La festa di oggi è intitolata “Esaltazione della Santa Croce”, come se la croce fosse da esaltare. Non c’è nulla di bello nella croce, nulla di esaltante nel dolore, mai. Ciò che oggi esaltiamo è la testimonianza d’amore che, da quella croce, Gesù ha dimostrato verso di noi. Gesù non ha amato la croce e, se fosse dipeso da lui, ne avrebbe volentieri fatto a meno. Ma ad un certo punto, la croce si è rivelata necessaria per manifestare la serietà delle sue intenzioni, la verità della sua predicazione.
La croce, da allora, è diventata simbolo dell’assoluto dono di sé che Gesù ha realizzato offrendosi alla sofferenza necessaria. Cambiando radicalmente il suo significato la croce è diventata così il modo drammatico che Dio ha avuto di manifestare il suo amore per noi. Prendere la croce significa allora assumere lo stesso atteggiamento di dono da parte del discepolo, che così imita Cristo nel suo amore, non nel suo dolore.
Siamo reduci da una improvvida retorica dolorista che ha esaltato la croce senza capirne il limite e il profondo significato, come se Dio godesse nel farci penare! La croce, che non è mai inviata da Dio ma viene fuori dalla vita, è opportunità per tirare fuori il meglio che c’è in noi.
Preghiera finale
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù;
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
(Lettera ai Filippesi 2, 5–8)
AUTORE: Michela e Paolo Buti, Cristina e Emanuele Cattin
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi