Alberto Maggi – Commento al Vangelo di domenica 2 Maggio 2021

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Commento video al Vangelo di domenica 2 Maggio 2021 a cura di p. Alberto Maggi OSM

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CHI RIMANE IN ME ED IO IN LUI FA MOLTO FRUTTO

I vangeli di queste domeniche dopo Pasqua trasmettono e infondono tanta serenità. Domenica scorsa Gesù si era presentato come il pastore, il cui dono della propria vita non è in risposta a un pericolo per il gregge, ma addirittura lo precede; questa domenica Gesù si presenta come la vera vite. Ascoltiamo il capitolo 15 del vangelo di Giovanni. Afferma Gesù, rivendicando la pienezza della condizione divina con il nome divino “Io sono”, “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me”, naturalmente nella figura del tralcio sono raffigurati i suoi discepoli, i credenti, quindi il tralcio che, succhiando questa linfa vitale che scorre nel legno della vite “non porta frutto”, cioè succhia energia, però non la trasmette agli altri perché la relazione con Gesù è una relazione dinamica, di amore ricevuto, ma di amore comunicato; qui c’è il caso di uno che riceve questo amore, ma poi non lo comunica agli altri.

Ebbene, il Padre, è lui l’agricoltore, è a lui che spetta questo, vede che non porta frutto “lo taglia” e si butta via. Nel fondo delle parole di Gesù c’è il capitolo 15 del profeta Ezechiele, dove parla del legno della vite. Il legno della vite è l’unico tra gli alberi da frutta che non serve a nulla se non a portare il grappolo dell’uva, non è che ci si può fare un attrezzo o qualcosa, serve soltanto per essere bruciato. Quindi il tralcio che, assumendo questa linfa non lo trasforma in amore, è inutile, allora il Padre lo toglie. “Ma ogni tralcio che porta frutto”, quindi chi riceve questo amore e lo trasmette agli altri, “lo”, e qui l’evangelista non adopera il verbo “potare” che poi in passato ha dato un’idea sinistra dell’azione di Dio che pota, ma dice “purifica”. Cosa significa? Nel tralcio ci possono essere degli elementi nocivi che il Padre, che l’agricoltore, quindi non gli altri tralci e neanche lui stesso, vede come di impedimento per trasmettere amore e allora è lui che ci pensa a purificare; cioè l’azione del Padre è l’eliminazione costante e continua di quei comportamenti, di quegli atteggiamenti nocivi nell’individuo che possono impedire una maggior produzione d’amore. Ma questo compete solamente al Padre; non è l’individuo che deve ricercare i propri difetti per eliminarli perché può causare dei danni irreversibili. Allora è il Padre che lo purifica perché? Perché porti più frutto, gli toglie quello che impedisce di generare frutto e lo libera.

Gesù con questo messaggio infonde tanta serenità, toglie i discepoli, i credenti dall’ambizione della perfezione spirituale; la perfezione spirituale è tanto lontana e astratta quanto è grande la propria ambizione, il proprio io. Gesù ci invita al dono totale di sé che può essere immediato, concreto ed è questo dono che libera nuove energie d’amore. Nel fondo di queste parole sembra di sentire la prima Lettera di Giovanni dove l’autore dice “Qualunque cosa ti rimproveri il tuo cuore”, il cuore è la coscienza, “Dio è più grande del nostro cuore”. Cioè non ti preoccupare, tu orienta la tua vita per il bene degli altri, se ci sono in te degli atteggiamenti che il Padre, non te e non gli altri dalla comunità, vede nocivi lascia fare a lui, tu pensa soltanto a liberare nuove energie d’amore.

E continua Gesù “Voi siete già puri” e quindi torna di nuovo sul fatto di purificare, “a causa della parola”. La parola, il messaggio di Gesù, il messaggio che si condensa in un unico comandamento, quello dell’amore vicendevole come lui ci ama, questo è già la base iniziale della purezza.

E poi l’invito il di Gesù “Rimanete in me e io e voi” e Gesù afferma che “Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me”. Quindi il tralcio deve essere pienamente attaccato a questo legno della vite per assorbire questa linfa vitale e trasmetterla agli altri. E di nuovo afferma Gesù di essere la vite e i tralci, “Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto”. È un frutto crescente perché tanto più grande è la capacità d’amare, tanto più grande è la capacità di dono da parte del Signore di questo amore, “perché senza di me non potete far nulla”.

E poi Gesù afferma “Chi non rimane in me, viene gettato via come il tralcio e si secca. Poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”. Ezechiele aveva detto che il legno della vita non serve a nulla, ma neanche la cenere serve. Una volta, in passato, quando le donne lavavano le lenzuola con la cenere, la cenere della vite non serviva perché le macchiava, quindi o portate frutto, questo è il messaggio, o non servite assolutamente a nulla.

E poi l’assicurazione finale, ma preceduta da due condizioni “Se rimanete in me”, cioè se assorbite questo amore e lo trasmette agli altri, “e le mie parole”, questo messaggio d’amore, “rimangono in voi” ecco a questo punto “chiedete quel che volete e vi sarà dato”. L’accoglienza di Gesù e del suo messaggio è garanzia di piena comunione con il Padre e dell’esaudimento della richiesta della preghiera.

E conclude Gesù “In questo è glorificato il Padre mio”, Gesù toglie l’immagine della gloria di Dio come qualcosa di grandioso, di straordinario, di lussuoso, “che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. Quindi stranamente Gesù dice che è portare frutto l’unica garanzia di essere discepoli; non si è discepoli per poi portare frutto, ma il portare frutto è l’unica garanzia di essere discepoli di Gesù.