Si rivolge a Gesù il lebbroso del Vangelo, ma di lui non sappiamo il nome. È uno dei tanti, colpiti da una malattia che li lasciava ai margini, una malattia considerata ai tempi un castigo di Dio. Soffre, nel corpo distrutto dal morbo e soffre perché nessuno si occupa di lui per curarlo.
Si avvicina allora a Gesù che ne ha compassione. Egli tende la sua mano, lo tocca, tocca quel corpo imputridito e maleodorante e lo guarisce, purificandolo. Allo stesso tempo il richiamo di Gesù è forte e severo, gli chiede di non dire niente a nessuno, ma di fare la sua offerta come testimonianza della purificazione ricevuta.
La gioia del lebbroso guarito però è troppo grande e noi la possiamo soltanto immaginare, ma comprendiamo bene il desiderio di gridare a tutti che adesso si sente sano, vivo, puro, perché Qualcuno lo ha amato.
Quante malattie oggi conosciamo per le quali non esistono cure efficaci! Eppure un nostro sguardo, una carezza, una parola, un gesto di attenzione possono essere per il malato di grande sollievo e dare nuova speranza.
Quello che Gesù ci vuole dire è che non dobbiamo avere paura di amare, di fare del bene, di essere caritatevoli con chi è nel bisogno.
Per riflettere
Diffondi l’amore ovunque tu vada; che nessuno venga mai da te senza andarsene più felice. (Madre Teresa di Calcutta)
AUTORI: I commenti di questo mese sono curati da Angela Castino, Edoardo Cortese, Domenico Coviello
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi