Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 14 Maggio 2021

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Sembra quasi un ricatto: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore». E se non li osserviamo? Cosa farà il Signore? Niente, o meglio, Lui continuerà lo stesso ad amarci. Sarà solo peggio per noi! Ma lungi questo dal voler suggerire la certezza di qualcosa di terribile in senso escatologico; la Chiesa, con gioia, proclama beati tanti suoi figli, ma mai ne dichiara qualcuno dannato. Peggio per noi invece qui, subito, su questa terra, dove vivremo privati della certezza di avere un Padre, oppure convinti di averne uno molto più simile ad un padrone, che stabilisce regole insopportabili e al quale bisogna dunque sindacalmente ribellarsi.

La “terza via”, la consapevolezza cioè di avere un Padre che ci ama, cambia le regole e ne fa comprendere la natura di dono. I comandamenti, queste famigerate “regole”, si riducono infatti a un solo precetto: amare. Dio ci conosce e sa che di tutto si può essere privati, ma non dell’amore. E dunque il comandamento è solo in armonia con la nostra natura. Da questo accordo, da questo soddisfacimento di una vocazione, scaturisce la felicità. Ed è quel che il Signore desidera.

La fatica, per tanti di noi, sta semmai nello scoprire questa realtà. Gli uomini non si conoscono come li conosce Dio e agiscono quotidianamente dimendicando questa sorta di “principio di progettazione”. Quanti obiettivi diversi da raggiungere, quante “liste dei desideri”, soprattutto in quel paradiso virtuale che è il commercio online! Tutto concorre a generare false necessità che prima producono ansia e dopo, quando (e se) “soddisfatte”, riescono a regalarci al massimo qualche attimo di spensieratezza! Cosa ben diversa, quest’ultima, dalla gioia.

Per riflettere

La necessità di amare e di essere amati è il nostro marchio di fabbrica. Madre Teresa di Calcutta, che di povertà se ne intendeva parecchio e che nella sua vita si è spesa totalmente per cercare di soddisfare necessità “autentiche” dei più poveri fra i poveri, aveva ben chiaro, e lo ricordava spesso, che la povertà più grande, quella che più abbrutisce l’uomo, è proprio la mancanza d’amore.

Preghiera finale

Non sono esattamente sicura di come sarà il Paradiso,
ma so che quando moriremo e arriverà
il momento in cui Dio ci giudicherà, non chiederà:
“Quante cose buone hai fatto nella tua vita?”,
ma si rivolgerà a noi dicendo:
“Quanto amore hai messo in ciò che hai fatto?”.
(Santa Teresa di Calcutta)


AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi