Alberto Maggi – Commento al Vangelo di domenica 30 Maggio 2021

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Commento video al Vangelo di domenica 30 Maggio 2021 a cura di p. Alberto Maggi OSM

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BATTEZZATE TUTTI I POPOLI NEL NOME DEL PADRE E DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO

Mt 28,16-20

Nella solennità della Santissima Trinità la liturgia ci ripropone gli ultimi cinque versetti del vangelo di Matteo, cinque versetti nei quali l’evangelista come riassume tutta la sua narrazione. Vediamo. “In quel tempo gli undici discepoli”, ecco, i discepoli non sono più dodici, come mai? Chi è che manca? Manca Giuda, ma non perché ha tradito Gesù, anche Pietro ha rinnegato Gesù eppure c’è; perché manca Giuda? Gesù aveva detto “Non potete scegliere Dio e mammona”, cioè l’interesse. Giuda la sua scelta l’ha fatta, ha scelto l’interesse, ha scelto il denaro e ha distrutto se stesso.

Gli undici discepoli andarono in Galilea su il monte che Gesù aveva loro indicato”, ma Gesù non ha mai indicato nessun monte. Se per tre volte c’è l’invito, due da parte di Gesù e uno dall’angelo, ai discepoli di andare e salire in Galilea per incontrare il Cristo risuscitato, mai era stato detto un luogo particolare e tanto meno un monte. Perché l’evangelista qui non dice un monte, la Galilea è una regione montuosa, ma dice su “il monte”, con l’articolo determinativo, quindi un monte che è conosciuto? Qual è questo monte? L’espressione il monte in questo vangelo è apparsa per il monte delle beatitudini. Cosa sta dicendo l’evangelista che è valido anche per noi? L’esperienza nel Cristo risuscitato non è stato un privilegio concesso duemila anni fa a un piccolo gruppo di persone, ma una possibilità per tutti i credenti di tutti i tempi. Come si fa? Basta andare in Galilea su “il monte” delle beatitudini, cioè accogliere il messaggio di Gesù che è stato riassunto e formulato nelle beatitudini, che hanno questo significato: occupatevi del bene degli altri e permetterete a Dio come Padre di occuparsi di voi e in questo farete l’esperienza visibile di Dio.

Quindi vanno su questo monte preciso, è il monte delle beatitudini. “Quando lo videro si prostrarono”, quindi vedono in Gesù la condizione divina in pienezza, dice l’evangelista “però dubitarono”. Ma di che cosa dubitano? Non dubitano che lo vedono perché l’hanno visto, non dubitano della sua risurrezione perché si sono prostrati; di che cos’è che dubitano? Erano i discepoli che avevano detto “Siamo pronti a morire per te” e appena hanno visto le guardie sono scappati via, l’hanno tutti quanti abbandonato, rinnegato e non sanno se sono capaci di arrivare a questo livello di vita passando attraverso la morte e la persecuzione. Ecco di che cosa dubitano: non dubitano di Gesù, ma dubitano di se stessi. Come quando l’unica volta che appare questa espressione del vangelo, quando Gesù aveva invitato Pietro a camminare sulle acque e lui ha cominciato ad affondare e Gesù l’aveva rimproverato “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. Ebbene Gesù va incontro alle debolezze, alle fragilità degli uomini, “Gesù si avvicina e disse loro: a me è stato dato ogni potere in cielo sulla terra”. Era stato il diavolo all’inizio del vangelo a offrire al Signore il potere attraverso l’adorazione appunto del potere, ebbene Gesù mostra che ha raggiunto la condizione divina non attraverso il potere, ma attraverso il dono di se stesso, l’amore.

E Gesù a questi discepoli imperfetti, che non è che hanno capito tanto ancora, sono legati all’idea di restaurazione del regno di Israele e non hanno compreso l’universalità del regno di Dio, a questi discepoli che si sono dimostrati incapaci di reggere la prova, eppure Gesù, così come sono, dice “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”. Gesù non fa un corso di perfezionamento, perché? Non ha bisogno di persone perfette, ma delle persone così, con le loro debolezze. Scrive Paolo in una sua lettera che abbiamo questo tesoro in vasi da niente, quindi la forza del messaggio del Signore è quello che conta, nella debolezza e nella fragilità delle persone e Gesù li manda a rendere i discepoli tutte le nazioni pagane, questo è “tutti i popoli”, “battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Non è una formula liturgica. Gesù aveva invitato i discepoli a seguirlo per farli pescatori di uomini e salvarli da cosa può dare la morte e ora li invita a dare loro quello che comunica vita. “Battezzare”, il verbo significa immergere: fate fare loro l’esperienza piena dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, la piena realtà, completezza di Dio.

Insegnando loro ad osservare tutto ciò che io vi ho comandato”. L’unica volta che si parla di comandamenti, di qualcosa comandato da Gesù è proprio nella spiegazione delle beatitudini. Allora Gesù non invita ad annunciare una dottrina, ma a far imparare, a far apprendere una pratica che è quella delle beatitudini: occuparsi del bene degli altri per permettere a Dio come Padre di occuparsi della propria. Ebbene se c’è questo, ed ecco la grande garanzia di Gesù, “Ecco io sono con voi”, Gesù fin dall’inizio del vangelo è stato definito il Dio con noi, un Dio che non è da cercare, ma è da accogliere e andare con lui e come lui verso gli altri, “io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”, o meglio fino alla fine dei tempi. Non è una data di scadenza, ma una qualità della presenza: se la comunità si impegna con Gesù e come Gesù ad essere beatitudine e andare a proclamare queste beatitudini ha la sicurezza che il Signore li accompagna e potenzia la loro attività.