Racconto della Leggenda della Vera Croce

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«C’era una volta… – un Re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno» La leggenda più conosciuta al mondo inizia così, ed è la storia di un pezzo di legno, il legno più caro a ogni cristiano, la Croce di Gesù. Da dove veniva, come si perse e come si ritrovò?

La leggenda della vera Croce, tramandata dal francescano
Jacopo da Varagine che la trascrisse nel XIII secolo.

Si racconta che un tempo lontano Adamo, il primo uomo, si ammalò. Il figlio Seth, dopo un lungo cammino, arriva alle porte del Paradiso per chiedere la grazia della guarigione del padre. L’arcangelo Michele gli appare e dà a Seth un semplice ramoscello proveniente dall’albero del Paradiso Terrestre, quello del peccato originale, così dicendo: «Tuo padre guarirà quando questo ramo farà i suoi frutti». Colpito dal mistero di quelle parole Seth riprende la strada del ritorno, ma trova il padre ormai morto.

Seth non aveva esitato, da buon figlio, a compiere un lungo e tormentato cammino per ottenere la guarigione del Padre. La pietà del figlio pianta il ramoscello ricevuto in Paradiso sulla tomba del padre. Un atto semplice, ma sacro. Un segno, un pezzo di legno, destinato a vivere. Ben presto il ramo diverrà un albero…

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Gli anni, molti anni, sono passati e il ramoscello lo ritroviamo albero vigoroso e fronzuto. Siamo sotto il regno di Re Salomone, intento alla costruzione del Tempio, a gloria di Dio, del popolo d’Israele, e sua propria. Salomone fa abbattere il nostro albero per usarlo nel suo cantiere. La leggenda ci tramanda che a quest’albero non si riusciva, in alcun modo, a trovargli un posto adatto: ora pareva troppo lungo ed ora troppo corto: infatti se gli operai ne tagliavano un pezzo per dargli la giusta misura era troppo lungo e, appena riprese le misure, ecco che diveniva troppo corto. Alla fine, gli operai perdono la pazienza e lo gettano su di un lago per fare da ponte.

La Croce non è mai comoda: ognuno vorrebbe adattarla alle proprie esigenze, piegarla ai propri voleri, ma non riesce. Non può asservirla ai suoi fini. E’ piuttosto lei, la Croce, che si pone come problema, a volte scomodo e difficile. Il fasto e la magnificenza non si addicono alla Croce. E’ facile perdere la pazienza e lasciar cadere la croce. Ma Cristo non lascia cadere la sua Croce.

Il “pezzo di legno”, buttato lì dall’impazienza degli operai, assume una funzione importante come passaggio per giungere a Gerusalemme: la Croce sa qual è il suo giusto posto. Un ponte, un passaggio. Un ponte facilita il dialogo, l’unione tra persone altrimenti lontane. La vita stessa è un passaggio. Anche il fastidio degli operai di Salomone, ha un suo posto nel disegno di Dio.

La regina di Saba si reca ad ascoltare la saggezza di Salomone; ma deve attraversare il lago dove l’albero era stato gettato dagli operai. E lì ha una visione: su quel legno sarebbe stato appeso il Salvatore del mondo. Ed ella devotamente si prostra ad adorarlo. la Regina di Saba é una Regina “esotica”, diremmo oggi noi. Personaggio forse esistito nella storia, sicuramente nei testi sacri. Raffigurata simile ad una Madonna…una Regina “bruna ma bella” secondo Il Cantico de’ Cantici. La profezia della Regina di Saba inquieta Salomone: Il Re, preso da inquietudine e paura, ordina allora che quel legno sia seppellito nelle viscere della terra

Altro tempo è passato. Il “pezzo di legno” a un certo punto torna ad essere protagonista. All’avvicinarsi della passione di Cristo il legno emerge dalle profondità della terra.

La terra si muove anche se sembra ferma, e sa serbare i suoi segreti fino al momento in cui è necessario svelarli. Quel pezzo di legno diventa la Croce di Cristo. La Passione è l’anima stessa della leggenda della vera Croce. Mi emoziona considerare il calvario dal punto di vista della Croce, di quel semplice “pezzo di legno”. La mia mente corre lontano, a quell’Uomo sulla croce, a quel sacrificio così scomodo e apparentemente assurdo: il Figlio di Dio che scende tra noi a patire il martirio per la salvezza di tutti.

Dopo la crocifissione, ancora una volta la Croce di Cristo, quel legno viene seppellito da chi lo voleva custodire in segreto e da chi voleva fuggire dal senso di colpa per avere ucciso il Figlio di Dio.

Così, Altri secoli passano fino all’anno 312 quando la notte prima della battaglia contro Massenzio, l’imperatore romano Costantino I ha la visione che porrà fine, anche, alle persecuzioni dei cristiani: vede una Croce luminosa con la scritta “In hoc signo vinces” (in questo segno vincerai).

L’imperatore decide allora di utilizzare la Croce come insegna sugli scudi dei soldati e il suo esercito vinse la battaglia di Ponte Milvio contro chi voleva diventare Imperatore al posto suo.

Costantino decise di inviare la madre Elena a Gerusalemme per cercare la Croce della Crocefissione. Elena, regina e madre di Costantino, giunge a Gerusalemme. Donna tanto energica e volitiva quanto dotata di una religiosità incrollabile, sapeva quel che voleva, diremmo noi oggi. Nel senso che, per quanto ne sappiamo, sapeva ottenere quel che voleva con le buone o con le cattive. Nessuno vuole rivelare il luogo dov’era custodita la croce. Come spesso avviene c’era chi sapeva, chi faceva finta di non sapere, chi aveva dimenticato la ricerca della Croce. Elena non si ferma di fronte alla reticenza e riesce a sapere dov’è seppellita la Croce: sotto un tempio di Venere. Elena fece distruggere il tempio e sotto ritrovò la Croce di Cristo e dei due ladroni crocifissi con lui. E qui arriva un problema. Quale sarà la vera Croce di Gesù?

Nessuno la sa distinguere da quella dei ladroni. Per risolvere il problema Elena fa adagiare un cadavere sulla prima poi sulla seconda Croce e infine sulla terza. Quando il cadavere viene posto sulla terza Croce, di colpo, ecco che torna alla vita e camminando incomincia a esultare. Ecco, la terza Croce è quella di Gesù perché ha ridato la vita. Così la Croce di Cristo da quel giorno non viene più sotterrata ma diventa per tutti il simbolo della vita donata per amore di Gesù che così facendo sconfigge il peccato e la morte per farci risorgere a vita nuova. Ecco quel ramoscello proveniente dall’albero della conoscenza, con Gesù è fiorito e Adamo adesso finalmente può essere guarito.

Si racconta che Elena divise la croce in due parti: ne portò al figlio una parte e l’altra parte la lasciò nel luogo dove l’aveva trovata, racchiusa in custodia di argento. La Croce viene di nuovo nascosta, celata… E il suo destino in qualche modo si ripete.

La parte di Croce portata a Roma è ancora oggi possibile venerarla nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme. Il nome di questa basilica è singolare in quanto la preposizione in significa complemento di stato in luogo, vale a dire che la Basilica si trova in Gerusalemme perché Elena trasportò a Roma la terra di Gerusalemme che venne posta nelle fondamenta della Basilica, quindi costruita sulla terra gerosolimitana. Qui sotto ciò che rimane della Croce di Gesù nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme

Le reliquie della Croce erano inizialmente custodite nella cappella creata nel IV secolo dalla stessa Sant’Elena; nel XVI secolo furono trasferite per permetterne una più adeguata conservazione e nel 1931 trovarono la loro definitiva collocazione nell’attuale Cappella a cui si accede tramite un corridoio che simboleggia un’ideale ascesa al calvario.

Le Sacre Reliquie, poste in preziosi reliquiari realizzati tutti o in parte nel 1800, sono conservate in una teca di cristallo ed esposte così alla venerazione dei fedeli.

A queste reliquie si aggiunsero, per completare la catechesi sulla passione, i frammenti della Grotta della Natività e del S. Sepolcro, la falange del dito di San Tommaso, il Patibolo del Buon Ladrone e due spine provenienti dalla Corona di Gesù.

Nella stessa teca è conservato anche Il Titulus Crucis, la tavoletta reliquia della Croce probabilmente portata nella Basilica nel VI secolo e rinvenuta nel XV secolo murata all’interno dell’arco absidale della Basilica. La tavoletta è inscritta da destra verso sinistra usando caratteri ebraici greci e latini e riporta la motivazione della condanna a morte I. NAZARINVS RE[X IVDAEORVM]

Ma perché la terza croce, quella di Gesù, ridona la vita al cadavere? Ecco questa domanda che nasce da questa leggenda è un buon inizio per affrontare adesso la Parola di Dio e leggere la Passione e il racconto della Resurrezione. Obiettivo di ciò che diremo ai ragazzi è: la croce dà vita perché sopra di essa Gesù ha dato tutto se stesso per amore: questa donazione di amore più grande della sofferenza ha sconfitto la morte e ha prodotto la Resurrezione. Chi ama risorge.

Fonte: Diocesi di Prato