Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 13 Aprile 2023

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Luca scrive il suo Vangelo quando ormai iniziano a venire meno i testimoni oculari di Gesù e la testimonianza necessita di credibilità dal punto di vista storico per poi diventare anche testimonianza di fede. È Luca, infatti, che colloca storicamente la nascita di Gesù per rendere conto della sua effettiva esistenza. Poi, però, deve darne una testimonianza di fede: dimostrare che Gesù è effettivamente il Messia atteso. Un Messia che non è un Re alla maniera umana, ma che è il Re della vita.

E Luca, per farlo, lui che è un uomo colto, usa un metodo pedagogico: un modo pacato, dialogante che non vuole imporre ma proporre. In Matteo, questa stesso passo del Vangelo presenta un Gesù che rimprovera i discepoli per la loro incredulità. Qui, Luca presenta un Gesù che si propone in maniera comprensiva: comprensiva della loro incredulità. Nei discepoli è ancora viva l’attesa di un Messia che avesse combattuto i romani per ristabilire il predominio del popolo eletto.

In loro è ancora viva la percezione che la Croce abbia sancito la sconfitta del loro maestro. In loro è ancora incomprensibile la risurrezione. E Gesù, in maniera molto umana e pacata, cerca di ricondurli sulla via della Verità. La risurrezione è un mistero che si avvera. Lui non è un fantasma. È di nuovo una persona con la sua materialità e che mangia con loro, che ripropone la precedente convivialità.

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Poi, come già aveva fatto coi discepoli di Emmaus, apre loro la mente spiegando le scritture, da non intendere in maniera letterale ma da rileggere alla luce del Suo insegnamento. La legge antica non viene rinnegata o sostituita, ma semplicemente spiegata. Il cristianesimo non è una fede astratta ma è una fede che si radica nelle scritture, non più da interpretare alla lettera ma da rileggere con la ragione di cui Dio ci ha fatto dono. È quello che Gesù vuole dai discepoli.

Ed è quello che ci è richiesto anche a noi per essere Suoi testimoni fino ai confini del mondo.

Per riflettere

Ha detto Papa Francesco: meglio vivere da atei che andare in Chiesa e odiare gli altri. Un richiamo forte a svincolarci dalla ritualità tipica della legge antica per aprirci all’amore a cui ci chiama Gesù: amatevi come Io vi ho amato.

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi