Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 10 Agosto 2021

556

Gesù ci parla della parabola del seme quando ormai si avvicina l’ultima festa di Pasqua che vivrà con i suoi discepoli. La sua definitiva glorificazione sul legno della croce è ormai vicina. Egli, ora, ci invita a guardare proprio verso quella croce, per comprenderne appieno il significato. Gesù è il Figlio di Dio; potrebbe rinunciare a quel sacrificio, che invece accoglie pienamente e liberamente. Accoglie il sacrificio della sua stessa vita! La sola Incarnazione non basta; bisogna che Lui stesso ci indichi la strada da percorrere fino al dono della vita. Così Gesù ci spiega il significato della sua morte e resurrezione attraverso l’immagine del seme che solo se muore non rimane solo e può portare molto frutto.

Così è per noi, chiamati a “morire” in tutte quelle dinamiche interiori che non ci consentono di costruire e vivere relazioni autentiche con noi stessi, con i fratelli, con Dio. Potremmo chiederci: questo deve necessariamente essere un percorso di sofferenza? Nella prima lettura di oggi, l’apostolo Paolo ci offre un’interessante chiave di lettura: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia”. Ogni dono di sé è davvero gratuito se compiuto nella libertà del proprio cuore, l’unica che può garantirci gioia autentica. Senza questa libertà non può esserci una vera fedeltà a Cristo, cioè rischiamo di non agire secondo il cuore di Cristo.

In altre parole, la parabola del seme ci insegna che possiamo vivere le “morti” necessarie alla sequela di Cristo non come uno sforzo della volontà o come una rinuncia fatta di tristezza e frustrazione, ma come la cosa più naturale e desiderabile, quella che ci consentirà di “portare molto frutto”. Il “frutto”, che poi porteremo nella nostra vita sfugge persino alle nostre logiche, è un mistero conosciuto da Dio, ma del quale possiamo essere certi perché Gesù ci ha detto: “Se uno serve me, il padre lo onorerà”.

Per riflettere

Oggi rifletterò su tutte le “morti” a me stesso che posso realizzare nella libertà del mio cuore, per essere umilmente fedele a Cristo.

Preghiera finale

Nelle tue mani, Signore, mi metto e mi abbandono.
Lavora, oggi e sempre, l’argilla che io sono, perché nelle tue mani
mi metto come il fango si lascia modellare dalle mani del ceramista. […]
Chiedi, comandami, cosa vuoi che io faccia? Che cosa vuoi che smetta di fare?
Animato o scoraggiato, approvato dagli altri o tra le incomprensioni e le critiche,
volente o nolente, quando mi vada bene ogni cosa o nulla del tutto,
mi resta solo dire, sull’esempio di nostra Madre:
si faccia di me secondo la tua volontà.
(ispirata da G. Lagrange)


AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi