Ufficio Catechistico Diocesano – Savona
Catechesi sul Credo
Conversazione di don Claudio Doglio
— 24 novembre 2013 —
Nell’incontro di oggi vorrei proporvi di riflettere sul Credo, inteso come il Simbolo della fede, partendo proprio dalla tradizione della Chiesa antica che prevedeva un momento importante nella iniziazione cristiana: la Traditio Symboli, cioè consegna del Simbolo della fede.
L’iniziazione cristiana è il momento in cui la comunità accoglie e prepara una persona a vivere da cristiano. Uno che non è cristiano chiede di entrare a far parte della comunità e la comunità – attraverso qualcuno che è competente e delegato a questo – lo accompagna per poterlo inserire nel gruppo cristiano, per poterlo iniziare ai santi misteri.
È una terminologia tecnica che il mondo antico cristiano ha ereditato dal linguaggio dei misteri greci, riti particolari, segreti, con cui alcune persone venivano inserite in gruppi particolarmente religiosi con delle possibilità, dicevano, di avere dei grandi benefici.
Questo linguaggio dei misteri ellenistici è stato adoperato dai padri della Chiesa ed è stato applicato al cammino catechistico, al cammino di formazione, perché la persona esterna alla Chiesa per entrare nella comunità ha bisogno di un cammino di accompagnamento per iniziare a vivere il mistero; non semplicemente per compiere un ministero, ma per vivere un mistero. Sono termini tecnici greci che però noi adoperiamo abitualmente.
Mistero e ministero
Proviamo allora a distinguer tra ministero e mistero.
Il mistero è il progetto segreto di Dio. Non dite mai che il mistero è una cosa che non si capisce, non usate questa parola, quando non sapete più rispondere ai ragazzi, dicendo:
―Eh! È un mistero. Non bisogna farlo. Il mistero nascosto ora è rivelato, il mistero è il progetto di Dio. Che Dio sia superiore a ogni piena comprensione umana è logico, ma quello che è importante e utile è stato rivelato e ora è conosciuto.
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Una infinità di cose che riguardano la nostra vita noi non le sappiamo; pochi di noi saprebbero spiegare come avviene la digestione, quali procedimenti chimici avvengono dopo l’ingestione del cibo, ma non c’è bisogno di conoscerli per digerire. È un mistero anche quello solo perché non lo sai spiegare, perché ti mancano i concetti? Ma quando sai delle regole di chimica cosa hai spiegato di più? È forse quello che ti interessa? Se non riesci a digerire, ti serve di più sapere i procedimenti chimici o digerire? Se ti compri un libro di chimica e di gastroenterologia pensi di digerire meglio? Forse… non digerisci nemmeno il libro! La soluzione è un’altra: si prende qualche cosa che aiuta a digerire ed è molto più utile che studiare la chimica e spiegare come funziona il processo della digestione.
Il mistero di Dio è la sua natura, la sua persona, la sua relazione con noi; questo ci è stato rivelato o, meglio, Dio si è rivelato, Dio si è fatto conoscere: Dio è così e coloro che accolgono il Dio rivelato da Gesù Cristo entrano in relazione con lui, sono con lui.
Vivere il mistero vuol dire essere in relazione con una Persona, mentre fare un ministero equivale invece a svolgere un servizio, fare delle cose. Purtroppo abitualmente ci siamo accontentati di fare dei servizi: servizi liturgici, servizi catechistici, servizi caritativi; questi sono i tre grandi àmbiti nel fare qualcosa.
L’importante però è l’essere e su questo rischiamo di essere deficitari, se non deficienti, cioè mancanti. È importante crescere nell’essere, nell’essere in relazione con il Signore.
L’iniziazione al mistero è un cammino di crescita nell’essere che si manifesta poi nell’agire, nel fare dei ministeri. Il nostro compito catechistico riguarda anzitutto questa dimensione dell’essere.
La trasmissione della fede
Nella Chiesa cristiana antica l’iniziazione avveniva con gli adulti, erano infatti gli adulti che chiedevano di diventare cristiani. Il discorso con gli adulti era in parte più difficile e in parte più facile, perché si parlava da adulti ad adulti e si parlava a persone che avevano già maturato una scelta: chiedevano infatti il battesimo persone già convinte, disponibili e interessate. Lentamente, quando si è creato il tessuto sociale totalmente cristiano, poco per volta si è cominciato a fare questo cammino di iniziazione con bambini sempre più giovani fino ad arrivare al battesimo dei neonati e in una situazione di fede diffusa questa consuetudine funzionava.
Noi ora però siamo un un’epoca di passaggio: non è ancora finito il vecchio schema e non riesce a iniziare nessun nuovo schema; siamo quindi in difficoltà come in tutte le epoche di passaggio. Viviamo infatti lo schema di una società che non c’è più e non riusciamo a progettare e a proporre qualcosa di nuovo perché non c’è ancora una situazione nuova. In fondo riusciamo ancora ad andare avanti così e quindi il discorso dell’iniziare all’essere partecipi del mistero con i nostri ragazzi delle elementari o delle medie è un discorso assurdo che non funziona: sembra di parlare a dei marziani.
Effettivamente è così per cui dobbiamo avere ben chiare le idee noi e cercare di proporre qualcosa che possa essere nella linea corretta ed efficace: far fare una buona esperienza di Chiesa, cioè far sperimentare una realtà di persone che vivono in buona relazione e trasmettere gli elementi essenziali.
Nella iniziazione antica elemento essenziale era il Simbolo della fede, quello che chiamiamo il Credo, detto Simbolo perché, in forza della etimologia greca della parola, significava la tessera di riconoscimento, come avere l’iscrizione ufficiale a una realtà.
Coloro che hanno il Simbolo della fede sono appartenenti a quel popolo, a quel corpo, sono parte del tempio. Era perciò un elemento importante la consegna del Simbolo che non avveniva materialmente consegnando un foglio di carta con il Credo scritto sopra, ma avveniva attraverso la testimonianza da persona a persona. Si consegna una tradizione parlando da persona a persona.
La catechesi era per gli antichi cristiani Traditio Symboli, cioè trasmissione del Credo.
In che cosa crediamo noi cristiani? Te lo trasmetto, te lo consegno, te lo dico. Il punto nodale della nostra catechesi oggi è la trasmissione della fede, non semplicemente di alcune abitudini o la preparazione a certi riti, ma è trasmettere la fede: questo è il punto principale e cruciale, cruciale perché è difficile.
Le difficoltà di oggi
Si tratta quindi di trasmettere alle nuove generazioni la fede dei padri, ecco perché insistiamo sul discorso familiare, perché la trasmissione della fede avviene in famiglia e se non avviene non avviene. Il punto è qui. È necessario ridircelo ed esserne consapevoli, perché di fatto non avviene e non avviene perché si è rotto il meccanismo della trasmissione familiare. Vuol dire che ognuno ricomincia da zero.
Senza una trasmissione in famiglia la fede diventa un po’ come imparare una lingua nuova. Tutti da bambini imparano molto facilmente a parlare, direi in modo naturale: apprendono la lingua dai genitori senza fatica e… la imparano più o meno bene secondo come la parlano i genitori. Se invece i bambini devono apprendere un cammino di fede fuori dalla famiglia per loro è difficile come conoscere una lingua nuova, una seconda lingua e la cosa… è molto più difficile e faticosa.
Inoltre, la situazione sociale e familiare di oggi molto spesso è caratterizzata da un impegno lavorativo da parte di entrambi i genitori per cui i bambini sono assistiti da persone estranee alla famiglia, a volte ormai anche di nazionalità e religione diversa e assolutamente non interessate a una formazione religiosa. Ecco allora che viene a mancare ulteriormente ogni forma di educazione religiosa tradizionale, familiare.
Anche quel grande lavoro di tradizione, cioè trasmissione, culturale e religiosa che per secoli ha avuto come protagonisti i nonni – grandi custodi, serbatoi della tradizione, la nonna in modo particolare – oggi rischia di venire a mancare, a ulteriore danno di una trasmissione ―ereditaria della fede.
È un problema molto serio perché noi preti battezziamo i bambini sulla fede dei genitori. Nella grande maggioranza dei casi ci accorgiamo però che la fede dei genitori non c’è e battezziamo il bambino ugualmente perché il bambino non ne può nulla e quindi è giusto che celebriamo il sacramento. Le varie teologie si scontrano fra di loro: è giusto che lo celebriamo e lo celebriamo perché siamo ancora convinti che qualcosa poi succeda.
Di fatto queste nostre celebrazioni rituali non producono degli effetti esistenziali, lo vediamo con chiara evidenza con la Cresima dove, da una domenica all’altra, l’accoglienza del sacramento e la venuta dello Spirito Santo fa finire tutto. Lo sappiamo, continuiamo a ripetercelo, ci lamentiamo un po’ e alla fine… alla fine continuiamo a lamentarci.
Dobbiamo avere chiaro che l’obiettivo è trasmettere la fede, non avere i ragazzi in parrocchia, perché i gruppi del post-cresima in molti casi sono il tentativo di tenere dei ragazzi all’ombra del campanile: se restano lì sembra che restino, se invece vanno là non ci sono più.
Il problema è la fede, è l’essere, perché è possibile che ci siano dei ragazzi che ruotano intorno alle nostre strutture, ma la fede non è cresciuta o forse non c’è del tutto e restano finché non trovano niente di meglio. Ci accorgiamo anche di come sia difficile, addirittura nelle famiglie cristiane, buone, convinte, praticanti, trasmettere la fede. Quelle che non hanno fede non riescono a trasmetterla e molte che ce l’hanno non riescono ugualmente a trasmetterla: hanno insegnato bene ai figli, hanno dato l’esempio, ma… i figli si allontanano. È un dato di fatto, ci stiamo avviando a una società in cui saranno gli adulti a ricominciare da zero e a fare le loro scelte, dove ognuno riparte dalla scoperta del Cristo e non vivendo di rendita in base a quello che ha già ricevuto la famiglia. Non siamo però ancora in questa fase dove è normale, condiviso da tutti, che la scelta sia degli adulti: siamo in una fase ibrida e la fase confusa porta delle confusioni.
I sussidi del catechismo
Quello che intento proporvi è quindi di mettere al centro della nostra attenzione catechistica l’elemento della fede come contenuto. D’accordo, la fede è relazione, la fede è esperienza di incontro con una persona, è adesione personale alla persona di Gesù Cristo e attraverso di lui con Dio Padre e Dio Spirito; questa esperienza di incontro personale ha però bisogno di contenuti.
La consegna del Credo è uno dei compiti fondamentali della catechesi. La consegna inizia con il presentare il testo e farlo studiare a memoria, elemento semplicissimo, ma un po’ trascurato. La consegna viene fatta da uno che lo sa ad un altro che lo impara e quando lo ha imparato lo sa. Saperlo non è però assolutamente sufficiente, ma è la prima fase: leggere un testo e conoscerlo.
Il catechismo cristiano parte dal Credo; il Catechismo della Chiesa Cattolica, che vi invito ad avere come punto di riferimento, inizia con la presentazione analitica del Credo. È lo schema di fondo, lì c’è tutto ciò che è importante, ci sono le realtà di fondo, le pietre fondamentali su cui si costruisce tutto il resto.
Ho l’impressione che ultimamente i sussidi per il catechismo siano divenuti sempre meno utilizzati; continuano a essere proposti i catechismi della CEI, ma pochissimi sono i gruppi che li adoperano. Le librerie se ne accorgono perché non ne vendono più, quindi le nuove generazioni non hanno comperato il catechismo. Il rischio è però che non si abbia niente e se non si ha nessun oggetto concreto di riferimento – inteso come libro, come testo scritto – solo l’esperienza di incontro, di gioco, di parole, è poco e non lascia il segno.
Non è nemmeno consigliabile moltiplicare gli strumenti ―usa e getta; usiamo infatti tantissime fotocopie, foglietti dati e buttati via continuamente: è un po’ il frutto della nostra mentalità, ma alla fine non resta nulla.
È invece necessario qualcosa anche che resti e quindi dei testi di riferimento sono importanti. Al di là del libro del catechismo noi abbiamo un testo – che è appunto quello del Credo – che la Chiesa ci ha proposto come elemento basilare.
Per qual motivo in tutte le domeniche dell’anno e in tutte le feste la liturgia prevede che lo diciamo tutti insieme? Perché ce lo fa ripetere a Natale, a Pasqua, in Quaresima, in Avvento, sempre e sempre lo stesso? Perché è fondamentale ed è un elemento utilissimo di comunione ecclesiale, perché è lo strumento ecumenico privilegiato con cui siamo in accordo con i fratelli ortodossi e con i fratelli protestanti. In tante altre cose non siamo d’accordo, ma su questa sì, questa è la base comune indispensabile. Cominciamo allora a partire dagli elementi essenziali, importanti.
Proviamo a ragionare su come trasmettere il Simbolo della fede.
Il segno della croce
L’impostazione del nostro catechismo coinvolge i ragazzi e i genitori aiutando gli uni e gli altri a capire come trasmettere la fede, ma non una fede generica, bensì la fede cristiana nel Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il Credo ha forma trinitaria, l’unità e la trinità di Dio costituisce il mistero fondamentale della nostra fede e il secondo mistero è l’incarnazione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo presente al centro del Credo: il Padre, il Figlio e lo Spirito; la parte del Figlio, molto più ampia, è incentrata sul mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione.
Se tutta questa conoscenza poteva essere data per scontata fino all’altro giorno, oggi deve essere ripresa e valorizzata. Per trasmettere la fede non possiamo nemmeno cominciare a parlare degli elementi accessori, delle piccolezze, dobbiamo invece puntare sull’essenziale, su ciò che è importante e fondamentale e per una fede cristiana autentica e matura è essenziale l’esperienza di Gesù Cristo e delle tre Persone divine, non però come questione teologica dogmatica di distinzioni, di spiegazioni, di elucubrazioni, ma attraverso una esperienza concreta di comunione tra Persone. Dio è una comunità di Persone uguali, ma distinte, in perfetta unione fra di loro.
Il segno della croce, inteso come segno cristiano fondamentale, mette insieme proprio queste due verità basilari: la croce come morte e risurrezione di Gesù Cristo e il riferimento al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, un gesto concretamente legato alla testa, al cuore e alle spalle: mani, pensiero, sentimento, azione, tutta la persona viene coinvolta.
Insegnare a fare il segno della croce, farlo bene, capendo tutto quello che comporta, è il primo passo della iniziazione cristiana. Molti catechisti si lamentano del fatto che i bambini non sanno nemmeno farsi il segno della croce: è il segno che la fede non sta passando, ma il nostro lavoro è proprio quello; visto che non glielo ha insegnato nessuno dobbiamo insegnarglielo noi. Eravamo abituati forse a trovare già il lavoro fatto e noi dovevamo semplicemente correggere qualcosa; dobbiamo invece entrare nell’ordine di idee che bisogna ricominciare da zero e questo è difficile perché non siamo preparati a ricominciare da zero, dobbiamo quindi prepararci. Che cosa mettiamo come fondamenta? Come costruiamo per partire da zero? Il Credo.
Così facevano i nostri padri quando iniziavano alla fede persone completamente digiune, che non avevano mai visto una chiesa, non avevano mai letto la Bibbia, non sapevano niente: cominciavano da ciò che è fondamentale.
Il segno della croce è un gesto elementare, ma che racchiude i due elementi principali e su questo dobbiamo lavorare.
Il catechismo attribuito a san Pio X – di fatto semplicemente adottato da lui per la diocesi di Roma, poi divenuto famoso tra l’altro per un breve arco di tempo – iniziava con la domanda: ―Chi è Dio? e la risposta era poco cristiana.
La risposta: ―l’Essere perfettissimo va bene anche per gli islamici. Era un discorso di apertura interreligiosa (!), perché andrebbe bene anche per gli animisti e per gli indù, tranquillamente; non è però una risposta cristiana.
La base di partenza: il Credo
Il Dio rivelato da Gesù è Padre, Figlio e Spirito. Noi conosciamo Dio attraverso la rivelazione di Gesù Cristo e Gesù Cristo ha rivelato se stesso come il Figlio, ha fatto conoscere Dio come il Padre e ha fatto conoscere lo Spirito che viene donato.
