
Il commento al Padre nostro รจ tratto dalle โHorniliae in orationem dominicam โ.
Padre nostro che sei nei cieli.
Mosรจ, prima di salire sul monte, esortรฒ il popolo a lavarsi ed a purificarsi con la continenza affinchรฉ gli Israeliti potessero essere degni dรฌ accostarsi a Dio. Ma costoro, presi da grande spavento per il fuoco, il fumo, le tenebre ed il suono delle trombe, non vollero piรน saperne di salire sul Sinai e chiesero a Mosรจ di fare da mediatore con Dio al fine di conoscerne la volontร ; il terrore, infatti, impediva loro di avvicinare Dio e di sostenerne lo sguardo. Cosรฌ Mosรจ; ma non cosรฌ il nostro Signore Gesรน Cristo. Egli, infatti, non ha bisogno dimostrarci il Sinai coperto di tenebre e di fumo ovvero di farci ascoltare il suono delle trombe che seminano il terrore; non purificale anime con la continenza di tre giorni ovvero con le abluzioni di acqua, acconsentendo da ultimo ad uno solo di salire la vetta di un monte. Al contrario: Ci conduce ben piรน in alto di un monte, in cielo, aprendolo al potere degli uomini a cui concede addirittura di condividere la Sua natura divina. In Gesรน Cristo la gloria del Padre viene regalata agli uomini ai quali รฉ insegnata la preghiera per condurli a Dio. Gesรน ci esorta a pregare, dicendo: โPadre nostro che sei nei cieli โฆ โ. Allo stesso modo di Davide che si domandava: โchi mi darร le ali della colomba?โ, anchโio mi chiedo chi mi darร le ali per sollevarmi nello spirito fino allโaltezza di queste parole sublimi, per lasciare la terra ed entrare nella magnificenza del cielo. Chi mi concederร di salire fino alle stelle, contemplandone la mera viglia, di superare tutto quanto รจ mutevole ed in movimento ed arrivare finalmente allโimmutabile Essenza, allโincrollabile Potenza che si appoggia solo su se stessa, che dirige tutto ciรฒ che esiste e tutto ciรฒ che dipende dallโimperscrutabile sapienza divina? Chi mi consentirร di abbandonare tutto quanto รจ mutevole e di fissarmi in tutto ciรฒ che immutabile ed inalterabile? Solo se riuscirรฒ a fare ciรฒ, riconoscerรฒ la paternitร di Dio e potrรฒ chiamar Lo con il nome confidenziale ed amorevole di Padre.
Quale cuore occorre avere, di quale intimitร si deve godere, da quale coscienza รจ necessario attingere, per riconoscere che la natura di Dio รจ bontร , santitร , potenza, gloria, purezza, eternitร , fino ad osare di chiamarlo โPadreโ? Un uomo saggio non userebbe mai il termine โPadreโ, se non riconoscesse in sรฉ una rassomiglianza con Lui. ร chiaro che colui che per sua natura รจ Buono; non puรฒ generare il male, come chi รจ Santo, lโimpuritร ; colui che รจ Immutabile non puรฒ generare la precarietร , chi รจ Padre della vita non genera la morte; colui che รจ Puro e senza macchia non dร vita alle passioni ed alle turpitudini ed, allo stesso modo, colui che รจ Benefico non genera avarizia. In conclusione, colui che รจ Perfetto non puรฒ essere Padre di coloro che soggiacciono al peccato.
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Quindi da ciรฒ si ricava che se il peccatore, che pur tale si riconosce, si dice imparentato con Dio, che รจ la purezza stessa, al punto da chiamarlo โPadreโ ma senza prima purificarsi dei propri peccati e delle proprie ignominie, รจ in realtร un presuntuoso ed un bestemmiatore in quanto in pratica ricondurrebbe a Dio lโorigine della sua iniquitร .
Il Padre, infatti, presuppone un Figli. Se un uomo pieno di peccati chiama Dio, โPadreโ, gli attribuisce la responsabilitร della propria condotta perversa.
