QUARTA CATECHESI
IL GRANDE SOGNO PER TUTTI
“E TUTTI QUELLI CHE L’UDIVANO ERANO PIENI DI STUPORE PER LA SUA INTELLIGENZA E LE SUE RISPOSTE” (LC 2,47)
Signore Gesù Cristo,
tu ci hai insegnato a essere misericordiosi come il Padre celeste, e ci hai detto che chi vede te vede Lui.
Mostraci il tuo volto e saremo salvi.
Il tuo sguardo pieno di amore liberò Zaccheo e Matteo dalla schiavitù del denaro; l’adultera e la Maddalena dal
porre la felicità solo in una creatura;
fece piangere Pietro dopo il tradimento, e assicurò il Paradiso al ladrone pentito. Fa’ che ognuno di noi ascolti come rivolta a sé la parola che dicesti alla samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio!
Tu sei il volto visibile del Padre invisibile,
del Dio che manifesta la sua onnipotenza soprattutto con il perdono e la misericordia: fa’ che la Chiesa sia nel mondo il volto visibile di Te,
suo Signore, risorto e nella gloria.
Hai voluto che i tuoi ministri fossero anch’essi rivestiti di debolezza
per sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore: fa’ che chiunque si accosti a uno di loro si senta atteso, amato e perdonato da Dio.
Manda il tuo Spirito e consacraci tutti con la sua unzione perché il Giubileo della Misericordia sia un anno di grazia del Signore
e la tua Chiesa con rinnovato entusiasmo possa portare ai poveri il lieto messaggio proclamare ai prigionieri e agli oppressi la libertà e ai ciechi restituire la vista.
Lo chiediamo per intercessione di Maria Madre della Misericordia
a te che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen
(Papa Francesco, Preghiera per il Giubileo Straordinario della Misericordia 8 dicembre 2015)
È la primissima volta che il Vangelo presenta Gesù parlare interagendo con i maestri del tempio con domande e risposte, e dinanzi al Suo parlare lascia tutti stupiti e sorpresi per la Sua intelligenza. È interessante notare come il Suo primo intervento non sia un semplice insegnamento dinanzi al quale i Suoi interlocutori si trovano in silenzio ad ascoltare e basta. Lui, invece, interagisce, dialoga, domanda, ascolta, risponde, e in questo Suo interloquire abbastanza dinamico e vivace sorprende tutti, nessuno escluso. La Sua è una Parola che riesce a toccare tutti, e questo lo si vede sin dalla prima volta che parla. Sin dall’inizio Lui non solo mostra la capacità di personalizzare il Suo dialogo con ciascuno che incontra nel Suo cammino, ma anche e soprattutto manifesta il desiderio di rivolgersi a tutti perché Lui «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4).
Tutti hanno bisogno della salvezza di Dio, e questa redenzione raggiunge ogni uomo tramite la misericordia divina rivelata nel volto del Figlio. «È per questo – dice Papa Francesco – che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti» (Misericordiae vultus 3). Tale invito è rivolto primariamente alla Chiesa, perché è soprattutto lei che «ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno» (Misericordiae vultus 12). Non esiste fragilità o debolezza o miseria umana che annulli o arresti la misericordia divina, ma, anzi, «una volta che si è rivestiti della misericordia, anche se permane la condizione di debolezza per il peccato, essa è sovrastata dall’amore che permette di guardare oltre e vivere diversamente» (Misericordia et misera 1). È errato e alquanto fuorviante pensare l’azione misericordiosa di Dio come un premio concesso a chi ha abbandonato la sua miseria. La misericordia di Dio non è mai conquistata o pagata a caro prezzo, ma è sempre donata e offerta gratuitamente a tutti, perché ciascuno, come il figlio prodigo, una volta ricoperto del vestito più bello del Padre che lo attende dal giorno della sua partenza, possa abbracciare una vita nuova. In fondo, è la misericordia di Dio a generare la conversione, e non al contrario.
Non sarà mai la conversione umana ad attirare e a conquistare la misericordia divina. È l’esperienza sempre gratuita e sorprendente del perdono di Dio a mettere in moto nel cuore umano un desiderio vero e sincero di conversione e di cambiamento in una vita nuova. Tale annunzio vale per tutti e per ciascuno, ognuno nella sua singolare e personale situazione e condizione. Nessuno, proprio nessuno è escluso dalla misericordia di Dio! Anche a coloro che per svariati motivi si trovano a permanere in uno stato non confacente all’ideale evangelico le braccia del Padre misericordioso sono sempre aperte. Pertanto, anche «ai divorziati che vivono una nuova unione, è importante far sentire che sono parte della Chiesa, che “non sono scomunicati” e non sono trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale» (Al 243). Attenzione!
Qui non si sta affatto mettendo in discussione la dottrina cristiana sul dono dell’indissolubilità al sacramento del matrimonio. La Chiesa è ben consapevole che «ogni rottura del vincolo matrimoniale è contro la volontà di Dio» (Al 291), perché l’indissolubilità matrimoniale è «frutto, segno ed esigenza dell’amore assolutamente fedele che Dio ha per l’uomo e che il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa» (Familiaris consortio 20). Da qui sorge l’appello che Papa Francesco rivolge a tutta la comunità ecclesiale: «la pastorale prematrimoniale e la pastorale matrimoniale devono essere prima di tutto una pastorale del vincolo, dove si apportino elementi che aiutino sia a maturare l’amore sia a superare i momenti duri. Questi apporti non sono unicamente convinzioni dottrinali, e nemmeno possono ridursi alle preziose risorse spirituali che sempre offre la Chiesa, ma devono essere anche percorsi pratici, consigli ben incarnati, strategie prese dall’esperienza, orientamenti psicologici. Tutto ciò configura una pedagogia dell’amore che non può ignorare la sensibilità attuale dei giovani, per poterli mobilitare interiormente. Al tempo stesso, nella preparazione dei fidanzati, si deve poter indicare loro luoghi e persone, consultori o famiglie disponibili, a cui potranno rivolgersi per cercare aiuto quando si presentassero delle difficoltà. Ma non bisogna mai dimenticare di proporre loro la Riconciliazione sacramentale, che permette di porre i peccati e gli errori della vita passata, e della stessa relazione, sotto l’influsso del perdono misericordioso di Dio e della sua forza risanatrice» (Al 211).
Urge, pertanto, offrire tutti quegli strumenti necessari perché si possa vivere e portare a pienezza il dono straordinario dell’indissolubilità del sacramento nuziale; e soprattutto bisogna mettere tutti a conoscenza che Cristo «nella celebrazione del sacramento del matrimonio offre un “cuore nuovo”: così i coniugi non solo possono superare la “durezza del cuore” (Mt 19,8), ma anche e soprattutto possono condividere l’amore pieno e definitivo di Cristo, nuova ed eterna Alleanza fatta carne. Come il Signore Gesù è il “testimone fedele” (Ap 3,14), è il “sì” delle promesse di Dio (cfr. 2Cor 1,20) e quindi la realizzazione suprema dell’incondizionata fedeltà con cui Dio ama il suo popolo, così i coniugi cristiani sono chiamati a partecipare realmente all’indissolubilità irrevocabile, che lega Cristo alla Chiesa sua sposa, da Lui amata sino alla fine» (Familiaris consortio 20). Dinanzi a tutta questa grande ricchezza di verità straordinarie del Vangelo e di orientamenti concreti e realistici di ordine pastorale è doveroso e fondamentale domandarsi: quanto tempo, quanto spazio e quante risorse le nostre comunità cristiane dedicano per la pastorale prematrimoniale e matrimoniale? È troppo semplice far ricadere la piena responsabilità dei tanti fallimenti matrimoniali sulle spalle dei soli coniugi.
Forse è importante come comunità ecclesiale porsi questa domanda: di quanto accompagnamento e di quanto discernimento hanno potuto usufruire le giovani coppie prima di accedere al grande passo della loro vita che è il sacramento del matrimonio? Bisogna cominciare ad offrire loro quanto è dovuto. Soprattutto «i primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio. Di qui l’esigenza di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del sacramento (cfr Familiaris consortio, parte III). Risulta di grande importanza in questa pastorale la presenza di coppie di sposi con esperienza. La parrocchia è considerata come il luogo dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani, con l’eventuale concorso di associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità» (Al 223). Medesima cura ed attenzione bisogna rivolgere a tutte quelle situazioni familiari conflittuali. «Illuminata dallo sguardo di Cristo, “la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano”» (Al 291).
Nessuno potrà mai delineare i confini dell’opera della grazia divina, perché essa agisce sempre, dovunque e comunque oltre l’immaginario umano. Alla comunità ecclesiale è richiesta, però, una particolare missione che Papa Francesco ama interpretare in questo modo: «credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, “non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada”» (Al 308). Ci troviamo adesso in un punto centrale e nevralgico della fede cristiana in cui è molto facile cadere nei due eccessi: il primo, forse culturalmente più comune e diffuso, tende a minimizzare qualsivoglia stato matrimoniale purché dinanzi a Dio la propria coscienza sia retta; l’altro, considerato attualmente più retrogrado, distingue un po’ i cristiani cosiddetti regolari da quelli in situazioni “irregolari”. Chiaramente né l’uno né l’altro eccesso si pongono in linea né con l’insegnamento del Vangelo né col Magistero della Chiesa. Il grande annunzio che Cristo ha portato al mondo e che bisogna sempre ribadire in ogni luogo e in ogni tempo è che Dio ha un Sogno Grande per tutti, nessuno escluso. Qual è questo Sogno Grande di Dio per ciascuno? Forse è meglio partire da ciò che non è. Il Sogno divino non è il matrimonio, non è la costituzione della famiglia.
Essi fanno parte del Sogno, perché ne tracciano la via, la strada, il percorso, l’itinerario, ma non costituiscono mai la meta finale della vita di una persona. Ciò significa che chi vive in pienezza il sacramento del matrimonio pregusta già sulla terra l’antipasto del traguardo finale delle nozze eterne di Cristo con l’umanità intera. Chi, invece, per svariati motivi si trova a vivere la sua esistenza terrena in una situazione di fragilità umana in cui il proprio matrimonio sacramentale è provato e percosso da ferite alquanto incurabili su questa terra, non gli sarà affatto precluso l’accesso al banchetto nuziale eterno, anzi, forse ancor di più nel suo cuore arderà di forte desiderio di tale traguardo a motivo della sua condizione umana attuale. Qual è allora il Grande Sogno di Dio per tutti, nessuno escluso? Le nozze eterne con ciascuna creatura umana! Perché nella riflessione e, di conseguenza, nella pastorale della Chiesa si affermano divergenze tali da creare nella mente dei cristiani ambiguità e confusione? Perché spesso si guarda il Sogno di Dio dalla parte della terra e non da quella del cielo. Quando si osserva un ricamo dal basso si vede soltanto l’aggrovigliarsi di tanti fili intrecciati tra di loro in modo confusionario e senza alcun senso. Invece, guardandolo dall’alto si scorge con grande sorpresa che proprio grazie a quell’intreccio disordinato di fili si realizza lo straordinario disegno ricamato con amore e pazienza dalla mano di Dio.
Allo stesso modo potremo percepire la bellezza e la grandezza del Sogno di Dio solo guardandolo dalla parte dell’eterno. Da qui parte l’invito di Papa Francesco che si colloca proprio a conclusione di Amoris laetitia: «contemplare la pienezza che non abbiamo ancora raggiunto ci permette anche di relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie, per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo. Inoltre ci impedisce di giudicare con durezza coloro che vivono in condizioni di grande fragilità. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (Al 325).
Inoltre, chi vive nella grazia del sacramento del matrimonio ha anche un di più di responsabilità nei confronti delle situazioni di crisi coniugali e familiari se è vero che il sacramento del matrimonio, come quello dell’ordine, è per la missione e l’edificazione della Chiesa. Infatti, «queste situazioni “esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità”» (Al 243). Pertanto, l’indissolubilità matrimoniale è non un dono solo per gli sposi, ma è per tutta la comunità e soprattutto per coloro che vivono la ferita del loro matrimonio in crisi.
In altre parole, se è vero che gli sposi in virtù della grazia nuziale vivono la forza della loro comunione alla divina, tale forza prorompente non può chiudersi tra loro due o tra le mura domestiche della loro famiglia, ma per sua natura è protesa ad espandersi dappertutto e a far gustare a tutti, a maggior ragione a chi vive dei drammi coniugali e familiari, il balsamo della comunione, della tenerezza e della compassione di Dio che passa attraverso la carne della loro indissolubilità matrimoniale. L’indissolubilità è, quindi, un dono grande per tutta la Chiesa perché comunica a tutti l’eterno amore fedele di Dio in Cristo Gesù.
In Famiglia
Riflettiamo
- In che senso il dono dell’indissolubilità matrimoniale non è solo per gli sposi ma per tutta la comunità ecclesiale?
- Cosa è opportuno offrire ad una giovane coppia che bussa alla porta della Chiesa per chiedere il sacramento del matrimonio?
Viviamo
- Come potrebbero le famiglie diventare soggetto responsabile della pastorale prematrimoniale e matrimoniale nelle nostre comunità ecclesiali?
- In che senso e come gli sposi sono chiamati a dare un contributo prezioso e singolare alle tante famiglie ferite da ogni genere di crisi e di fragilità coniugale?
In Chiesa
Riflettiamo
- Qual è il Grande Sogno di Dio per tutti, nessuno escluso?
- Quanto tempo, quanto spazio e quante risorse le nostre comunità cristiane dedicano per la pastorale prematrimoniale e matrimoniale?
Viviamo
- Quale tipo di pastorale di accompagnamento, discernimento ed integrazione è chiamata la comunità cristiana a porre in atto dinanzi alle tante famiglie ferite da ogni genere di crisi e di fragilità coniugale?
- Quali sono le difficoltà che si riscontrano nella pastorale dinanzi a coloro che a volte si sentono un po’ esclusi dalla comunità ecclesiale a causa delle loro particolari situazioni coniugali e familiari? Quali le proposte concrete per un vero e proprio annunzio del Grande Sogno di Dio su di loro?