Poi, nei primi secoli, i padri della Chiesa hanno elaborato queste formule. Il Simbolo che adoperiamo abitualmente nella messa è stato scritto in partenza al Concilio di Nicea nell’anno 325 e poi rielaborato con alcune aggiunte nel Secondo Concilio Ecumenico a Costantinopoli del 381 per cui si chiama, con un termine lungo e difficile, Simbolo Niceno- costantinopolitano. È il testo che tutte le chiese ortodosse, cattoliche, anglicane, protestanti varie adoperano nella liturgia, è il testo antico, è la tradizione dei padri che si è fissata dopo lunghe discussioni e tante riflessioni su ciò che era ritenuto più importante.
È una vita che lo ripetiamo durante la messa proprio perché l’eucaristia è mistero della fede, che non significa: è una cosa che non capisco ma accetto lo stesso; è invece il progetto di Dio che accolgo con gioiosa gratitudine.
Alla proclamazione ―mistero della fede l’assemblea infatti risponde: ―Annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua risurrezione e aspettiamo la tua venuta nella gloria che è il centro del mistero pasquale, centro del Credo. Questo è il mistero della fede; il nostro essere in relazione con Gesù Cristo parte di lì e il sacramento è sacramento della fede.
L’eucaristia è sacramento della fede, è un segno della nostra fede e lo strumento che ci permette di nutrirci di Gesù stesso, oggetto e nello stesso tempo soggetto della stessa fede per cui è indispensabile professare la fede.
Nel rito ambrosiano, in uso nella diocesi di Milano, il Credo è spostato un po’ in avanti, non si dice subito dopo l’omelia come facciamo noi, ma dopo l’offertorio, dopo che sono state presentate le offerte all’altare e si è fatta l’elevazione con l’offerta al Signore. A questo punto, prima di andare avanti, cioè iniziare la preghiera eucaristica che è il centro, il celebrante dice ―Rinnoviamo la fede. L’Eucaristia è il sacramento dei credenti, i non battezzati devono uscire, fuori i catecumeni; ai misteri partecipano solo i battezzati, solo i credenti – questo è lo schema antico – e i credenti adesso mostrino la loro tessera; hanno ricevuto il documento, lo restituiscano. Restituire vuol dire recitare, professare, dire apertamente. A quel punto si può procedere con la celebrazione, perché i partecipanti condividono la stessa fede.
Il rito lo continuiamo a fare senza problema, la parte rituale ci riesce ancora bene e se vogliamo riusciamo anche a fare qualche gesto con i ragazzi; in qualche occasione consegnare il Credo come immaginetta è un segno di tradizione della fede.
Io l’ho fatto quest’oggi, festa di Cristo Re, durante la celebrazione eucaristica. Abbiamo infatti adottato questo procedimento: i ragazzi che riceveranno la Cresima alla fine dell’anno prossimo, nell’ultima domenica del Tempo Ordinario hanno ricevuto il Simbolo della fede. Aiutati dai catechisti faranno tesoro del nostro patrimonio e, a Pentecoste dell’anno prossimo, lo restituiranno. Quindi: da Cristo Re a Pentecoste è racchiuso praticamente tutto l’anno liturgico, sintesi dell’intero cammino di fede; all’inizio dell’Avvento dell’anno prossimo riceveranno il sacramento della Confermazione.
Schemi di questo tipo possono essere molteplici; ma non c’è nessuna soluzione tecnica che funzioni, non è il rito che serve; queste cose le possiamo fare, ma trasmettere la fede è molto di più.
Non illudetevi quindi che con qualche gesto rituale risolviate i problemi. È bene farli, perché aiutano anche quelli, devono essere fatti in modo che aiutino, però il lavoro importante è la testimonianza personale da persona a persona. Il catechista è un credente e si impegna a trasmettere la propria fede, non le proprie idee, i propri gusti, i propri stili, ma a trasmette la fede della Chiesa.
