Alberto Maggi offre parole ricche di serenitร e speranza, lontanissime da quellโinesauribile repertorio di frasi fatte che non solo non consolano, ma gettano nel piรน profondo sconforto quanti sono nel lutto e nel pianto, anche quando vengono da uomini di fede. Grazie a queste pagine รจ possibile comprendere e accogliere lโaspetto naturale della morte, per renderla davvero una sorella come poeticamente suggeriva san Francesco, una compagna di viaggio nellโesistenza dellโindividuo.
In questa prospettiva viene scacciato tutto ciรฒ che puรฒ deprimere o rattristare, permettendoci cosรฌ di vibrare in un crescente, pieno accordo con quella grande sinfonia che รจ la vita.
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Introduzione
(fonte: il Libraio)
La morte di una persona cara รจ un dramma che segna per sempre lโesistenza degli individui, sia per quelli che pensano che la morte sia la fine di tutto, sia per quanti credono nella risurrezione o in altre forme di sopravvivenza. Ma la sofferenza per la perdita della persona amata รจ paradossalmente piรน dolorosa proprio per i credenti, a causa delle confuse o errate idee religiose che accompagnano la morte, e degli intenti consolatori di parenti, amici e conoscenti, specialmente se questi sono persone religiose.
Nellโistante del lutto sono molti gli interrogativi riguardo a tutto quel che circonda la morte (Perchรฉ proprio a lui o lei? Perchรฉ ora? Perchรฉ cosรฌ giovane e cosรฌ buono?). Ma, soprattutto, รจ inquietante lโinterrogativo: dove รจ ora il defunto? Comโรจ? Che cosโรจ? Che cosa fa? ร sufficiente la tradizionale risposta che i nostri cari, nella migliore delle ipotesi, sono in Cielo e contemplano beati il Signore per tutta lโeternitร ? Che godono della Requiem aeternam in una sorta di Casa di Riposo celeste?
Il momento del lutto non รจ tempo di parole ma di silenzio, di presenza che supplisca lโassenza, di forza che si faccia carico della debolezza. Quale parola potrร infatti mai confortare la persona afflitta dalla perdita di un proprio caro? Ogni parola e ogni frase, anche se formulate con le migliori intenzioni, saranno inadeguate e inopportune, come denuncia Giobbe agli amici venuti a consolarlo: ยซNe ho udite giร molte di cose simili! Siete tutti consolatori molesti. Non avranno termine le parole campate in aria? O che cosa ti spinge a rispondere? Anchโio sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: comporrei con eleganza parole contro di voi e scuoterei il mio capo su di voi. Vi potrei incoraggiare con la bocca e il movimento delle mie labbra potrebbe darvi sollievoยป (Gb 16,2-5).
Nel tempo del lutto cโรจ solo da com-piangere, piangere con chi piange (ยซPiangete con quelli che sono nel piantoยป, Rm 12,11), circondare le persone di caldo affetto e tanto amore. A chi รจ affranto per la morte che lโha colpito nei suoi affetti piรน cari non servono parole, ma occorre fargli sperimentare la forza della vita. Poi, dopo qualche tempo, puรฒ venire il momento del dialogo, per cercare di dare un significato a quel che sembra insensato, come appunto รจ la morte, per tentare di capire che quel che appare come un annichilimento in realtร รจ un potenziamento della persona. Ma ci vuole tempo, pazienza, discrezione e tanta delicatezza. Un approccio maldestro, seppure animato da buoni propositi, puรฒ causare danni devastanti e spesso irreparabili.
Quel che occorre fare subito, al momento del lutto, รจ evitare accuratamente le persone pie, devote, bigotte, quelle che su tutto pontificano con frasi preconfezionate, sentenze, certezze che non attingono dalla loro esperienza ma dalla dottrina. Sono quelle che alla persona distrutta dal dolore sentenziano: ยซIl Signore lโha chiamatoยป, ยซLโha presoยป e, se il morto era conosciuto per la sua bontร , affermano sicure, accompagnando la frase con un rassegnato sospiro: ยซEh, sono sempre i migliori che se ne vanno!ยป oppure, con aria quasi soddisfatta: ยซI piรน buoni il Signore li vuole con sรฉยป, o in alternativa: ยซEra giร maturo per il paradisoยป.
Nel caso il defunto sia molto giovane, questi becchini del dolore affermano impudentemente che ยซI fiori piรน belli il Signore li vuole con sรฉโฆยป. Se poi รจ un bambino in tenera etร , consolano i genitori dicendo che il loro bimbo ยซร un angioletto in paradisoโฆยป. Queste espressioni consolatorie precedono il cristianesimo e sono note fin dallโantichitร . ร di Menandro, famoso commediografo greco vissuto tre secoli prima di Cristo, la celebre frase ยซMuore giovane colui che gli dรจi amanoยป (frammento 111 K.-Th), ripresa da Giacomo Leopardi, come epigrafe per il suo Amore e morte (XXVII): ยซMuore giovane colui chโal cielo รจ caroยป. Nel Libro della Sapienza, la morte del
giovane viene giustificata cosรฌ: ยซIl giusto, anche se muore prematuramente, si troverร in un luogo di riposo [โฆ]. Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poichรฉ viveva fra peccatori, fu portato altrove. Fu rapito, perchรฉ la malvagitร non alterasse la sua intelligenza o lโinganno non seducesse la sua anima [โฆ]. Giunto in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di tutta una vitaยป (Sap 4,7.10-11.13).
A chi non accetta e non si rassegna a questo lutto, e protesta, dicendo che lโangioletto se lo sarebbero tenuto ben volentieri nella loro famiglia, ecco tutto un fuoco di sbarramento a forza di ยซAccetta la croce che Dio ti ha mandatoยป, ยซร la volontร del Signoreยป, ยซร il Signore che potaยป, ยซIl Signore ha dato, il Signore ha toltoยป, ยซLa felicitร non รจ di questo mondoยป, con tutto lโinesauribile repertorio dellโinfinito stupidario religioso del quale si alimentano insaziabili i pii devoti, piรน beoti che beati. Frasi che non solo non consolano, ma gettano nel piรน profondo sconforto quanti sono nel lutto e nel pianto, facendo nascere un sordo rancore verso questo Dio spietato che toglie, coglie, manda croci, pota vite e persone, e la cui volontร coincide sempre con la sofferenza degli uomini e mai, neanche una sola volta, con la loro felicitร .