Commento al Vangelo del 18 gennaio 2018 – Monastero di Bose

Perché le folle seguivano Gesù? Questa domanda ne presuppone un’altra più radicale: chi è Gesù? Questa interrogazione percorre tutto il vangelo di Marco. Le due domande sono legate: solo conoscendo Gesù, siamo alla sua sequela; e solo stando alla sua sequela, incominciamo a conoscerlo.

Le folle andavano da Gesù, dice Marco, perché avevano sentito quello che faceva: operava miracoli. Uomini e donne accorrevano a lui per essere liberati dal male. “Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone”: la stessa moltitudine, forse, che andava da Giovanni per farsi battezzare (cf. Mc 1,5).

Avevano veramente ascoltato? Come Giovanni, Gesù chiedeva conversione, perché “il tempo è compiuto e il regno di Dio si è avvicinato” (Mc 1,15). Segno dell’approssimarsi del Regno è l’arretramento del male. Per questo, dice Marco, le folle si accalcavano intorno a Gesù, “perché aveva guarito molti”. Ma Gesù prende distanza: le folle possono schiacciare. C’è una ricerca di consenso che è solo una forma di dominio. È la tentazione del potere che Gesù aveva respinto. Se Marco si limita a menzionare la lotta contro satana (cf. Mc 1,13), Luca e Matteo mostrano che la tentazione assume la forma di un condizionale sull’identità di Gesù: “Se tu sei il Figlio di Dio…” (cf. Mt 4,3.6; Lc 4,3.9).

Per questo Gesù non permette agli spiriti impuri di parlare: non basta la meraviglia dinanzi ai prodigi per confessarlo “Figlio di Dio”. Ci si può lasciare irretire dall’ambiguo travestimento religioso del potere, che rende schiavi. Solo nell’imminenza della passione, quando non sarebbe stato più possibile l’equivoco di un Messia detentore di potere, Gesù accetterà di essere detto “il Cristo, il Figlio del Benedetto” (Mc 14,61-62).

Con troppa leggerezza parliamo di Dio senza ascoltarlo. Se confessiamo Gesù quale Figlio di Dio, dobbiamo chiederci: figlio di quale Dio? Non si può comprendere la figliolanza messianica di Gesù senza accogliere la narrazione della paternità di Dio che Gesù ha fatto con la sua vita: un Dio che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, ama i poveri e dona loro il suo regno, non smentisce il suo amore nemmeno dinanzi al rinnegamento dei figli…

Gesù è il Figlio, perché sempre intimamente in ascolto del Padre (cf. Mc 1,11): così trasparente alla parola di Dio, così perfettamente obbediente alla sua volontà, che in lui Dio regnava incondizionatamente. Egli è il Figlio di Dio, certo, ma è anche il Figlio dell’uomo (cf. Mc 2,10.28; 8,31.38; 9,9.12.31 ecc.); egli è la Parola, il Veniente, colui che è in mezzo a noi come la presenza vivente di Dio. Se ci affrettiamo a definire Gesù “Figlio di Dio” rivestendolo della nostra concezione perversa di Dio, traviseremo anche l’altra domanda che ci abita nel profondo: Chi è l’uomo? Chi sono io? Da dove vengo, dove vado?. Solo attraverso Gesù conosciamo Dio, solo attraverso Gesù conosciamo l’uomo.

Il silenzio messianico salvaguarda il mistero di Dio e custodisce il mistero dell’uomo. Solo seguendo Gesù Cristo e cercando in lui l’autentico volto di Dio, entriamo anche noi nel mistero di Dio, impariamo a vivere nella libertà dei figli (cf. Rm 8,15-16).

fratel Adalberto della comunità monastica di Bose

Mc 3, 7-12
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui.
Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo.
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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