Era una notte buia e tempestosa… No, non è una frase di Snoopy (e non è neppure un romanzo di Sir Lytton, l’autore della frase che ispirò il fumettista Charles M. Schulz).
Quando vento e pioggia si abbattono sul mare e le onde si gonfiano, anche chi viaggia sull’imbarcazione più sicura, si intimorisce. E, se la tempesta si abbatte nel cuore della notte, allora alla paura di affondare, si aggiunge quella di perdere l’orientamento. Allora il rischio che la barca finisca sugli scogli si fa ancora più concreto. Ed è lì che si scatenano le più antiche paure dell’uomo.
E così, la tempesta, smaschera la nostra vulnerabilità e lacera le false sicurezze con cui abbiamo vestito le nostre vite. All’improvviso ci ritroviamo nudi, sfiduciati, indecisi, perplessi, esitanti, impreparati, ma soprattutto terribilmente spaventati.
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«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». La domanda di Gesù ci scuote. Scopriamo così che il problema non è tanto se credere o no in Dio, ma risiede nel sapersi abbandonare alla certezza che Dio ci aiuterà. “Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento” (Giovanni 6,17-18). E facile sentirsi leoni quando tutto va bene, ma, quando le cose si mettono male, è lì che ci rendiamo conto di non avere con noi Gesù!
Tante volte, amici cari, anche la nostra vita è un mare in tempesta. Siamo naufraghi tra i flutti di mille impegni sociali e lavorativi, le onde del conformismo, dell’indifferenza di una società che consuma e si consuma, ma che ha come imperativo quello di non prenderci cura del dolore di chi ci sta accanto. Una schiuma di egoismo ci sospinge in una vita sempre più chiusa nei nostri confini, sempre più isolata. La zattera che occupiamo perde pezzi continuamente e diventa sempre più stretta.
Abbiamo distolto lo sguardo, per non vedere; ci siamo rifugiati nel rumore, per non sentire; ci siamo tappati la bocca, per non gridare. Ma non ci siamo accorti che la nostra vita sta diventando una gara per non affondare? Abbiamo lasciato i nostri figli orfani di fede, quando noi stessi ci siamo privati di quell’ancora che è Gesù. E così ci siamo smarriti. Quante volte ci sentiamo naufragare nelle nostre paure? Quante volte ci troviamo in pericolo, soffocati dal vento dei nostri affanni, nella tempesta del nostro dolore? E ci sentiamo impotenti? Soli e spaventati di fronte al dolore? Paralizzati dal terrore davanti alle difficoltà inattese? Abbiamo bisogno che Cristo si avvicini alle acque tempestose in cui navighiamo, alzi il suo braccio, minacci le nubi e riporti la quiete. Abbiamo bisogno di vedere le sue bianche vesti ondeggiare sopra il pelo dell’acqua mentre egli cammina. Abbiamo bisogno che egli tenda la mano e ci dica: “coraggio, ce la puoi fare” e ci aiuti a rialzarci dalla pozzanghera di individualismo nella quale stiamo naufragando. Abbiamo bisogno che Gesù prenda il timone delle nostre vite e ci conduca in acque calme. In altre parole, amici cari, abbiamo bisogno di avvicinarci noi a Cristo, attraverso la sua Parola.
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«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è riconoscerci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti: da soli affondiamo. Abbiamo bisogno di Dio, proprio come i naviganti di un tempo avevano bisogno delle stelle per potersi orientare. Accogliamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: Lui sa volgere al bene tutto ciò che ci capita, perfino le cose più brutte! Sì, amici: Dio sa riportare il sereno nelle nostre vite tempestose. Perché quando Gesù è a bordo, anche la tempesta più violenta non ci fa più paura!
Fonte: La Buona Parola, il blog di Alessandro Ginotta https://www.labuonaparola.it
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