Giovanni era stato il maestro di Gesù, colui che lo aveva battezzato e instradato verso la sua missione pubblica di annuncio del vangelo tanto che il giovane rabbi della Galilea lo definisce il più grande “fra i nati di donna”. Eppure chi accoglie il regno dei cieli, ne sposa la causa, vi prende parte e collabora alla sua realizzazione supera persino il Battista per importanza.
Il regno dei cieli è infatti il cuore della buona notizia che Gesù porta al mondo. Una buona notizia che chiama al cambiamento, per entrare in una nuova esistenza, radicalmente trasformata. «Più che fondare una nuova religione, Gesù volle dar vita a un uomo nuovo e a una donna nuova—afferma Leonardo Boff—. Intese insegnarci a vivere con amore incondizionato, nella solidarietà, nella compassione, in totale apertura al Padre che egli chiamava Abbà: “Babbino mio”».
La costruzione del regno di Dio è dunque l’opposto della costruzione della torre di Babele. Là gli uomini volevano edificare un colosso, simbolo della loro ambizione, “la cui cima tocchi il cielo” (Genesi 11, 1–9); qui Gesù chiama ad affidarsi con familiarità a Dio, come a un papà, non a sfidarlo idolatrando se stessi.
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Regno di Dio fa rima con “piccolo”, come il seme che cresce e diventa un grande albero, o come il più piccolo del regno che sarà più grande di Giovanni Battista. I cristiani, infatti, spiega la Lettera a Diogneto, “sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano”. Una logica che non è di questo mondo, chiede conversione ma dona salvezza.
Per riflettere
Com’è possibile che “il più piccolo nel regno dei cieli” sia “più grande di Giovanni il Battista”? Cosa vuole dirci Gesù con questa parola oggi?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi