciascuno di noi per nome perché vuole insegnarci la sospensione del giudizio e l’amore per l’altro, che ha il potere di scavare nelle profondità dell’esistenza e di creare uno spazio fecondo per il perdono. Più l’amore “oltre il pregiudizio” spinge le nostre azioni, più si fa largo il per-dono, il dono di Dio per noi.
fermare la ruota incessante del tempo
e far ricominciare da capo una storia
in cui tutto è stato già visto.
—
(Alessandro D’Avenia, L’appello)
Preghiera finale
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto;
conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia
perché sei un essere speciale,
ed io avrò cura di te.
Io sì, che avrò cura di te.
(Franco Battiato)
AUTORE: Michela e Paolo Buti, Cristina e Emanuele Cattin
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi