Preghiera è relazione personale fra l’uomo e Dio. Nella Bibbia non mancano i brani che rimandano a questa relazione, dagli incontri di Adamo ed Eva con Jahwé che passaeggia alla brezza del giorno nel giardino di Eden, al “Vieni” della Sposa a cui Gesù risponde “Sì, vengo presto”, che chiude l’Apocalisse. Perché nel brano che abbiamo letto volendo parlare della preghiera Gesù prende a modello un giudice cinico ed una vedova molesta?
Osserviamo i due personaggi: quel che si può dire del giudice è che non è disposto a fare immediatamente quello che la vedova gli chiede, costringendola a tornare molte volte a perorare la propria causa. Fra i due la parte debole è la donna (non è un caso che Gesù la presenti come vedova, persona praticamente senza diritti nella cultura ebraica). Alla fine, però, per la sua insistenza è quella che nella relazione ottiene ciò che rivendica.
L’evidente asimmetria fra i due richiama l’asimmetria fra l’uomo e Dio: l’uomo è consapevole della sua debolezza, e proprio per questo insistente nella richiesta di poter ottenere quello che gli manca, mentre Dio a volte sembra non ascoltare, non curarsi delle implorazioni, non aver riguardo dei sentimenti e della condizione di chi si rivolge a lui. L’uomo ha l’impressione di alzare le mani verso un cielo vuoto.
Ma cosa succederebbe se Dio esaudisse istantaneamente ogni desiderio dell’uomo? Una volta che Dio si trasformasse in erogatore di beneficenze immediate la nostra relazione con lui sarebbe pura o viziata da un tornaconto personale?
La preghiera è una relazione fra esseri diversi, ma liberi. Se Dio esaudisse immediatamente ogni desiderio dell’uomo, in qualche modo lo legherebbe a sé con un vincolo di dipendenza, e sarebbe un legame tossico. La preghiera è un atto di fiducia nel Dio padre buono, che saprà dare cose buone ai figli. Ma il Signore al suo ritorno ci troverà ancora a bussare alla sua porta?
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
I commenti di questo mese sono curati da Luisa Prodi