La “salvezza” è l’“impossibile all’uomo” che Dio rende “possibile”. Con le parole di oggi Gesù smonta le pretese di chi crede di salvarsi con le proprie forze e i propri meriti. L’orizzonte che attende ogni uomo è il Regno dei Cieli, non un regno che trasformi ideologicamente la terra in Cielo; la salvezza è entrarvi perché chiamati, e non può essere il frutto degli sforzi umani.
Si tratta di pura gratuità. All’uomo carnale piegato orgogliosamente su sé stesso la Grazia purtroppo riesce terribilmente indigesta. Inutile cercare un atto eroico con cui guadagnarsi una medaglia, perché nel regno di Dio, nella Vita eterna, per primi entrano gli ultimi, e non gli eroi secondo il mondo. Nel corteo trionfale che entrerà in Cielo dopo la battaglia combattuta sulla terra, i primi saranno i più deboli, i piccoli, feriti, quelli che nel mondo sono considerati gli “ultimi”, stolti e insensati a tal punto da perdere tutto per Cristo.
Il Signore ci chiama oggi a passare dalla “tristezza” dell’orgoglio che non accetta la debolezza alla “gioia” umile di “ricevere cento volte tanto” di quello che abbiamo “lasciato” nelle sue nelle mani. Gesù ci invita a non temere e ad accettare il fatto che a noi è impossibile entrare nel Regno dei Cieli. Solo così non presumeremo nulla di noi stessi, e lasceremo che Dio operi in noi l’“impossibile”.
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Gesù non ci chiama a buttare tra i rifiuti le nostre ricchezze, bensì a “lasciare” che si occupi Lui dei nostri beni in modo che attraverso Lui vengano purificati, santificati, e diventino strumenti del suo amore che vince il peccato e supera i limiti dell’egoismo e della concupiscenza. “Lasciare case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il Nome di Gesù” non significa perderli, ma vederli “centuplicati”.
Per riflettere
Sono messi così allo scoperto due malanni capitali della psicologia umana, colpevoli delle rovine più estese e più gravi dell’umanità: l’egoismo e l’orgoglio. L’uomo allora fa centro su sé stesso nella estimazione dei valori della vita; egli si fa primo; egli si fa unico. La sua arte di vivere consiste nel pensare a sé stesso e nel sottomettere gli altri. Tutti i grandi disordini sociali e politici hanno nell’egoismo e nell’orgoglio il loro bacino di cultura, dove tanti istinti umani e tante capacità d’azione trovano il loro profondo alimento, ma dove l’amore non c’è più. Ed anche dove questo sovrano sentimento ancora sopravvive, ma intriso com’è d’egoismo e d’orgoglio, si deforma e si deprava; diventa egoismo collettivo, diventa orgoglio di prestigio comunitario. (Paolo VI)
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi