Luca riporta il racconto della guarigione del servo del centurione dopo le beatitudini e il comandamento dell’amore. Non basta conoscere le Scritture, osservare la legge e invocare “Signore, signore”, bisogna praticare le opere con amore e semplicità di mente e di cuore. Da qui scaturisce la fede.
Il centurione romano è un “piccolo del Regno”: il suo sguardo sul servo e su Gesù è illuminato dall’amore e dall’umiltà. Anche i giudei, che fanno da mediatori tra lui e Gesù, ne parlano come di un uomo buono: “Egli merita che tu gli faccia questa grazia, perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruire la sinagoga”. Egli è degno perché ama coi fatti!
A questo elogio fa riscontro l’umiltà e la fede del centurione, che mentre prega il signore Gesù attraverso gli amici giudei per il suo servo, intona una delle più belle professioni di fede nell’efficacia della Sua parola: “Io non sono degno… ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito”. La potenza della parola di Gesù opera anche in sua assenza! Il centurione sa che, quando si ha in cuore l’amore, le opere che ne derivano sono cariche di amore. Ecco la sua fede operosa.
E Gesù ne resta ammirato: “Neanche in Israele ho trovato una fede così grande!”. La fede germoglia e fiorisce in una terra abitata dall’amore.
Preghiera finale
Gesù è la Parola che va proclamata.
Gesù è la Verità, che dev’essere narrata.
Gesù è la Via, che dev’essere percorsa.
Gesù è la Luce, che dev’essere fatta splendere.
Gesù è la Vita che dev’essere vissuta.
Gesù è l’Amore, che dev’essere amato.
(Madre Teresa di Calcutta)
AUTORE: Michela e Paolo Buti, Cristina e Emanuele Cattin
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi