«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?»: la domanda è posta da Pietro, uno dei discepoli più vicini a Gesù, che si fa portavoce di un’inquietudine comune ai discepoli.
La domanda sembra quasi provocatoria, ma in realtà, guardando a fondo, possiamo riconoscere in questa incertezza la nostra profonda umanità che necessita anche di cose concrete di cui nutrirsi. Possiamo leggere in questa richiesta il nostro bisogno di ricordare ogni tanto i motivi che ci sono dietro le strade che abbiamo deciso di intraprendere, per rinnovare le nostre scelte. Ma cosa significa questo lasciare tutto?
Significa non fondare la nostra felicità in ciò che possediamo o nelle persone che amiamo, bensì in ciò che siamo: figli di Dio. Gesù conosce bene la nostra umanità, ci chiede fiducia, ma non ci promette solo il Paradiso, la vita eterna: ci dice che già qui sulla terra, già ora, se sapremo seguire i suoi insegnamenti avremo cento volte tanto ciò a cui avremo rinunciato, ciò che avremo ridimensionato per seguirlo.
Per riflettere
Solo nella misura in cui noi limitiamo la modalità dell’avere, vale a dire del non essere (cioè quella che consiste nel cercare sicurezza e identità aggrappandoci a quanto abbiamo, per così dire standogli seduti sopra, avvinghiandoci al nostro io e ai nostri possessi), la modalità dell’essere può emergere. (Eric Fromm)
Preghiera finale
Per te abbiamo lasciato tutto, siamo diventati poveri.
Ma poiché tu sei ricco,
ti abbiamo seguito perché tu renda ricchi anche noi.
Abbiamo seguito te,
noi creature abbiamo seguito il Creatore,
noi figli il padre,
noi bambini la madre,
noi affamati il pane,
noi malati il medico,
noi stanchi il sostegno,
noi esuli il paradiso.
(Fra Danilo Salezze)
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi