Gesù ha davanti a sé le persone che prima sono state a vedere Giovanni, quello che annunciava la venuta del Messia. Ora Giovanni è in prigione e chiede conferma riguardo a Gesù. La gente guarda questa scena con stupore. È uno scandalo che non si aspettavano. Sono venuti spinti da un desiderio di vedere qualcosa di straordinario—un posto di cui parlano tanti, un uomo stravagante e molto seguito, qualcosa che facesse un po’ più speciali pure loro. Non vogliono perdere l’occasione di partecipare allo spettacolo. Vogliono essere lì, vedere ciò di cui hanno sentito parlare, per poi parlare di ciò che hanno visto.
Giovanni invece sente le notizie di quello che opera Gesù: miracoli, segni, misericordia, e si interroga sul significato più profondo di tutto questo. Non è interessato allo spettacolo, vuole conoscere la verità. Anche quando è impossibilitato di andare con le proprie forze, non si stanca di cercare e mettersi in ascolto. Anche in questo caso rinuncia a soddisfare i propri sensi per fare più spazio a Gesù stesso.
Le folle che hanno visto Giovanni e ora hanno di fronte Gesù stentano a vedere. Eppure Giovanni, che ha incontrato Gesù soltanto quando era in grembo di sua madre, che probabilmente non lo ha mai visto con i suoi occhi, si trova più vicino a lui e lo conosce meglio di tutti.
“Che cosa siete andati a vedere nel deserto?”, ci sta chiedendo oggi Gesù. Quando il nostro desiderio di guardare, sentire, toccare si trasforma in un consumismo fine a sé stesso, anche se dovesse riguardare le santità, non verrà appagato e non porterà alcun bene. Esiste una forma di consumismo spirituale che tende a escludere Dio e l’altro per far spazio a proprie sensazioni ed esperienze. Gesù Cristo senza carne e comunità senza incontro sono espressioni di un pericoloso individualismo. La spiritualità e fede ci dovrebbe portare sempre verso Dio e il prossimo.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
Il commento di oggi è proposto dal Centro Diocesano per le Vocazioni di Pisa