Nelle nostre celebrazioni liturgiche c’è anche un altro Simbolo che è detto Apostolico. Era tipico della chiesa di Roma, mentre l’altro è più orientale, legato ai due Concili avvenuti in oriente; il Simbolo degli Apostoli, quello più breve, era tipico di Roma ed è stato conservato nella liturgia per il battesimo, dove spesso è usato nella forma interrogativa: ―Credete in Dio Padre? Credete in Gesù Cristo suo unico Figlio? Credete nello Spirito Santo?. Sostanzialmente i due Simboli sono uguali, c’è solo qualche minima differenza. Il Simbolo degli Apostoli in più, alla fine, aggiunge alcuni elementi come ―la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna.
Il Simbolo niceno sviluppa grosso modo la stessa idea parlando della Chiesa che è la comunione dei santi e il battesimo per la remissione dei peccati e aggiunge: ―Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Gli elementi essenziali ci sono quindi in tutti e due i testi. Qualche volta nella messa si può adoperare anche il Simbolo Apostolico, lo si consiglia in Quaresima o nel tempo di Pasqua proprio per la natura battesimale di quel periodo dell’anno.
Un’ottima opportunità da considerare: internet
È importante lavorare, nella nostra opera catechistica, sulla possibilità di trasmettere questi contenuti. È chiaro che in questa occasione non posso farvi una presentazione del Credo, ci vogliono ore e ore; se vi interessano ci sono, utilissime, le catechesi del papa.
Ha cominciato papa Benedetto, poi ha interrotto e ha ripreso papa Francesco esattamente dal punto in cui aveva interrotto il suo predecessore. Siamo arrivati, con l’incontro di mercoledì scorso, al tema della remissione dei peccati. Papa Francesco si è dilungato moltissimo sulla Chiesa e per oltre dieci mercoledì ha fatto delle semplici e fondamentali catechesi sulla Chiesa, Popolo di Dio, un’altra volta Corpo di Cristo, un’altra volta Tempio dello Spirito, poi ancora Chiesa come madre, Chiesa come maestra. Poi si è soffermato sulle quattro note: la Chiesa è una, la Chiesa è santa, la Chiesa è cattolica, la Chiesa è apostolica. Ha poi parlato della comunione dei santi, comunione fra le Persone sante e in un’altra occasione comunione alle cose sante, poi ha parlato del Battesimo per la remissione dei peccati. Mercoledì scorso è ritornato sul tema della remissione dei peccati: oltre al Battesimo nella confessione.
Tutti questi interventi del papa si possono facilmente trovare, scaricare e stampare tramite internet all’indirizzo su Google: «vaticano catechesi del papa»; appaiono diversi indirizzi su cui trovare il testo scritto e pure il video si può anche inserire su Google:
www.vatican.va/special/annus_fidei/index_catechesi_annus-fidei_it.htm
Vuol dire che mercoledì per mercoledì, in una ventina di minuti, in un anno ha analizzato, spiegato, meditato tutto il Credo; sono degli ottimi strumenti, degli schemi che possiamo ricuperare. Molto probabilmente quando finirà queste catechesi, usciranno i libri con tutto il suo insegnamento. Internet vi dà la possibilità di averle già adesso; potete raccoglierle e stamparle: sono degli elementi semplici e utilissimi. Non si possono riportare pari pari ai ragazzi, anche se in qualche caso si può fare.
Il linguaggio di papa Francesco è decisamente accessibile, non si tratta di leggere ai ragazzi il testo del papa; è importante che il catechista se lo legga, lo impari bene, lo mastichi, lo rumini, lo assimili, lo faccia diventare suo e poi, senza nemmeno dirlo che è il discorso di papa Francesco, lo faccia come suo, perché a quel punto è diventato suo; in questo modo è la Chiesa che parla. Quello era uno strumento per chiarirmi le idee, per avere io le idee chiare; una volta che le ho chiare poi le trasmetto.
Non si può in una lezione, in un incontro, pretendere di spiegare tutto il Credo, ma lentamente il catechista parlerà ai ragazzi della paternità di Dio, della potenza di Dio, della creazione di tutto, delle cose visibili e invisibili, che Gesù è il Cristo, che è il Signore, che è nato dal Padre prima di tutti i secoli, che è Dio, ma si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza, che è morto, che è risorto, che è disceso agli inferi, che è salito al cielo, che siede alla destra del Padre, che verrà di nuovo a giudicare e il suo regno non avrà fine.
Ogni espressione contiene il tema di un incontro e lentamente, tramite il nostro afflato, la nostra convinzione, il nostro coinvolgimento, noi trasmettiamo il contenuto della fede.
La fede come risposta personale dipende da chi ascolta, non è una cosa; io vi posso trasmettere un oggetto, vi posso dare una penna da usare per scrivere, ma non vi posso dare quello che ho studiato io. Posso darti un libro da leggere, ma quello che ho in testa, ce l’ho io e non possono passartelo; tu devi metterci il tuo impegno; così è anche per la fede.
Io non ti posso dare la mia fede, posso dare la mia testimonianza di fede e in base anche alla relazione personale, al coinvolgimento personale si può ottenere certamente qualcosa.
Di fronte a una testimonianza fredda, indifferente, banale, non c’è coinvolgimento. Se il catechista non è convinto il ragazzo lo percepisce subito; se si trasmettono semplicemente dei concetti che non sono condivisi non passa niente. Noi non dobbiamo condividere delle regole di matematica o di latino, che in fondo non toccano nemmeno i professori di matematica o di latino; uno insegna quelle regole perché deve insegnarle: è così, la regola dice così e si fa così! Noi parliamo invece di cose che toccano la vita, molte obiezioni dei ragazzi sono anche le nostre e spesso non sappiamo rispondere ai ragazzi perché non abbiamo saputo rispondere a noi.
Diventa quindi uno stimolo per chiarire: ecco il Catechismo della Chiesa Cattolica che può essere uno strumento utilissimo per noi. Non sognatevi però di usarlo con i ragazzi, neanche dirlo che c’è, è un discorso da grandi.
Catechismi diversi per realtà differenti
Pensate alla evoluzione ecclesiale del Credo!
I Concili antichi avevano scritto il catechismo per il popolo, in fondo erano questi testi del Simbolo.
Il Concilio di Trento del XVI secolo pubblicò il catechismo per i parroci – Catechismus ad parochos – detto anche Catechismo tridentino o Catechismo romano: è un testo rivolto ai sacerdoti (ad parochos) che aveva lo scopo di fornire un manuale autorevole che fosse base per gli insegnamenti dei sacerdoti ai fedeli laici e che contribuisse ad affermare la dottrina cattolica contro la riforma protestante. I parroci, dopo averlo studiato loro in latino, alla domenica a vespro erano tenuti a insegnarlo al popolo; questa prassi è andata avanti fino a qualche anno fa. Alcuni di voi lo ricordano ancora.
Il Concilio Vaticano II invece ha fatto il Catechismo per i vescovi, quindi il livello di formazione sale sempre più! Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) è indirizzato infatti ai vescovi, è per i vescovi di tutto il mondo, perché ne tengano conto nella stesura dei catechismi nazionali.
La Conferenza Episcopale Italiana poi ha elaborato una serie di catechismi per i cristiani che vivono oggi in Italia: per i bambini in età pre-scolare fino agli adulti, sono i catechismi della Chiesa italiana, compreso il catechismo degli adulti che è lo strumento di formazione degli adulti cristiani.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica è un repertorio ufficiale che serve per i vescovi che elaborano questi testi per il popolo e quindi, semmai, se dobbiamo leggere un testo, conviene leggere il catechismo degli adulti: La verità vi farà liberi. Quello è il testo per gli adulti che vogliono crescere nella fede.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica è una specie di vocabolario o di dizionario dove ci sono i principi fondamentali e allora, quando si vuole chiarire qualche aspetto per avere l’indicazione ufficiale del magistero della Chiesa, si ricorre a quello per avere le idee chiare. Stiamo attenti a non dire diversamente da quello che insegna la Chiesa. Ma poi, come dirlo, è questione di cultura locale e saranno gli italiani o i polinesiani a tradurre quei principi generali nella loro cultura, nella loro situazione, nella loro epoca, sempre sotto la guida del vescovo, il depositario ufficiale della tradizione.
