Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 15 Ottobre 2021

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Gesù raccomanda molte volte ai suoi discepoli di non avere paura, di non temere. Tante sono le paure dell’uomo: perdere l’affetto, la stima degli altri, le cose che riempiono i nostri luoghi familiari, ma soprattutto perdere la vita, cioè morire. Abbiamo paura perché non accettiamo la nostra realtà, e la nostra realtà è che siamo limitati. Se invece accettiamo il nostro limite, la morte, come luogo di comunione con Dio, ci mettiamo in una condizione di consolazione e di fiducia e viviamo come amici di Dio, come ci ricorda Gesù: “Dico a voi amici miei”.
Sembra che l’errore fondamentale di ogni uomo sia quello di non accettare il proprio limite come luogo di solidarietà con gli altri. Se il limite assoluto, la morte, diventa comunione con Dio che mi è padre, tutti gli altri limiti sono il luogo dove ho bisogno dell’altro e diventano possibilità di relazione autentica con gli altri.

Nella Bibbia, “Non temere” è il ritornello di Dio. La risposta di Adamo a Dio è stata “Mi sono nascosto, perché ho avuto paura”. E lì cominciano tutti i nostri mali: nel nascondere la nostra verità. Perché abbiamo paura. Come fanno i farisei…
Il timore di Dio ci libererà da ogni paura. Timore di Dio non vuol dire aver paura di Dio, ma tenere conto che solo Dio è Dio, che Lui mi ama, è il senso della mia vita; se tengo conto di questo non ho più paura di nulla.
Se noi non abbiamo il timor di Dio e abbiamo sempre paura di morire, non facciamo altro che buttare la nostra vita nelle immondizie (la Geenna), perché la paura ci fa fare ciò che temiamo.

Il lievito buono, cioè il fermento della vita, sta nel sapere di essere amati con una tenerezza infinita da chi ci ha creati, nonostante i nostri limiti. Non temiamo! Anche nella nostra piccolezza siamo preziosi! Molto più dei passeri, molto più dei capelli del nostro capo.

Per riflettere

Dio ama ciascuno, con il proprio nome e con le proprie caratteristiche, non in massa. Ricordo il nome di chi incontro? Fermiamoci a guardare un passero che volando e poi planando atterra su un ramoscello di un albero, senza esitazione, anche se mosso un po’ dal vento. Si guarda un po’ intorno e riparte in volo, senza nessuno sforzo consumando in un giorno la stessa energia contenuta in qualche chicco di grano.

Preghiera finale

Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d’Israele;
risana i cuori affranti e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore nostro, grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi.
Intonate al Signore un canto di grazie, sulla cetra cantate inni al nostro Dio.
Egli copre il cielo di nubi, prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l’erba sui monti, provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano.
Non apprezza il vigore del cavallo, non gradisce la corsa dell’uomo.
Al Signore è gradito chi lo teme, chi spera nel suo amore.
(Salmo 146–147)