Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 16 Novembre 2022

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Gesù, mentre sale a Gerusalemme per dare compimento alla missione che il Padre gli ha affidato, prepara i suoi discepoli a ciò che sta per avvenire. È lui l’uomo nobile che si deve allontanare dal suo paese per ricevere il titolo regale e poi ritornare a regnare, nonostante l’odio di alcuni suoi concittadini.

Il tempo che intercorre fra la partenza e il ritorno del re non deve restare vuoto e inoperoso; per questo prima di partire convoca i suoi collaboratori assegnando a ciascuno di loro una moneta d’oro da mettere a frutto.

È riduttivo pensare che le dieci monete siano doti, capacità, qualità di una persona: il fatto che a ciascuno venga data la stessa quantità ci deve mettere in guardia da questa interpretazione. Il tesoro che viene affidato a ciascuno è il Vangelo, che per il credente non è possesso, ma un dono da far fruttificare con impegno e responsabilità.

I criteri economici di Gesù sono diversi da quelli correnti: le dieci monete affidate ai servi possono fruttare dieci monete come cinque, in ogni caso il servo sarà lodato e riceverà il premio. Solo il servo pauroso viene rimproverato, perché ha voluto tenere il tesoro per sé e non ha giocato la propria vita per Cristo.

Nel giudizio finale il Signore ci perdonerà se non abbiamo saputo giocare al meglio i doni che abbiamo ricevuto e che dobbiamo mettere al servizio del suo regno. Ma sarà severo se avremo nascosto per paura il Vangelo in un fazzoletto sotterrato, se ci saremo ritagliati una fede individuale di precetti e divieti senza far emergere la forza salvifica della parola di Dio, capace di dare vita nuova.

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

I commenti di questo mese sono curati da Luisa Prodi