Il commento alle letture del 27 gennaio 2018 a cura di Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).
MAESTRO, NON T’IMPORTA CHE SIAMO PERDUTI?
Il Salmo 18 (17) ci rivela che il giusto ha nel Signore un Salvatore potente, sempre pronto a venirgli in soccorso, non appena giunge al suo orecchio un grido di aiuto. Il giusto chiede e il Signore ascolta, viene, libera, salva, con immediata prontezza.
Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali. Nell’angoscia invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido. La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era adirato. Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda.
Davanti al suo fulgore passarono le nubi, con grandine e carboni ardenti. Il Signore tuonò dal cielo, l’Altissimo fece udire la sua voce: grandine e carboni ardenti. Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse. Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta del mondo, per la tua minaccia, Signore, per lo spirare del tuo furore. Stese la mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano più forti di me. Mi assalirono nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l’innocenza delle mie mani, perché ho custodito le vie del Signore, non ho abbandonato come un empio il mio Dio (Sal 118 (117) 1-22).
Nel Nuovo Testamento vi è un cambiamento sostanziale, già in qualche modo rivelato dal Libro della Sapienza e da molte altre profezie. Ogni antica parola di Dio trova il suo pieno compimento in Cristo Signore. Lui grida al Signore. Non fu però liberato dalla croce, dalla sofferenza, ma dallo stesso corpo di sofferenza. Nella morte, dopo la croce, gli fu dato un corpo di luce, rivestito di gloria eterna, non soggetto più né alla morte, né al dolore, né alla sofferenza. Ora il suo corpo è incorruttibile e immortale.
Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,7-10).
Gesù vuole che i suoi discepoli vivano secondo questa nuova fede. Domani, andando per il mondo, non potranno essere salvati dalle angherie del mondo. Dovranno subire ogni uragano e ogni tempesta. Essi dovranno sapere che il Signore è con loro, anche se apparentemente sembra che dorma. Le modalità di salvezza dovranno lasciarle a Lui. Solo Lui nella sua divina sapienza sa per quali vie condurre i suoi eletti.
In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
La vera fede è nella preghiera che sa consegnarsi ad ogni tempesta. Saprà il Signore quando e secondo quali modalità: se calmando la tempesta o se facendoci trascinare da essa che chiede l’offerta della nostra vita. Gesù nella tempesta della croce ha consegnato al Padre la sua vita. Il Padre gliela ridona tutta, ma in modo soprannaturale, celeste, divino. Questa fede chiede oggi Gesù ai suoi discepoli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede perfetta.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Mc 4, 35-41
Dal Vangelo secondo Marco
In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.