Noi possiamo avere un vantaggio dallo studio di questi testi e una prima base per approfondire la nostra fede di catechisti è avere ben chiaro il Credo per trasmetterlo nei suoi particolari, nella sua totalità. Lo si spiega parola per parola, ma lo si conserva nella sua globalità e lo si inserisce nella vita, perché ogni affermazione ha un risvolto esistenziale ed è importante anche chiarire quello.
Non vi ho proposto un rimedio che risolva i problemi, non è questo che garantirà la trasmissione della fede alle nuove generazioni, ma è il riferimento a questo Simbolo della fede che ci permette di impegnarci correttamente a trasmetterla. Ci vuole la nostra fede, il nostro impegno, il nostro servizio; l’aiuto di Dio accompagna tutto questo, la grazia dello Spirito illumina noi e loro e l’impegno che vogliamo metterci è proprio quello della trasmissione: ―Vi trasmetto quello che a mia volta ho ricevuto.
La Scrittura la conosco e la medito alla luce del Credo; tutto quello che trovo nel Credo è ripreso dalla Scrittura ed è una sintesi mirabile, ma per non perdermi in cose marginali senza la struttura essenziale, è bene che io abbia chiara questa intelaiatura. È uno scheletro, è la struttura di base, il Credo è il fondamento, su questo costruiamo tutto il resto.
Termino con una affermazione che può sembrarvi strana, o quasi rivoluzionaria. Ad un ragazzo, digiuno di educazione cristiana, è meglio insegnare il Credo ancor prima del Padre nostro e dell’Ave Maria. Le preghiere infatti si spiegano e comprendono meglio alla luce del Credo: ciò che importa di più è ciò che Dio ha fatto per noi. Accogliendo la rivelazione del nostro Dio — Padre, Figlio e Spirito Santo — noi lo possiamo pregare con fiducia e, poi, vivere di conseguenza.
Buon cammino di fede!
CREDO APOSTOLICO
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente; di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cristiana, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione dei morti, la vita eterna. Amen. |
Credo in Deum, Patrem omnipotèntem, Creatòrem coeli et terrae. Et in Jesum Christum, Filium ejus ùnicum, Dòminum nostrum, qui concèptus est de Spìritu Sancto, natus ex Marìa Vìrgine, passus sub Pòntio Pilàto, crucifìxus, mòrtuus, et sepùltus: descèndit ad ìnferos: tèrtia die resurrèxit a mòrtuis: ascèndit ad coelos, sedet ad dèxteram Dei Patris omnipotèntis: inde ventùrus est judicàre vivos et mòrtuos. Credo in Spìritum Sanctum, sanctam Ecclèsiam cathòlicam, sanctòrum communiònem, remissiònem peccatòrum, carnis resurrectiònem, vitam aetèrnam. Amen. |
CREDO NICENO-COSTANTINOPOLITANO
Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen |
Credo in unum Deum, Patrem omnipotèntem, factòrem caeli et terrae, visibìlium òmnium et invisibìlium. Et in unum Dòminum Iesum Christum, Fìlium Dei unigènitum, et ex Patre natum ante òmnia saècula. Deum de Deo, lumen de lùmine, Deum verum de Deo vero, gènitum, non factum, consubstantiàlem Patri: per quem òmnia facta sunt. Qui propter nos hòmines et propter nostram salùtem descèndit de caelis, et incarnàtus est de Spìritu Sancto ex Marìa Vìrgine, et homo factus est. Crucifìxus ètiam pro nobis sub Pòntio Pilàot; passus et sepùltus est, et resurrèxit tèrtia die, secùndum Scriptùras,
et ascèndit in caelum, sedet ad dèxteram Patris. Et ìterum ventùrus est cum glòria, iudicàre vivos et mòrtuos, cùius regni non erit finis. Credo in Spìritum Sanctum, Dòminum et vivificàntem: qui ex Patre Filiòque procèdit. Qui cum Patre et Fìlio simul adoràtur et conglorificàtur: qui locùtus est per prophètas. Et unam, sanctam, cathòlicam et apostòlicam Ecclèsiam. Confìteor unum baptìsma in remissiònem peccatòrum. Et exspècto resurrectiònem mortuòrum, et vitam ventùri saèculi. Amen. |
Trascrizione dalla registrazione a cura di Riccardo Becchi