La tradizione sinottica è concorde nel riportare questo episodio di Gesù con i suoi. La madre e i fratelli (o “cugini”, appartenenti allo stesso clan familiare, legati a lui da legami di sangue) stanno “fuori” e cercano Gesù.
E Gesù, avvisato di questa presenza che mette in questione la sua stessa identità, pronuncia delle parole su chi siano le persone a lui più vicine: non esprime una caratteristica già acquisita o data per assodata, ma dischiude un cammino, apre una strada, propone un “divenire” insieme nell’essere ascoltatori e “facitori” della parola di Dio (cf. Lc 8,21), della volontà di Dio (cf. Mc 3,35).
Gesù riconosce un senso di appartenenza più profondo e più ampio volgendo lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno in cerchio (cf. Mc 3,34), tendendo la mano sui suoi discepoli (cf. Mt 12,49): indica, mostra e accoglie coloro che gli stanno accanto, che siedono ad ascoltare la sua parola, che lo seguono.
Gesù può riconoscere come “fratello, sorella e madre” chiunque faccia la volontà del Padre suo che è nei cieli. C’è un senso di appartenenza legato a una volontà da compiere, portare a pienezza, non però come sforzo volontaristico, non come prova di resistenza, non come capacità di indovinare la volontà di Dio o di riconoscerla in ogni fatto che viviamo come ineluttabile disegno divino calato dall’alto, come prigione opprimente in cui tutto è già prestabilito.
C’è una necessità e un’urgenza di “fare”, come leggiamo in modo chiaro nel primo vangelo. Gesù infatti aveva già detto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Perché se non si cerca di far diventare realtà la volontà del Padre – per ciascuno di noi e per tutti – si rischia di diventare “operatori di iniquità” (Mt 7,23). Per questo, continua Gesù, “chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia” (Mt 7,24-25).
Occorre tuttavia intendere bene cosa sia questa “volontà”. Innanzitutto Gesù dice che è “la volontà del Padre mio che è nei cieli”. È volontà di Dio che ci è Padre. Dunque è desiderio di bene, perché un padre non può che cercare, volere, anelare il bene per i propri figli, per chiunque si riconosca come figlio e accolga gli altri come fratelli.
Sappiamo cercare di riconoscere la “volontà del Padre” come desiderio di bene per noi oggi?
Il Dio che ci è Padre desidera per noi un bene grande: essere vicino a noi, essere con noi. Dio attende che noi ci avviciniamo per stare con lui ed essere, nel nostro quotidiano, riconosciuti da Gesù come “fratello, sorella e madre”.
Dio riscalda la nostra capacità di desiderare, di invocare ogni giorno che avvenga la sua volontà, come domandiamo nel Padre nostro (cf. Mt 6,10).
Il nostro desiderio sia riconoscere e aderire al desiderio di vita che Dio ha per noi!
sorella Silvia della comunità monastica di Bose
Mt 12, 46-50
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre Gesù parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli.
Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti».
Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?».
Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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