Il dialogo tra Gesù e il fariseo Nicodemo è incentrato sulla questione del Regno di Dio e della vita eterna. La sezione del Vangelo di oggi fornisce la risposta: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna».
L’inizio della nostra salvezza, perciò, non risiede in noi; infatti «non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi» (1Gv 4, 10). Dio ci ama di un amore incondizionato, nonostante le nostre fragilità, al punto da sacrificare il proprio Figlio Unigenito pe la nostra salvezza. E questa consiste proprio nel credere nel «nome» di Gesù, cioè nel convincerci che Gesù può davvero liberarci da ogni male, se solo scegliamo di avere fiducia in lui.
Per questo chi crede non è condannato, mentre chi non crede ha già ricevuto la sua condanna, perché si è volontariamente separato da Dio, e la separazione da Dio è la perdita di tutti i beni che si trovano presso di lui. Il giudizio si compie nella nostra quotidianità: Gesù in passato è disceso sulla terra, in futuro tornerà per il giudizio finale, ma nel presente ci invita a chiedere perdono per i peccati (non è mai troppo tardi per pentirsi) e a comportarci in modo da essergli graditi.
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In questo non ci lascia soli, perché il Signore, nostra luce, ci ha rivelato il suo Vangelo e ci aiuta, per mezzo dello Spirito Santo, a comprendere cosa ci è richiesto. La luce, tuttavia, rende anche evidente se una persona sta agendo bene o male.
Il cristiano è dunque invitato a cercare nel Vangelo la luce che illumini la sua via, e allo stesso tempo ad agire nel modo migliore possibile, affinché quella stessa luce non lo colga in errore. In questo consiste il «fare la verità» (contrapposto a «fare il male»): agire come Gesù ci insegna nel Vangelo e testimoniare agli altri il nostro ben operare.
Per riflettere
«Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno» (Rm 13, 12–13). A questo ci invitano l’apostolo Paolo e il Vangelo odierno, a non nasconderci nelle nostre tenebre, ma a pentirci sinceramente dei nostri errori e a tentare di capire e di fare «ciò che è gradito al Signore» (Ef 5, 10). Dio non è un giudice severo, ma un padre amorevole, che ci esorta a operare nella nostra quotidianità nel modo migliore.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi