La malattia più brutta che può prendere un credente è quella in cui ci si ammala di superiorità. È una malattia che nasce dall’idea sbagliata che basta stare alle regole per essere migliori degli altri.
Che basta pregare per essere migliori degli altri. Che basta essere religiosi per essere migliori degli altri. Quando tu ti senti migliore di qualcun altro quella è la prova che la tua fede in te ha fallito. Per questo la storia raccontata da Gesù nel Vangelo di oggi è molto significativa: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. (…)Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”».
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Essere credenti significa avere costantemente la consapevolezza della nostra umanità non per frustrarci e vivere da complessati ma per non cadere mai nella trappola di credere che per essere credenti bisogna essere i primi della classe. Il vero credente non lo si misura dall’assenza di peccato ma dalla presenza dell’umiltà.
Infatti i peccati li puoi confessare e liberartene, ma quando uno è pieno di se stesso come può fare a svuotarsi? Solo sbattendo la testa. Certe cadute ci fanno estremamente bene. Delle volte passare attraverso l’umiliazione delle nostre cadute, apprendiamo la necessità e la preziosità dell’umiltà.
Non è Dio a umiliarci ma è il nostro orgoglio e la nostra superbia che ci fanno inciampare. Ma da simili cadute Dio sa trarre lezioni immense di come si dovrebbe vivere e relazionarsi. Una preghiera che dice: “Grazie perché non sono brutto e cattivo come quello”, non implica devozione e zelo ma narcisismo.
E si rimane molto male quando ci si accorge che Dio ha una predilezione immensa per i “brutti e cattivi”. A loro può migliorarli, ai presunti belli e buoni no, perché non si lasciano toccare.
don Luigi Epicoco su Facebook
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Lc 18, 9-14
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.