Lectio divina 31 gennaio 2018 – Suore di Casa Raffael

Mercoledì della Quarta Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)

Lectio: Marco 6, 1 – 6 

1) Preghiera

O Dio, che in san Giovanni Bosco hai dato alla tua Chiesa un padre e un maestro dei giovani, suscita anche in noi la stessa fiamma di carità a servizio della tua gloria per la salvezza dei fratelli.

2) I Santi del giorno :  San Giovanni Bosco  [1]

Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 ai Becchi, frazione di Murialdo presso Castelnuovo d’Asti, da una povera famiglia di agricoltori. Sua mamma, Margherita, era una santa donna tutta dedita al lavoro ed ai suoi doveri di cristiana: infondere nei suoi figliuoli il santo timore di Dio. Del babbo non poté gustare il sorriso e la carezza, perché se ne volò al cielo quando Giovanni era ancora in tenerissima età.

Fin da fanciullo ebbe il dono di attirare a sé le anime dei fanciulli con i suoi giochi di prestigio e con la sua pietà, che gli cattivava l’animo di tutti.

A prezzo di privazioni di ogni genere, in mezzo alle contrarietà degli stessi familiari, riuscì a compiere gli studi ecclesiastici e nel 1841 fu ordinato sacerdote. Da questo punto comincia la sua missione speciale: «l’educazione dei giovani».

Lo aveva difatti profondamente colpito il fatto di vedere per le vie di Torino tanti giovanetti malvestiti, male educati, abbandonati, esposti ad ogni pericolo per l’anima e per il corpo, molti già precocemente viziosi e destinati alla galera… Il cuore del giovane sacerdote sanguina: prega e pensa: e la Vergine Benedetta, che lo aveva scelto, gli ispira l’istituzione degli Oratori.

Dopo mille difficoltà e persecuzioni, gli riuscì di comperare a Valdocco (allora fuori Torino) un po’ di terreno con una casa ed una tettoia a cui aggiunse una cappella; ebbe così un luogo stabile e sicuro dove poter radunare i suoi «birichini».

Non aveva un centesimo: unica sua risorsa una fede illimitata nella Divina Provvidenza.

In pochissimo tempo i poveri giovani ricoverati diventarono più numerosi; l’opera cresceva e bisognava pensare al futuro. La benedizione di Dio era visibile. E Don Bosco fonda una nuova congregazione religiosa, la Pia Società di S. Francesco di Sales, detta comunemente dei Salesiani, composta di sacerdoti e laici, che poco alla volta aprirono oratori festivi, collegi per studenti, ospizi per artigiani, scuole diurne e serali, missioni fra gli infedeli in tutte le parti del mondo.

Per le fanciulle delle stesse condizioni, D. Bosco istituì le Suore di Maria Ausiliatrice, le quali, come i Salesiani, sono sparse in tutto il mondo, ed affiancano l’opera dei sacerdoti.

Per il popolo D. Bosco scrisse libretti pieni di sapienza celeste, dal titolo «Letture cattoliche» in contrapposizione a quelle protestanti.

Fino all’ultimo la sua vita fu spesa a vantaggio del prossimo, con sacrificio continuo, eroico. Il Signore lo chiamò a sé il 31 gennaio 1888 e fu canonizzato da Pio XI nella Pasqua del 1934.

3) I Santi del giorno :  Santa Marcella  [2]

Appartenne ad una delle più illustri famiglie romane: quella dei Marcelli (secondo altri dei Claudi). Nacque verso il 330, ma non ebbe la giovinezza felice, essendo ben presto rimasta orfana del padre. Contratto matrimonio in giovane età fu nuovamente colpita da un gravissimo lutto per la morte del marito avvenuta sette mesi dopo la celebrazione delle nozze. Questi luttuosi avvenimenti fecero maggiormente riflettere Marcella sulla caducità delle cose terrene tanto più che nella fanciullezza era rimasta assai affascinata dalle mirabili attività del grande anacoreta Antonio, narrate nella sua casa dal vescovo Atanasio (340-343).

Lo spirito ascetico propugnato dal monachesimo, consistente nell’abbandono di ogni bene mondano, andò sempre più conquistando l’animo della giovane vedova. Quando perciò le furono offerte vantaggiose seconde nozze col console Cereale (358), nonostante le premurose pressioni della madre Albina, oppose al ventilato matrimonio un netto rifiuto, motivato dal desiderio di dedicarsi interamente ad una vita ritirata facendo professione di perfetta castità.

Così Marcella, secondo s. Girolamo, fu la prima matrona romana che sviluppò fra le famiglie nobili i principi del monachesimo. Il suo maestoso palazzo dell’Aventino andò trasformandosi in un asceterio ove confluirono altre nobili romane come Sofronia, Asella, Principia, Marcellina, Lea; la stessa madre Albina si associò a questa nuova forma di vita.

Più che di vita monastica in senso stretto può parlarsi di gruppi ascetici senza precise regole, ma ispirati ai principi di austerità e di disprezzo del mondo, propri della scuola egiziana, assai conosciuti attraverso la vita di s. Antonio e le frequenti visite di monaci orientali. Lo stesso vescovo di Alessandria, Pietro, fu nel 373 ospite della casa Marcella e narrò la vita e le regole dei monaci egiziani.

Proprio dopo il 373 la casa di Marcella divenne un vero centro di propaganda monastica. Riservatezza, penitenza, digiuno, preghiera, studio, vesti dimesse, esclusione di vane conversazioni furono il quadro della vita quotidiana quale risulta dalle lettere di s. Girolamo, divenuto dal 382 il direttore spirituale del gruppo ascetico dell’Aventino. Nella domus di Marcella entravano vergini e vedove, preti e monaci per intrattenersi in conversazioni basate specialmente sulla S. Scrittura. Il sacro testo, specie il Salterio, non fu studiato solo superficialmente: per meglio comprenderne il significato Marcella imparò l’ebraico e sottopose al dotto Girolamo molte questioni esegetiche, come ne fanno fede varie lettere a lei dirette. Fra Girolamo e Marcella si strinse una profonda spirituale amicizia, continuata anche dopo la partenza del monaco per la Palestina. Tuttavia questa donna fu di spirito più moderato tanto da non condividere pienamente le violente diatribe e le acerbe polemiche del dotto esegeta. Simile moderazione dimostrò nelle pratiche ascetiche; pur amando e professando la povertà non alienò in favore della Chiesa e dei poveri tutti i suoi beni patrimoniali, anche per non recare dispiacere alla madre. Né volle trasferirsi a Betlemme, nonostante una pressante lettera delle amiche Paola ed Eustochio. Preferì invece continuare la diffusione della vita ascetica e penitente in Roma; per molti anni infatti la sua domus dell’Aventino rimase un cenacolo ascetico specie fra le vergini e le vedove della nobiltà. Verso la fine del IV sec. si trasferì in un luogo più isolato nelle vicinanze di Roma, forse un suo ager suburbanus, nel quale visse con la vergine Principia come madre e figlia. Rientrò in Roma nel 410 sotto il timore dell’invasione gota; in tale occasione Marcella subì percosse e maltrattamenti e a stento riuscì a salvare Principia dalle mani dei barbari, rifugiandosi nella basilica di S. Paolo. Morì nello stesso anno e la sua festa è celebrata il 31 gennaio.

4) Lettura: dal Vangelo secondo Marco 6, 1 – 6 

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.

Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.

Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

5) Riflessione [3]  sul Vangelo secondo Marco 6, 1 – 6 

  • Il Padre celeste vuole oggi rivelare agli abitanti di Nazaret chi è quell’uomo chiamato Gesù che è vissuto in mezzo ad essi, che è uno di loro. È il suo Messia, il Realizzatore di ogni sua Parola. È Colui che avrebbe dato compimento ad ogni profezia. Essi devono sapere che il Messia è presente nel mondo e viene proprio da Nazaret. È una gloria che Dio vuole offrire loro. Questa la volontà del Padre. Gesù si reca a Nazaret, mosso dallo Spirito Santo e dona loro la rivelazione che il Padre vuole che sia donata. Ora tutto è posto nella loro decisione. Che credano, non credano non è più nelle mani di Gesù, anche perché il Padre non gli ha dato la missione di convincerli nella fede. Assolta questa missione e attestata la verità di essa, anche attraverso esempi tratti dalla Scrittura, così come ci rivela il Vangelo secondo Luca, Gesù si alza e si reca in altri villaggi e città per annunziare loro il regno di Dio. Suprema liberta di Gesù!
  • «Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono… E molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti e dicevano: “… Non è costui il falegname, il figlio di Maria? …”. Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità» – Mc 6, 1-2; 3-6 – Come vivere questa Parola?

Il Vangelo odierno rimane sullo stesso piano di quello di ieri, e cioè sul tema fondamentale della fede. Là però essa era vista da Gesù in forma molto positiva. Infatti – come abbiamo potuto constatare – il Maestro si era commosso di fronte alla vera fede di quella donna che soffriva di perdite di sangue. Egli si era lasciato, in certo modo, ‘sopraffare’ da quello che abbiamo definito una specie di ‘colpo di mano’ di quella donna e abbiamo concluso affermando: “Gesù non resiste a questi ‘colpi di mano’ e ama essere ‘sopraffatto’ dalla vera fede!”.

Invece nel Vangelo di oggi Gesù ci viene presentato da Marco in un contesto totalmente diverso; anzi, opposto a quello di ieri. Il Maestro ora si trova nella sua patria, tra i suoi parenti, nella sua casa. Dopo un iniziale stupore passeggero di fronte ai prodigi da lui compiuti, i suoi concittadini si chiudono a riccio nella loro incredulità, «perché era per loro motivo di scandalo» (v. 4). La pennellata con cui si conclude il Vangelo odierno ci riporta la profonda amarezza provata da Gesù in questa circostanza: «E si meravigliava della loro incredulità».

Non basta essere vicini a Gesù nello spazio e nel tempo come i suoi conterranei, e presumere, conoscendo la sua carta d’identità terrena coi nomi ed il mestiere dei genitori, ritenere di avere la chiave per penetrare nel mistero insondabile del Maestro di Nazareth. Essi vivevano fianco a fianco con lui, faccia a faccia, e credevano con ciò di sapere tutto di lui. L’hanno visto per anni e anni e si erano abituati a lui: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria? Ed era per loro motivo di scandalo». La conclusione amara e dolorosa di Marco è la seguente: la loro incredulità ha reso inoperante il potere taumaturgico di Gesù: «E lì non poteva compiere nessun prodigio».

Questo è il rischio che possiamo correre anche noi: l’atteggiamento di chi si è “abituato” a Gesù, di chi si è ormai assuefatto, nella monotonia ripetitiva del tran-tran quotidiano, alle solite “pratiche” devozionali, senza che non succeda mai nulla di nuovo…

In un momento di raccoglimento e di umile preghiera, ripeteremo umilmente, ad alta voce, la commovente invocazione del padre del fanciullo epilettico, contenuta nel Vangelo di Marco e riportata subito qui sotto.

La voce del Vangelo di Marco (Mc 9,24): «Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: “Credo! Aiuta la mia incredulità!”»

  • Gesù si meravigliava della loro incredulità. – Mt 6,6 – Come vivere questa Parola?

Intorno a Gesù che passava per città e villaggi beneficando e compiendo miracoli si solleva un polverone di stupore pesante, malevolo perché incredulo. Lo vedevano aprire gli occhi ai ciechi, le orecchie ai sordi, far camminare gli storpi e perfino resuscitare i morti ma si arenavano nelle considerazioni più terra terra senza nessuna apertura alle sollecitazioni dello Spirito nella forza della sua Parola che muoveva a conversione. Così avevano occhi solo per vedere in Gesù il figlio del falegname di Nazareth, non il maestro-salvatore. Avevano orecchie solo per sentire che era uno come tutti: aveva madre, fratelli e sorelle. Assolutamente senza splendore, senza fasto e grandezza. Apparteneva alla quotidianità, inserito nella vita della gente normale. Niente di più.

Che cosa mancava loro? La fede che è il coraggio di fidarsi della Parola di Dio rivelata all’uomo amato infinitamente da lui.

Erano venuti i patriarchi, poi i profeti, poi lui stesso: il Figlio di Dio altissimo, la Luce del mondo, ma loro non lo avevano riconosciuto né creduto alla sua onnipotenza mossa da infinita volontà di amare e salvare.

Gesù si meraviglia di questa ostinata incredulità. Egli sa troppo bene che coincide con la propensione a chiudersi in una fossa oscura dove formicola la morte.

Non il dubbio, non gli interrogativi che, anzi, possono provocarci ad approfondimenti del nostro credere, ma l’ostinata presuntuosa incredulità stupisce Gesù e gli provoca dolore perché ci ama.

Signore, salvaci da queste tenebre, rendici figli della luce che è motivarci sempre di più nella nostra fede che sostanzialmente è credere all’amore.

Ecco da una preghiera ebraica: Io credo nel Sole anche quando non brilla. Io credo nell’Amore anche quando non lo sento. Io credo in Dio anche quando tace.

6) Per un confronto personale

  • Gesù ebbe problemi con i suoi parenti e con la sua comunità. Da quando tu hai cominciato a vivere meglio il vangelo, qualcosa è cambiato nel tuo rapporto con la tua famiglia, con i tuoi parenti?
  • Gesù non può operare molti miracoli a Nazaret perché manca la fede. Ed oggi, trova fede in noi, in me?

7) Preghiera finale: Salmo 31

Togli, Signore, la mia colpa e il mio peccato.

 

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa

e coperto il peccato.

Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto

e nel cui spirito non è inganno.

 

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,

non ho coperto la mia colpa.

Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»

e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

 

Per questo ti prega ogni fedele

nel tempo dell’angoscia;

quando irromperanno grandi acque

non potranno raggiungerlo.

 

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia,

mi circondi di canti di liberazione.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!

Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia.

 

Suore di Casa Raffael
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