Questo brano di Vangelo ci parla di alcuni giudei che, pur essendo schiavi di una fede ottusa, si ritenevano liberi; ma quella falsa libertà metteva soltanto loro catene ai polsi.
Qualche volta scegliamo una libertà che ci incatena… un po’ come accade a questi Giudei. Non hanno riconosciuto Gesù, non si riconoscono neppure figli di Dio: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno» (v. 33). «So che siete discendenti di Abramo – risponderà Gesù – Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto» (vv. 37-40). Ahimè, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Anche noi, tante, troppe volte, ci comportiamo proprio come i Giudei che abitano questi versetti. Crediamo di essere liberi, ma in realtà, siamo schiavi di un “eccesso di libertà”: il mondo ci inganna, proponendoci false libertà che ci rendono schiavi delle nostre passioni, dei nostri piaceri disordinati, delle nostre ambizioni, delle ricchezze, della moda… Sugli altari di questi “falsi dei” sacrifichiamo la generosità, la disponibilità, la solidarietà, l’altruismo, l’empatia […] Continua a leggere qui.
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Per gentile concessione di Alessandro Ginotta
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