Quanto è stridente il contrasto fra nostro Signore che chiama in disparte i discepoli e, come quando fra amici si condivide una confidenza preziosa, preannuncia loro la sua passione, morte e risurrezione, e la richiesta della madre che si raccomanda affinché i figli abbiano una degna ricompensa per aver lasciato tutto per seguire Gesù.
Cristo parla di salvezza eterna, del compimento di tutta la storia umana, della vera libertà donata ad ogni uomo attraverso la croce, della vittoria definitiva sul peccato e sulla morte, e fra i suoi c’è qualcuno che pensa meschinamente alla “carriera”.
Ma sarebbe troppo facile biasimare la madre dei figli di Zebedeo, facile sdegnarsi come gli altri discepoli. In fondo non siamo molto dissimili a quella donna! Che cos’è la prima cosa che desideriamo per i nostri figli, che cosa chiediamo al Signore per loro? La cosa che più desideriamo per loro è che restino in comunione con Cristo anche a costo della croce per la salvezza della loro anima, oppure desideriamo come prima cosa che siano felici, realizzati, in salute, che abbiano una buona posizione sociale?
Il Signore ci conosce e sa quanto sappiamo essere meschini, e, nonostante si trovi circondato da persone che non hanno ancora capito niente del suo insegnamento, con infinita pazienza spiega pacatamente loro che nel regno dei cieli si conta alla rovescia, si conta a partire dall’ultimo. Il numero uno per Dio è l’ultimo dei numeri, non il primo. Cristo sta andando incontro alla croce per la nostra salvezza, perché è attraverso lo scandalo della croce, l’ultimo gradino della scala sociale, che ci sarà la resurrezione e la salvezza.
Per riflettere
Portare la croce dietro a Gesù, significa essere disposti a qualsiasi sacrificio per amore suo. Significa non mettere niente e nessuno prima di lui, neanche le persone più care, neanche la propria vita. (San Giovanni Paolo II)
AUTORI: I commenti di questo mese sono curati da Monica e Giuseppe Lami
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi