Video commento al Vangelo del 14 febbraio 2010 – Paolo Curtaz

VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C

  • Prima lettura: Ger 17,5-8
  • Salmo Responsoriale Dal salmo 1
  • Seconda lettura: 1 Cor 15,12.16-20
  • Vangelo: Lc 6,17.20-26

Pietro e Andrea hanno lasciato tutto per diventare pescatori di umanità, hanno lasciato ciò che li legava, le reti, invece di riassettarle come facciamo noi tutti i giorni. Hanno creduto che – sul serio – Dio chiede in prestito la barca della nostra vita per raccontare il Regno.

Non è un ostacolo la nostra fragilità, non ferma Dio il nostro limite: proprio di noi egli ha bisogno.

Pietro e Andrea hanno conosciuto altri come loro: pescatori del lago, uno zelota, un pubblicano. Gente diversa, particolare: nulla sarebbe mai riuscito a metterli insieme se non la curiosità nel seguire quel Nazareno pieno di Dio.

Poi, dopo qualche mese di vagabondaggio in Galilea, proprio lì, sulle sponde del lago, Gesù racconta a loro e a noi il segreto della felicità.

Beatitudini

«Beati» dice il Signore. Cioè: “siete felici se”, “avete il cuore colmo se”, “sprizzate di gioia se”: una vera rivelazione.

Non è forse la gioia ciò che cerchiamo più di ogni altra cosa?

Gesù sta per indicarci la strada verso la pienezza?

Finalmente Dio si decide a sbottonarsi e ci dona la soluzione all’enigma della vita?

Ma, subito, l’entusiasmo si smorza:

beati i poveri, beati quelli che piangono, quelli che sono perseguitati e insultati, dice il Rabbì.

Ma come? Gesù dichiara felice chi soffre? Chi è bastonato dalla vita?

Gesù conferma l’opinione di molti credenti che la vita è solo dolore e forse, ma, chissà, speriamo, un giorno riceveremo un premio?

No.

Gesù non loda la condizione di fatica, dice che quella condizione può spalancare ad un’altra verità.

I perdenti, i fessi, quelli che scelgono di essere semplici, cioè poveri in spirito, quelli che scelgono di essere miti in un mondo di squali, quelli che non si arrendono all’ingiustizia cronica, quelli che giudicano tenendo conto del cuore di Dio e non della miseria degli uomini, quelli che fuggono la doppiezza, quelli che, pacificati, costruiscono la pace a costo di pagare di persona, quelli che, incontrato Dio, non mollano, sono coloro che fanno esperienza di Dio.

Il Beato

Proprio perché il Dio di Gesù è mite, e pacificatore e misericordioso e paga di persona e sa piangere, coloro che gli assomigliano ne fanno esperienza.

Follia, vero? Sì, è troppo anche per un folle come me.

Eppure Gesù l’ha detto.

Non cerchiamo la povertà o le lacrime o la miseria, ma poniamo la nostra fiducia in Dio; allora sperimenteremo la felicità che è riempita di emozione e la supera. La beatitudine è fare esperienza dell’Assoluto di Dio, del Dio di Gesù, e con lui condividere il sogno di una vita vera, ad ogni costo.

Beati voi

Diversamente dalla versione di Matteo, Luca sintetizza le beatitudini ed aggiunge – inattese – quattro durissime ammonizioni.

Inattese proprio perché le scrive Luca, lo scriba della mansuetudine di Cristo.

Inattese proprio perché provengono dalla penna di colui che sempre attenua i toni, stempera la durezza della sequela, ammorbidisce i tratti più aspri della predicazione di Gesù.

Se Matteo dice: “Beati i poveri…”, Luca aggiunge: “Beati voi poveri…”.

Luca ha di fronte a sé i poveri, i perseguitati.

E sa, dalle informazioni che ha ricevuto da chi c’era, che Gesù, ad un certo punto, ha alzato lo sguardo oltre l’orizzonte, oltre le colline di Samaria, verso Gerusalemme ammonendo i ricchi, i sazi, i gaudenti.

Ma chi vive in prima linea lo sa, e apprezza.

Dio crede nella conversione di ogni uomo, certo. Ma sa anche quanto sia forte l’ostinazione e la chiusura. Per chi vive nel degrado e nell’illegalità, per chi, come ai tempi di Amos, calpesta il diritto del povero il giudizio sarà senza misericordia, poiché non ha avuto misericordia.

Vedendo le tragiche immagini del terzo mondo, vedendo che l’economia si è trasformata in un mostro che tutto divora, ascoltando la testimonianza di Luca, che è dovuto andare in Germania, o di Daniele, licenziato e senza lavoro da mesi, apprezzo questa sferzata di Gesù.

E l’apprezzano i fratelli e le sorelle cristiani (e non) che combattono, che si dibattono nella barbarie crescente, facendo come Dio, che difende il diritto dell’orfano e della vedova.

Speranze

Ai tanti impegnati in prima linea ad affrontare problemi immensi della quotidianità e dell’illegalità dico: abbiate speranza in Dio, curando l’uomo.

Come scrive Geremia, profeta inascoltato e perseguitato nella sua Gerusalemme, l’unica possibilità è quella di alzare lo sguardo, di non confidare solo nell’uomo. La nostra speranza, ci ricorda Paolo, è posta nel Signore risorto, in qualcuno che è vivo e si rende presente attraverso il nostro sguardo, non in un progetto umano.

Beati noi che non ci arrendiamo, perché questo è lo stile di Dio.

Paolo Curtaz

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