LโApostolo afferma giustamente che non si puรฒ unire la luce alle tenebre: ciรฒ vuol dire che la Luce va associata alla luce, la Giustizia alla giustizia, la Bellezza alla bellezza, lโIntegritร allโintegritร : โun albero buono non puรฒ produrre frutti cattivi, nรฉ un albero cattivo produrre frutti buoniโ, conclude Matteo (7, 18). I contrari sono, quindi, imparentati con i contrari loro simili e se qualcuno negasse questa volontร sappia che, ogniqualvolta egli invoca il Padre, non si rivolge al Padre dei cieli ma a quello dellโinferno che รจ mentitore, e padre della menzogna, peccatore e padre del peccato. E proprio per i questo che quelli che seguono le concupiscenze della carne / sono chiamati da San Paolo (Ef. 2, 3) โmeritevoli dellโiraโ e jโ colui che si รจ perduto, โfiglio della perdizioneโ(Gv.17, 12). Coloro, invece; che hanno una coscienza senza macchia sono chiamati โfigli del giorno e della luceโ e coloro eh~ hanno attinto alla forza di Dio, โfigli della forzaโ. Quando dunque il Signore Gesรน ci insegna a pregare Dio Padre รจ chiaro che vuole, in sostanza, prescriverci una vita degna e perfetta. In tal modo, noi ogni volta che nominiamo il Padre che รจ Santitร , Giustizia e Bontร , dobbiamo dimostrare che una vita santa, giusta e buona la nostra parentela con Lui.
Quale sforzo perรฒ comporta ciรฒ! Quale zelo dobbiamo avere per innalzare la nostra anima fino a chiamare Dio, โPadreโ! Lโavaro o colui che si lascia travolgere dalle seduzioni mondane o che cerca la stima degli uomini o / che segue la concupiscenza della carne e che, tuttavia, -prega Dio Padre con la preghiera del Signore nostro Gesรน Cristo, quale risposta credi riceverร da Dio che, non solo ascolta le parole, ma scruta anche il cuore? La risposta sarร questa: la tua vita รจ sordida e tu osi chiamare โPadreโ chi รจ Santo ed Incorruttibile; tu profani il mio Nome Immacolato con una lingua immonda. Tu chiamandomi Padre dovresti manifestare le mie qualitร divine nella tua vita, mentre invece con la tua condotta usurpi il titolo di โfiglioโ ed insulti la mia santitร . Noi due siamo agli antipodi; tra noi non ci puรฒ essere unione: Io sono la vita e tu la morte, Io sono la luce e tu le tenebre, Io sono puro e tu immondo. Cโรจ un abisso incolmabile tra lโavaro e colui che รจ generoso e non si possono conciliare la benevolenza e la durezza del cuore; anzi, si escludono a vicenda. Non sono Io il padre dei tuoi vizi. Il figlio possiede la natura del Padre: se questi รจ misericordioso, egli lo sarร altrettanto; se il Padre รจ puro, puro lo sarร anche il figlio. Il figlio del giusto sarร giusto, il figlio del buono sarร buono. Quanto ai peccatori il Signore dice: โโฆnon so di dove sieteโ (Lc. 13, 25). In conclusione รจ molto pericoloso pregare Dio con il nome di โPadreโ, senza aver corretto prima la propria vita.
Ripetiamo continuamente lโinvocazione โPadre nostro che sei nei cieliโ in modo da coglierne tutto il senso nascosto. Finora abbiamo mostrato la necessitร di una vita virtuosa al fine di riconciliarci con Dio. Ma cogliamo in queste parole un senso ancora piรน profondo: con esse evochiamo la patria che abbiamo perduto, cioรจ rimpiangiamo la nostra nobile origine che abbiamo rifiutato.
Nella parabola del giovane che abbandona la casa del padre per vivere una vita autonoma e dissoluta, Gesรน Cristo ci rivela la natura umana, tratteggiandola sotto forma di apologo. Il figliol prodigo ritrova la felicitร solo al momento del ravvedimento e quando, rientrando in se stesso, pronuncia parole di pentimento. Le parole del figlio sono simili a quelle della nostra preghiera: โPadre ho peccato contro il cielo e contro di teโ (Le. 15, 18). Con queste parole egli in pratica riconosce che la sua patria รจ il cielo e che aveva sbagliato a lasciarla. Questa confessione gli facilita il ritorno presso il padre. Il padre gli corre incontro, lo abbraccia e lo riveste della veste piรน bella, non con una veste nuova ma con quella che aveva prima eยท che aveva perduta per la sua disobbedienza, gustando il frutto proibito e riducendosi nudo. Lโanello che il padre ยท pone al dito del figlio allude al sigillo dellโimmagine ritrovata di figlio; cosรฌ le calzature con le quali vengono protetti i piedi del figlio sono destinate a preservarlo dai morsi del serpente a cui, anzi, nella sua conversione, egli dovrร schiacciare la testa.
Come la benevolenza del padre facilita al giovane il ritorno alla casa paterna โ cioรจ al cielo contro cui ha peccato โ cosรฌ il Signore Gesรน, insegnandoci ad invocare il Padre che รจ nei cieli, vuole farci prendere coscienza della nostra vera patria e, suscitando in noi un bruciante desiderio di essa, ricondurci nel cammino del ritorno. La via che conduce al cielo altro non รจ che la fuga dal peccato. E quale altro modo cโรจ di fuggirlo se non diventando simili a Dio? Divenire simili a Dio significa diventare santi, buoni e giusti. Colui che realizzerร la virtรน nella propria vita passerร con naturalezza da questa esistenza terrestre alla cittร del cielo.
Niente separa il divino dallโumano; non sono necessari artifici per trasformare la nostra carne corruttibile e sofferente nella vita spirituale. Come non esiste distanza tra la virtรน ed il vizio, cosรฌ non dipende solo dalla nostra volontร trovarci dove desidereremmo essere. Come non cโรจ sforzo da fare per distinguere il bene dal male e, una volta scelto il primo, giร siamo in possesso del suo oggetto, allo stesso modo, unendoci a Dio, giร siamo abitanti del cielo. Perciรฒ se Dio รจ in cielo (Qo.5, 1) e โnel Signore Dio 11.o posto il mio rifugioโ (Sal. 72, 28), รจ evidente che con lโunione ci troviamo vicino a Dio. Quindi, quando Gesรน ci esorta a chiamare nella preghiera Dio con il nome di โPadreโ, รจ chiaro che tale esortazione tende a far sรฌ che la nostra vita rassomigli nella perfezione a quella del Padre celeste. Afferma infatti โsiate voi dunque perfetti come รจ perfetto il Padre vostro celesteโ (Mt. 5; 48).
Se abbiamo dunque compreso il senso e la portata di questa preghiera, sarebbe tempo che predisponessimo le nostre anime a pronunciarne consapevolmente le parole โPadre nostro che sei nei cieliโ. Come รจ manifesta attraverso indizi inequivocabili la natura di Dio nei suoi figli โ Egli infatti ha concesso a coloro che lโhanno ricevuto di divenire ยท figli di Dio e ricevere Dio รจ ricevere la Sua perfezione โ cosรฌ รจ facile individuare attraverso segni caratteristici una cattiva natura, propria di coloro che sono esclusi dal novero dei figli di Dio. Quali sono questi segni? Lโinvidia, lโodio, la calunnia, lโorgoglio, lโavarizia, la cupidigia, lโinsaziabilitร , lโambizione โฆ tutto ciรฒ esprime lโopposto dellโimmagine divina. Colui che ha dentro di sรฉ questi peccati ed invoca il Padre, da quale Padre sarร ascoltato?
Non certo dal Padre del cielo, ma da quello dellโinferno. Infatti il peccatore sarร riconosciuto dal padre a cui egli assomiglia. La preghiera dellโempio invoca il demonio; quella di colui che fugge il peccato e vive nella virtรน invoca, invece, il Padre della caritร e della misericordia. Quando preghiamo Dio esaminiamo dunque la nostra vita e solo se vi troviamo lโimmagine di Dio potremo proferire queste sante parole. Colui che ci ha insegnato a dire โPadreโ, infatti, non ci ha permesso di mentire. Il giusto, figlio di Dio che ha la natura di Dio e quindi fa le opere di Dio, ha gli occhi fissi alla cittร celeste: chiama il Re del cielo, โPadreโ e la felicitร del cielo, โsua patriaโ. ร necessario che in noi si incarnino le parole del Vangelo โdovโรจ il tuo tesoro, lร sarร anche il tuo cuoreโ, nel senso che a Dio dovremo tendere con la nostra esistenza, contemplando senza tregua la sua bellezza e desiderandolo con tutta la nostra anima. Tutto ciรฒ che รจ di Dio รจ privo di gelosia, di invidia, di orgoglio e di qualsiasi altra cosa che deturpa la Sua santitร . Quando saremo a questo punto di familiaritร con Dio, lo potremo chiamare โPadreโ. Egli si volgerร a noi con sguardo paterno: ci rivestirร dellโabito divino, ci infilerร lโanello al dito e ci calzerร ai piedi i sandali del Vangelo per dirigerci verso il cielo e ci ricondurrร alla nostra patria originaria per mezzo del Signore nostro Gesรน Cristo a cui appartengono la gloria e lโimpero per tutti i secoli dei secoli. Amen.