SE È SEMPRE TUTTA COLPA DEL DIAVOLO…
Quella del diavolo è stata indubbiamente una trovata eccezionale, un alibi per le malefatte degli uomini (“È il diavolo che mi ha tentato…”). Ma già nel II sec. a.C., l’autore del Libro del Siracide ammoniva che era inutile scaricare sul diavolo quelle che erano le proprie responsabilità (“Quando un empio maledice il satana, maledice se stesso”, Sir 21,27), e con ironia un grande Padre della Chiesa, Origene, affermava: “Sì che se non ci fosse il diavolo nessun uomo peccherebbe” (I Princìpi, III, 2,1).
Al successo della figura del diavolo ha indubbiamente contribuito in passato una puerile leggenda, sorta al di fuori della Bibbia, nel Libro dei segreti di Enoc, che mise salde radici nel cristianesimo dei primi secoli e ha alimentato credenze popolari: quella di Lucifero, il bellissimo angelo castigato da Dio per la sua superbia e trasformato nell’orrendo diavolo nemico dell’umanità.
Nella Bibbia ebraica con il termine satan, (avversario/nemico), tradotto in greco con diabolos, si indicano sia figure simboliche che persone concrete, come Davide, di cui i Filistei dicono “Non venga con noi in guerra, perché non diventi nostro avversario (ebr. satan) durante il combattimento” (1 Sam 29,4). Come figura simbolica, “il satana” svolge un ruolo importante nel Libro di Giobbe, dove non compare come nome proprio, ma sempre come una funzione, che era quella di sovrintendente al servizio di Dio per accusare al suo cospetto i peccatori. Il satana nel Libro di Giobbe non è un nemico di Dio, ma un suo solerte funzionario, un prezioso collaboratore che fa parte della corte divina e viene ricevuto insieme ai figli di Dio, e al quale il Signore si rivolge con grande amabilità (“Il Signore chiese al satana: Da dove vieni?”, Gb 1,7). E il satana insinua a Dio, che si vanta della fedeltà di Giobbe, che forse costui si comporta bene perché tutto gli va a gonfie vele, e ottiene il permesso di metterlo alla prova (Gb 1-2).
La funzione del satana, di accusare gli uomini dinanzi a Dio per poter infliggere loro il castigo divino, tramonta definitivamente con Gesù, che presenta un Dio diverso da quello della religione: non è vero che Dio premia i buoni e castiga i malvagi, ma a tutti offre incondizionatamente il suo amore, “perché egli è benevolo verso gli ingrati e malvagi” (Lc 6,35). Per questo Gesù, come effetto della sua predicazione, può annunciare “Vedevo il satana cadere dal cielo come una folgore” (Lc 10,18). La funzione del satana, di accusatore degli uomini, viene meno con un Dio che non castiga ma che ama anche i peccatori, e il diavolo viene così espulso dalla corte divina (“È stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte”, Ap 12,10).
Anche nei vangeli il satana/diavolo ha un ruolo marginale e appare come personaggio in azione unicamente nell’episodio delle tentazioni del deserto (Mt 4,1-11). Gli evangelisti non intendono trattare dell’esistenza o meno del diavolo, ma offrire indicazioni per indicare chi è. Mentre Dio è l’Amore che si pone al servizio degli uomini per renderli liberi, il diavolo è figura del potere che li domina e li sottomette. Per Gesù sono i capi religiosi ad avere “per padre il diavolo” perché sacrificano gli uomini al proprio interesse, mascherato dietro la dottrina, e sono come il loro padre menzogneri e omicidi (Gv 8,44). Gesù apostrofa come satana anche i due discepoli traditori: Pietro che vuole intralciare la sua missione (“Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo”, Mt 16,23) e Giuda, il ladro (“Eppure uno di voi è un diavolo! Parlava di Giuda”, Gv 6,70-71; 13,27).
Nel linguaggio comune diavoli e demòni sono due nomi per indicare la stessa realtà. Non così per gli autori sacri che distinguono sempre tra il satana/diavolo e i demòni. Questo ultimo termine nasce quando tra il III e il II sec. a.C. la Bibbia venne tradotta dalla lingua ebraica a quella greca. I traduttori, in una cultura teologicamente più evoluta, si imbatterono in residui della mitologia babilonese assorbita dagli ebrei nei due secoli nei quali Israele fece parte dell’impero persiano, e tradussero con “demòni” quegli esseri intermedi tra il divino e l’umano quali erano, tra gli altri, le sirene (metà donna e metà uccello) e i sàtiri (la rappresentazione iconografica del diavolo, essere metà capra e metà uomo, si rifà proprio ai sàtiri, in particolare alle raffigurazioni del dio Pan).
Le origini dei demòni venivano ricercate in un passo mitologico del Libro della Genesi: “C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi” (Gen 6,4). Gli scritti apocrifi tra il III e il II sec. a.C. si servirono di questo brano per giustificare la nascita dei demòni, considerati il frutto di questa unione (Gd 5-6).
Al tempo di Gesù la credenza nei demòni era talmente fiorente che di notte era vietato salutare chicchessia per timore che potesse essere un demonio (Sanh. 44°), e tutto quel che aveva cause inspiegabili ed era sconosciuto all’uomo, dalla depressione all’epilessia, dal sonnambulismo all’ubriachezza, era ricondotto a un’azione demoniaca.
Nella Bibbia ebraica è completamente assente l’idea di persone possedute dal diavolo o dai demòni, e non si trova un solo caso di indemoniato. Ugualmente nel Nuovo Testamento non esistono casi di persone possedute dal diavolo, ma solo dai demòni, figure popolari adoperate dagli evangelisti per indicare dottrine o ideologie che, volontariamente accolte dagli uomini, li possiedono e rendono ostili all’insegnamento di Gesù. Nei loro confronti Gesù non compie alcun rituale esorcistico, ma li libera con la potenza della sua parola (“Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono”, Mc 1,27.39).
È pertanto alquanto singolare vedere come la figura del diavolo, irrilevante nella Sacra Scrittura, abbia assunto nel corso del tempo dimensioni spropositate nella vita dei credenti, al punto che molti cristiani sembrano credere più nell’onnipresenza del tentatore che in quella del Salvatore. Hanno fatto e fanno più danni i cristiani con la loro ossessione del diavolo che quanti ne negavano la presenza, basti pensare per il passato alla mattanza di decine di migliaia di donne torturate e bruciate vive perché ritenute ree di commercio carnale con il diavolo e, per l’attualità, alle tante donne vittime di sedicenti esorcisti che, con il pretesto di liberarle dal demonio, le sottomettono a ogni forma di violenza psichica e fisica.