La storia di Tobia e Sara raccontata ai bambini

4807

C’era una volta un ebreo di nome Tobi che viveva con sua moglie Anna e suo figlio Tobia in una città chiamata Ninive.

Era un uomo molto buono che aiutava i poveri e le persone bisognose. Una sera, dopo aver seppellito un suo amico, tornò   a casa molto stanco e si fermò a dormire nel cortile, vicino alla recinzione . Durante la notte dei passeri fecero i loro bisogni che caddero sopra gli occhi di Tobi il quale diventò cieco.

Nessun medico e nessuna medicina riuscivano a guarirlo, per cui Tobi diventò molto triste. Mentre pensava che forse era alla fine della sua vita, si ricordò di aver lasciato una grandissima quantità di monete dal suo amico Gabaèl che abitava in una città chiamata Rage. Chiamò suo figlio Tobia e gli disse:

«Figlio, quando morirò, dovrai darmi una sepoltura decorosa; onora tua madre e non abbandonarla per tutti i giorni della sua vita. Ama i tuoi fratelli; nel tuo cuore non concepire disprezzo per i tuoi fratelli, e per i figli e le figlie del tuo popolo, e tra loro scegliti la moglie. Fai attenzione, o figlio, a tutto ciò che fai e sii ben educato in ogni tuo comportamento. Non fare a nessuno ciò che non piace a te. Ora, figlio, ti comunico che venti anni fa ho lasciato dieci talenti d’argento dal mio amico Gabaèl, a Rage, e vorrei che andassi a riprenderli».

Allora Tobia rispose al padre: «Va bene, ma come potrò riprendere la somma, dal momento che lui non conosce me, né io conosco lui? Che segno posso dargli, perché mi riconosca, mi creda e mi consegni il denaro? Inoltre, non conosco la strada per andare a Rage».

Rispose Tobi a suo figlio Tobia: «Abbiamo scritto le nostre firme su di un foglio, abbiamo diviso il foglio in due parti, una per me e una per lui. Trovati una persona di fiducia che venga in viaggio con te e va a riprendere il denaro».

Tobia cominciò a cercare qualcuno che conoscesse la strada per andare a Rage. Uscì e si trovò davanti l’angelo Raffaele, non sospettando minimamente c he fosse un angelo di Dio.

Tobia gli disse: «Di dove sei, o giovane?». Quello rispose: «Sono Azaria, uno dei tuoi fratelli Israeliti, e sono venuto qui a cercare lavoro». Riprese Tobia: «Conosci la strada per andare a Rage?». Gli disse: «Certo, sono stato là molte volte e conosco bene tutte le strade. Spesso sono andato a Rage e ho alloggiato presso un mio conoscente di nome Gabaèl. Ci vorranno alcuni giorni di cammino per arrivare Rage».

Allora Tobia gli disse: «Aspetta, o giovane, che vado ad avvertire mio padre. Ho bisogno che tu venga con me e ti pagherò per il tuo servizio». Gli rispose l’angelo: «Ecco, ti attendo; però fai presto, non tardare».

Tobia uscì per mettersi in cammino e baciò il padre e la madre. Il papà Tobi gli disse: «Fa’ buon viaggio!». Sua madre Anna si mise a piangere ma Tobi le disse: «Non stare in pensiero: nostro figlio farà buon viaggio e tornerà in buona salute da noi. I tuoi occhi lo vedranno il giorno in cui tornerà sano e salvo da te. Non stare in pensiero, non temere per loro. Un angelo buono infatti lo accompagnerà, il suo viaggio andrà bene e tornerà sano e salvo». Allora essa smise di piangere.

Tobia partì insieme con l’angelo, e anche il cane li seguì.

Si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri.

Tobia scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand’ecco un grosso pesce balzando dall’acqua tentò di divorargli il piede ed il ragazzo si mise a gridare. Ma l’angelo gli disse: «Afferra il pesce e non lasciarlo fuggire». Tobia riuscì ad afferrare il pesce e a tirarlo a riva. Gli disse allora l’angelo: «Apri il pesce e togline il fiele (la bile, un liquido prodotto dal fegato), il cuore e il fegato. Infatti il suo fiele, il cuore e il fegato possono essere utili medicine».

Allora Tobia rivolse all’angelo questa domanda: «Azaria, fratello, a cosa possono servire cuore, fegato e fiele del pesce?».

Gli rispose Azaria: «Con il cuore e il fegato, puoi fare dei profumi davanti a una persona tormentata da uno spirito cattivo, e questo spirito cattivo scapperà subito. Il fiele invece si può spalmare sugli occhi di chi è cieco; si soffia e gli occhi guariscono».

Erano circa a metà strada e Azaria disse: «Tobia, questa notte dobbiamo fermarci ad alloggiare presso Raguele, che è tuo parente. Egli ha solo una figlia chiamata Sara. È una ragazza saggia, coraggiosa, molto graziosa e suo padre è una brava persona. Se vuoi tu puoi sposarla e ritornare a casa tua con una brava moglie e i suoi beni».

E aggiunse: «Tu hai il diritto di sposarla. Ascoltami, Tobia: io parlerò al padre Raguele questa sera e ne domanderemo la mano. Quando torneremo dalla città di Rage, celebreremo le nozze».

Allora Tobia rispose ad Azaria: «Amico mio Azaria, ho sentito dire che ella è già stata data in moglie a sette uomini ed essi sono tutti morti la prima notte di nozze. Inoltre, ho sentito dire che uno spirito cattivo le uccide i mariti. Per questo io ho paura; lo spirito cattivo a lei non fa alcun male, ma se qualcuno le si vuole avvicinare, egli lo uccide. Io ho paura di morire». Gli disse allora Azaria: «Ascoltami, dunque, o Tobia: non preoccuparti di questo spirito cattivo e spòsala. Quando però entri nella camera da letto, prendi il cuore e il fegato del pesce e mettine un poco sulla brace. L’odore si spanderà, il demonio lo dovrà annusare, fuggirà e non si farà più vedere in eterno intorno a lei. Poi, prima di dormire, alzatevi insieme a pregare. Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza. Non stare in pensiero». Quando Tobia sentì queste parole di Azaria amò molto Sara è non riusciva più a smettere di pensare a lei.

Arrivata la sera Tobia disse: «Fratello Azaria, conducimi diritto da nostro fratello Raguele».

Egli lo condusse alla casa di Raguele, e lo trovarono seduto presso la porta del cortile. Lo salutarono per primi ed egli rispose: «Salute, fratelli, siate i benvenuti!». Li fece entrare in casa. Disse a sua moglie Edna: «Come somiglia questo giovane a mio fratello Tobi!». Edna domandò loro: «Di dove siete, fratelli?», ed essi risposero: «Veniamo da Ninive». Disse allora: «Conoscete nostro fratello Tobi?». Le dissero: «Lo conosciamo». Riprese: «Sta bene?». Risposero: «Sta bene ed è vivo». E Tobia aggiunse: «È mio padre». Raguele allora balzò in piedi, l’abbracciò e pianse. Poi gli disse: «Sii benedetto, o figlio! Hai un ottimo padre. Che sventura per un uomo giusto e generoso nel fare elemosine essere diventato cieco!». Si gettò al collo di Tobia e pianse. Pianse anche sua moglie Edna e pianse anche la loro figlia Sara. Poi fece preparare una deliziosa cena e fece loro una festosa accoglienza. Quando si furono messi a tavola, Tobia disse all’amico: «Azaria, domanda a Raguele che mi dia in moglie Sara». Raguele udì queste parole e disse al giovane: «Mangia, bevi e sta’ allegro per questa sera, poiché nessuno all’infuori di te, ha il diritto di sposare mia figlia Sara. Però, figlio, voglio dirti la verità. L’ho già data in sposa a sette mariti, e tutti sono morti la prima notte di nozze. Ora, figlio, mangia e bevi; il Signore sarà con voi». Ma Tobia disse: «Non mangerò affatto né berrò, se prima non acconsentirai al mio matrimonio con Sara». Rispose Raguele: «Ti concedo come sposa mia figlia Sara. Abbi cura di lei, d’ora in poi tu sei suo fratello e lei tua sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre. Il Signore del cielo vi assista questa notte, o figlio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace». Dopo aver detto questo cominciarono a mangiare e a bere.

Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire.

Accompagnarono Tobia e Sara nella camera da letto. Tobia allora si ricordò delle parole di Azaria: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace. L’odore del pesce fece scappare lo spirito cattivo, che fuggì lontano. Raffaele lo inseguì e lo incatenò per sempre.

Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: «Sara àlzati! Preghiamo e domandiamo al Signore nostro che ci dia grazia e salvezza». Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: «Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia». E dissero insieme: «Amen, amen!». Poi dormirono per tutta la notte.

Ma Raguele si alzò; chiamò i suoi servi e insieme andarono a scavare una fossa. Diceva infatti: «Se mai Tobia dovesse morire, lo seppelliremmo subito di nascosto, così nessuno ci prenderà in giro o ci farà vergognare». Quando ebbero terminato di scavare la fossa, Raguele tornò in casa; chiamò sua moglie Edna e le disse: «Manda una delle serve a vedere se Tobia è vivo; se è morto, lo seppelliremo senza che nessuno lo sappia». Mandarono una serva, accesero la lampada e aprirono la porta; la serva entrò e trovò che Sara e Tobia dormivano insieme in un sonno profondo. La serva uscì e riferì loro che era vivo e che non era successo nulla di male. Ringraziarono il Dio del cielo e dissero: «Tu sei benedetto, o Dio, degno di ogni benedizione perfetta. Ti benedicano per tutti i secoli!». Allora ordinò ai servi di riempire la fossa prima che si facesse giorno.

Il mattino seguente Raguele era così contento che decise di festeggiare le nozze di sua figlia Sara non per sette giorni, come solitamente veniva fatto in quel tempo, ma per quattordici giorni.

Per non perdere altro tempo Tobia mandò Azaria a prendere i soldi da Gabaèl a Rage. Dopo i quattordici giorni di festa, Tobia e Sara, con un grande numero di animali e una ricca fortuna di beni, si avviarono per tornare a Ninive a casa di Tobia.

Quando erano molto vicini a casa, Azaria disse: «Tobia, tu sai in quale condizione abbiamo lasciato tuo padre. Corriamo avanti, prima di tua moglie, e prepariamo la casa, mentre gli altri vengono».

E s’incamminarono tutti e due insieme. Poi Azaria gli disse: «Prendi in mano il fiele». Il cane, che aveva accompagnato lui e Tobia, li seguiva. Anna intanto sedeva scrutando la strada per la quale era partito il figlio. Quando si accorse che stava arrivando, disse al padre di lui: «Ecco, sta tornando tuo figlio con l’uomo che l’accompagnava». Azaria disse a Tobia, prima che si avvicinasse al padre: «Io so che i suoi occhi si apriranno. Spalma il fiele del pesce sui suoi occhi, così tuo padre riavrà la vista e vedrà la luce». Anna corse avanti e si gettò al collo di suo figlio dicendogli: «Ti rivedo, o figlio.». E si mise a piangere. Tobi si alzò e, inciampando, uscì dalla porta del cortile. Tobia gli andò incontro, tenendo in mano il fiele del pesce. Soffiò sui suoi occhi dicendo: «Coraggio, padre!». Gli applicò il farmaco e lo lasciò agire, poi distaccò con le mani le scaglie bianche dai suoi occhi. Tobi gli si buttò al collo e pianse, dicendo: «Ti vedo, figlio, luce dei miei occhi!». E aggiunse: «Benedetto Dio! Benedetto il suo grande nome! Benedetti tutti i suoi angeli santi! Sia il suo santo nome su di noi e siano benedetti i suoi angeli per tutti i secoli».

Tobi fece venire l’angelo e gli disse: «Prendi come pagamento la metà di tutti i beni che hai riportato e va’ in pace». Allora Azaria chiamò Tobi e Tobia in disparte e disse loro: «Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome.  Voglio dirvi tutta la verità, senza nulla nascondervi. Il mio vero nome non è Azaria, ma Raffaele, e sono uno dei sette angeli sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore».

Tobi e Tobia furono presi da grande timore; si inchinarono con la faccia a terra ed ebbero una grande paura. Ma l’angelo disse loro: «Non temete: la pace sia con voi. Benedite Dio per tutti i secoli. Quando voi mi vedevate mangiare, io non mangiavo affatto: ciò che vedevate era solo apparenza. Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Ecco, io ritorno a colui che mi ha mandato. Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute». E salì in alto.

Allora Tobi disse:

«Benedetto Dio che vive in eterno,
benedetto il suo regno;
Lodatelo, figli d’Israele, davanti alle nazioni,
date gloria a lui davanti a ogni vivente,
poiché è lui il nostro Signore, il nostro Dio.