Il commento alle Letture di domenica 3 giugno 2018, a cura di don Domenico Bruno.
Il punto di incontro tra Dio e l’uomo (Corpus Domini)
Ogni uomo in caso di pericolo cerca un punto sicuro dove incontrare la sicurezza. Spesso in quel posto vi si radunano di seguito molte persone.
Dio sapeva che l’uomo è in pericolo e offre un punto di incontro favorevole a tutti. È l’unico luogo in cui anche l’infinito entra. È la realtà più sublime dove l’eterno si manifesta nel tempo e se lo vivi bene vorresti che quel momento non finisse mai. È l’Eucarestia.
Nella celebrazione eucaristica il tempo e lo spazio non esistono, il Dio infinito e l’uomo finito si fondono… verrebbe quasi voglia di cantare quella mitica canzone che dice:
“quando sei qui con me,
questa stanza non ha più pareti,
ma alberi,
alberi infiniti”
È la storia di un amore che si sente sollevare verso l’alto… È Dio che incontra l’uomo e gli permette di elevarsi ad altezze infinite, impossibili all’umanità limitata, ma certamente possibili a colui che ama l’uomo e non si accontenta di lasciarlo alla finitezza umana.
Il punto di incontro diventa il luogo in cui ti senti sicuro, non incontri solo gli altri, ma incontri l’Altro, Gesù che chiede espressamente: prendetemi e mangiatemi, lasciate che questo pane alimenti il vostro corpo e si trasformi in energia; fate in modo che questa energia si sprechi per opere nobili, per vivere veramente!
Quante forze sprechiamo per niente! Quanto tempo perdiamo a incontrare gente che non rivedremo mai più… quante possibilità ci lasciamo sfuggire per elevarci misticamente preferendo le realtà mondane che appena terminano non lasciano che un ricordo blando!
Gesù ci ha donato il suo corpo e con esso una delle pratiche più belle e intense: prendere Lui e mangiarlo, ovvero portarlo alla bocca, in latino ad-os da cui “adorare”, che si traduce fattivamente col contemplare, in latino cum-templum, cioè fissare lo spazio del cielo infinito per osservare il volo degli uccelli pensando alla loro libertà, al loro saper sfuggire dal pericolo.
«Prendete questo è il mio corpo» (Mc 14,12-16.22-26). Gesù non lascia un simbolo, lascia tutto se stesso nelle nostre mani perché noi sappiamo portarli dentro di noi e ci lasciamo trasformare per diventare migliori di quello che siamo.
Tutti siamo chiamati a cambiare vita, per vivere la vita vera, quella che ti permette di alzare gli occhi e contemplare il cielo scrutando la sua presenza che è già dentro di te.
Per il Signore nulla è più prezioso della tuta vita, tanto da lasciare se stesso perché guardando a Lui elevato e mangiandolo possa trasformare la tua esistenza… e permetterti non solo di incontrarlo, ma di essere come Lui!
- Troppe false luci mi distraggono dall’esperienza di contemplazione. Come si chiamano?
- Cosa impedisce al mio sguardo di vedere Gesù nell’Eucarestia?
- Pur sentendomi in pericolo, irrequieto, anzichè cercare la pace in Dio, cerco la frenesia altrove. Perché?