Tutte le società umane hanno bisogno di regole per governare la convivenza. Una regola fondamentale governa i criteri di appartenenza alla comunità, stabilendo chi è dentro e chi fuori e precisando sotto quali condizioni si è ammessi, espulsi, eventualmente riammessi.
Le regole di purezza sono uno strumento formidabile perché sono facilmente visibili: hanno a che fare con gli umori del corpo, il cibo, la malattia. Forniscono regole rigidissime e oggettive, basate su fatti inoppugnabili, rispetto alle quali non ha senso chiedere eccezioni o misericordia.
Inoltre le regole di purezza prevengono il contagio: toccare le stoviglie con mani impure trasmetteva il contagio a chiunque mangiasse o bevesse con le stesse stoviglie. Infine le regole di purezza sono caricate di significati religiosi: chi è impuro non si può accostare all’Altissimo.
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Gesù anche qui rovescia la prospettiva e dichiara che nessuno, proprio nessuno, è escluso dalla misericordia del Padre. Niente di esterno, di visibile e censurabile, può separare gli uomini dall’amore del Padre. L’unica realtà che si può opporre è il male che viene dal cuore. È solo ciò che “entra nel cuore” che può separare da Dio. L’unica impurità che ci impedisce di essere in contatto con Dio.
Per riflettere
Gesù usa una espressione potente: c’è qualcosa che “entra nel cuore” e ci rende impuri. Cosa ci è entrato nel cuore, al punto da renderci impuri? Come lo abbiamo affrontato? I Padri del Deserto hanno sempre raccomandato di “non parlare con il nemico”, cioè di non dare ascolto ai pensieri cattivi che ci entrano nel cuore e ci allontanano da Dio. A volte però non è facile capire cosa abbiamo nel cuore.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi