Oggi incontreremo un personaggio misterioso: lo seguiremo sgattaiolare guardingo, per infilarsi nella casa di Gesù.
Ecco Nicodèmo, dottore della Legge, fariseo e membro del Sinedrio, tre elementi che ce lo farebbero collocare tra i “nemici” di Gesù, invece… nel cuore della notte, quest’uomo sgattaiola dal tribunale e si infila “di soppiatto” nella casa dove Gesù è ospite e si mette a chiacchierare con lui come si farebbe con un vecchio amico.
E’ un “capo dei Giudei”, quindi non voleva esporsi, mostrandosi discepolo tra i discepoli, ma, è anche amico di Gesù e gli rese onore quando, insieme a Giuseppe d’Arimatea, lo depose nella tomba (Gv 19,39-42). In quell’occasione, Nicodèmo portò “una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre” per la preparazione del corpo di Gesù (Gv 19,39), una simile quantità, al tempo, veniva utilizzata soltanto per la sepoltura di un re.
E allora godiamoci questo scampolo di vita privata di Gesù. Lo troveremo amichevolmente a parlare con Nicodèmo. Lo esorterà a “rinascere”, come Gesù esorta anche oggi tutti noi! Questa rinascita, è il risultato di una conversione: morire al peccato per iniziare una nuova vita con Dio. E, questo cammino, lo potremo compiere con l’aiuto dello Spirito Santo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Proprio questa è la famosa frase che citiamo quando, riferendoci allo Spirito Santo, affermiamo che “soffia dove vuole”.
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Spesso nei testi sacri la presenza di Dio viene descritta come un vento. Un venticello leggero che accarezza. Mi piace sempre ricordare il brano del Libro dei Re (1Re 19,9.11-13) che narra l’incontro tra il profeta Elia e Dio: “Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento”. Elia si accorse che il Signore non era lì. Prosegue la Scrittura: “Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera”. Ed ecco che, come l’udì, Elia si accorse che lì era il Signore, così si coprì il volto con il mantello ed uscì dalla grotta per adorarlo.
E’ così, amici cari. Talvolta pensiamo che Dio si debba manifestare con qualche fenomeno eclatante, ma Dio non fa rumore. Egli è presente ogni giorno nelle nostre vite. Cara lettrice, caro lettore, sì, anche tu, se farai attenzione, se farai silenzio, in questo momento potrai sentire la presenza del Signore. Silenziosa, discreta, ma piena di pace. Un soffio leggero, un alito di vento.
Ma questa brezza che accarezza dolcemente può voltare la pagina della nostra vita. Può fare di noi degli uomini nuovi. Questo vento spazza via la polvere del peccato, dell’ingordigia, dell’egoismo. Ripulisce la nostra anima dalle incrostazioni che impediscono alla fiammella che brilla nel nostro cuore di illuminare il nostro cammino. Ed ecco il potere gentile di Dio: senza prevaricarci ci purifica e ci migliora, ci dà la forza per diventare testimoni del Vangelo. Gonfia le nostre vele e ci spinge verso l’alto. Là, dove dobbiamo rinascere.
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E’ un dialogo che strappa un sorriso quello tra Nicodèmo, che potremmo definire il “discepolo fariseo” e Gesù. Guardate la sottile ironia di Cristo: «Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose?» (cfr v. 10). E’ un po’ come se dicesse:“Ma come, Nicodemo, tu che sei ‘maestro’ non sai queste cose?”.
In cuor nostro, anche noi ci comportiamo troppo spesso come se fossimo farisei. Quante volte ci sentiamo così sicuri di noi stessi, tutti pieni del nostro “io”, a tal punto da non renderci conto di essere “vuoti di Dio”? Il “fariseo che c’è in noi” viene fuori ogni volta che apriamo la bocca per criticare qualcuno, senza neppure domandarci quali e quante difficoltà possa aver superato. Quante volte siamo più abili di un esperto? Più colti di uno studioso? Più scattanti di un atleta? E purtroppo… quante volte addirittura ci sentiamo più “giusti” di Dio? In tutte queste situazioni la nostra lingua si muove più velocemente della nostra testa e troppo più veloce rispetto al nostro cuore.
Gesù ci dice: «Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio» (Giovanni 8,47). Saper ascoltare. E’ quanto ci chiede per diventare suoi discepoli. Camminare alla sequela di Gesù significa marciare dietro di Lui, non fare strada. Dobbiamo avere coscienza dei nostri limiti e farci umili. Sì, dobbiamo riconoscere che non sempre siamo in grado di capire, come gli apostoli non riuscirono a comprendere le parole con le quali Gesù predisse la propria Passione e Risurrezione.
Il serpente innalzato da Mosè nel deserto è un simbolo difficile. E qualche volta, le cose non sono semplici come potrebbero sembrare all’apparenza. Per questo non dobbiamo parlare prima di pensare. Non dobbiamo sentenziare prima di capire. Gesù ci mette davanti al grande mistero della Croce: questa verità che ci spaventa. Questo strumento di morte che, nelle sue mani, diventa mezzo per la Risurrezione. Difficile da comprendere. Davanti alla Croce, forse, non dovremmo neppure aprire bocca. Ma soltanto guardare: contemplare il grande mistero di Dio che, per amore, si è fatto uomo e, per amore, si è fatto Pane.
Fonte: La Buona Parola, il blog di Alessandro Ginotta https://www.labuonaparola.it
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