“RIVESTIRE L’UOMO NUOVO”
Alla ricerca del nuovo
L’uomo oggi è alla ricerca del nuovo. Insoddisfatto di quello che ha e di quello che è, egli chiede qualcosa di nuovo, qualche volta indicando obiettivi precisi, più o meno realistici, altre volte senza sapere esattamente cosa vuole, pur di cambiare. Non è certo un fenomeno proprio solo del nostro tempo: ma il nostro tempo è quello che c’interessa, che dobbiamo vivere, giorno per giorno, con tutto ciò che presenta di bello e di meno bello. Pensiamo, per indicare solo un fenomeno macroscopico, alle elezioni politiche e al clima che di solito le precede e le segue: per le vie più divergenti, i cittadini cercano qualcosa di nuovo, un nuovo assetto della società, più giusto e più rispondente alle attese d’un popolo scontento e inquieto.
Negli anni passati non si rilevava nell’uomo d’oggi “un nuovo modo di intendere… il suo rapporto col mondo”, ma si osservava che l’uomo “avverte sempre più la propria capacità di progettare il futuro”, e si parlava d’un “primato del futuro” che ingenera, “insieme a nuove speranze, l’inquietudine e l’ansia di modelli di vita alternativa a quelli noti e sperimentati e in definitiva un senso di insicurezza”.
Cos’è questo “nuovo” che si va cercando? Per lo più si guarda a qualcosa che è fuori dell’uomo: una nuova politica, nuovi rapporti fra le classi sociali e le nazioni, nuove strutture economico-sociali, nuove conquiste della scienza e della tecnologia, ecc. Questa ricerca del nuovo è non solo legittima ma doverosa. L’uomo è perfettibile, ed è giusto che impieghi le sue risorse, che in ultima analisi risalgono a Dio Creatore e a Cristo che nell’incarnazione e nella redenzione ha “ricapitolato” e restaurato tutte le cose, nello sforzo di migliorare le condizioni della sua esistenza.
“Rinnovarsi nello spirito”
Ma il rinnovamento a cui ci esorta Paolo è un altro: “Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente”. È un tema ricorrente nella parola di Dio. Quante volte preghiamo con Davide pentito del suo peccato: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 50,12). Dio ammonisce il suo popolo per bocca di Ezechiele: “Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (18,31). Se vogliamo fare in noi e nel mondo qualcosa di realmente nuovo, dobbiamo cominciare dall’interno. Ognuno di noi porta in sé “l’uomo vecchio…, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici”.
Verità di sempre. Se norma della vita è assecondare tutti gli istinti del guadagno, del potere, del sesso, è la permissività che non riconosce limiti nella legge morale, è il rifiuto dello sforzo e del sacrificio (“quando eravamo seduti presso la pentola della carne”); se questi sono gli ideali (?) che i genitori propongono ai figli, è illusorio contare su strutture nuove che preparino un domani migliore. Quelli che hanno vissuto i tempi della guerra e del primo dopoguerra sanno per esperienza cosa significa per un popolo affrontare privazioni e disagi per ricostruire sulle rovine. Ma quando ci si adagia sui risultati e la vita comoda diventa l’ideale, e troppa gente non fa che rivendicare diritti di persone e di categorie passando sopra i doveri che costano sacrificio, la società, quali che siano i progressi nel campo tecnologico, rischia di perdere i valori più autentici.
“Rivestire l’uomo nuovo”. Il rinnovamento interiore a cui ci chiama l’apostolo non è in primo luogo opera nostra, frutto del nostro impegno personale. È Dio stesso che dà al suo popolo un cuore nuovo, secondo la promessa fatta a Ezechiele: “Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro” (11,19); “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (36,26).
“Rivestire l’uomo nuovo” consiste nell’accettare il dono di Cristo, nel lasciarsi rivestire e investire da lui vivendo nella fedeltà al nostro battesimo: “Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,27); “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor 5,17). Ma subito Paolo soggiunge: “Tutto questo però viene da Dio”.
Se l’uomo presume di fare da sé rifiutando di accogliere, nella fede, Cristo Salvatore, non è in grado di comprendere se stesso e il suo destino, perché “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo… Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione… Il cristiano, poi, reso conforme all’immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli, riceve “le primizie dello Spirito” (Rm 8,23)” (Gaudium et Spes, 22).
Il cibo “che dura per la vita eterna”
Agli Ebrei che accusavano Mosè e Aronne di averli condotti nel deserto per farli morire di fame, Dio risponde col dono prima della carne e poi d’un cibo misterioso, la manna. Alla folla che ha seguito Gesù nella campagna deserta, il Maestro ha provveduto moltiplicando miracolosamente pani e pesci. Il cibo è quello che ci rinnova ogni giorno, ridonandoci le energie consumate nella fatica quotidiana. Gesù indugerà nello spiegare il significato del miracolo sul piano della vita spirituale ed eterna. Con parole che suonano severe rimprovera la gente: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. E ammonisce: “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna”.
S. Giovanni Crisostomo si domanda: Gesù dunque c’invita all’ozio? E risponde subito di no, riferendosi all’insegnamento e all’esempio di s. Paolo. Poi spiega: Gesù richiama la gerarchia dei valori e il primato dello spirito. Ammonisce anche che nel procurarsi il necessario col lavoro non dobbiamo pensare soltanto a noi stessi, ma ai fratelli bisognosi, nei quali dobbiamo vedere Cristo: “Se uno stando in ozio pensa solo al suo ventre e ai suoi piaceri, questi lavora per il cibo che perisce; se invece uno lavora per dare da mangiare e da bere a Cristo, per vestirlo, nessuno che ragiona e capisce dirà che lavora per un cibo che perisce”.
Mentre giustamente la Chiesa mostra la sua sollecitudine per la promozione dell’uomo, anche nelle sue esigenze fisiche e temporali, nel campo individuale e sociale, non potrà mai dimenticare che l’opera di Dio è “credere in colui che egli ha mandato”; che la vita presente si apre alla vita eterna e Dio ha mandato il suo Figlio “perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,15-16). Per questo il Padre ci “dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. Cristo, Parola vivente del Padre, c’illumina e ci sostiene nel nostro cammino, fino alla risurrezione dell’ultimo giorno: “Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,40).
Cristo, fatto nostro cibo nell’Eucaristia, ci promette: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54).
Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC
ACQUISTA IL LIBRO SU
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 5 Agosto 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Verde
- Es 16, 2-4. 12-15; Sal.77; Ef 4, 17. 20-24; Gv 6, 24-35
Chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,24-35
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Parola del Signore
Fonte: LaSacraBibbia.net
LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO