Ecco la mirabile e feconda storia dell’amore di Dio per la sua vigna, il popolo di Israele, la Chiesa, l’umanità tutta, il Regno che il Signore ha edificato con tutto ciò che noi, frettolosamente, tendiamo a rifiutare.
Fa tutto il necessario perché non vi manchi nulla, dopo di che ce la consegna e se ne va, lasciandoci piena libertà nel gestirla; l’unica cosa che domanda è la sua parte di raccolto, e a pensarci bene dare amore e chiedere amore in cambio non è una pretesa ingiusta o esagerata.
A quella sequenza di gesti di bontà come piantare, circondare, scavare, costruire, si oppone un crescendo di incomprensibile ostilità fatta di percosse, lapidazioni e uccisioni dei profeti di turno inviati dal padrone che non si arresta nemmeno di fronte al Figlio. Ecco l’amore che non si arrende, ecco la scandalosa follia di un amore sovrabbondante sino al punto di mettere a rischio il proprio figlio, prefigurazione dell’imminente passione di Gesù: “Da ultimo mandò loro il proprio figlio, avranno sicuramente riguardo”.
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Gesù, il Figlio dell’uomo disprezzato e ucciso fuori le mura è la pietra scartata che diventa testata d’angolo di una nuova visione di salvezza, una vendemmia abbondante di giustizia, di pace, di tenerezza, di cura di sé e del creato. Nella costruzione della nostra vita siamo spesso tentati di scartare Dio proprio come una pietra, la pietra d’angolo, una pietra a “elle” apparentemente inutile ma che diventa essenziale nel momento in cui vogliamo unire due muri perpendicolari.
Gesù è la “testata d’angolo” della nostra vita se incominciamo ad aprirci all’idea di divenire “altro”, che c’è un altro “muro” da unire. Se incominciamo a pensarci come persone in cammino, uomini in divenire, allora comprendiamo quanto è rivoluzionario l’invito di un Dio che si fa uomo. Davanti a Dio non c’è spreco, il Suo sguardo illumina ciò che non ha più valore agli occhi del mondo, Dio trasforma i nostri pesi in colonne portanti, le nostre ferite in varchi di speranza.
“Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro”, di noi.
Per riflettere
In questi giorni di Quaresima sta a noi decidere se rimanere prigionieri di una cultura dello scarto, che rischia di impoverire la nostra vita, oppure avventurarci nello spazio di una condivisione sempre possibile. Anzitutto quella con la nostra povertà, luogo per eccellenza dove possiamo tornare a ricevere ciò che, per orgoglio e per invidia, abbiamo scartato e che la Misericordia del Signore ci restituisce.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi