Mons. Nunzio Galantino – I migranti non siano una merce elettorale

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Galantino: «Nessuno ha ricette ma non possiamo voltare le spalle»

L’iniziativa. Presentate le attività messe in campo dalla Chiesa italiana in vista della Giornata mondiale dedicata a milioni di persone che emigrano Il segretario generale della Cei ha ricordato che nonostante le strumentalizzazioni, le offerte dei fedeli per la ‘Giornata’ sono in costante aumento.

ROMA. La preoccupazione di monsignor Nunzio Galantino, e dei vescovi italiani, è che anche il tema dell’immigrazione venga ridotto «a merce elettorale» e dunque affrontata «in un clima di tifo da stadio». Nella settimana che precede la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, in programma domenica prossima, 14 gennaio, il segretario generale della Cei, affiancato dal vescovo ausiliare di Roma e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, monsignor Guerino Di Tora, lancia un appello. «Nessuno ha la ricetta per affrontare un tema così epocale, ma quello che non possiamo fare è girarci dall’altra parte». La conferenza stampa per presentare le iniziative della Chiesa italiana in vista della Giornata non può ignorare che fuori dalla Sala Marconi della Radio Vaticana (sede dell’incontro) è già avviata da diversi giorni una campagna elettorale senza esclusione di colpi. Così, tra un richiamo a proposte realistiche (ne parliamo in altra parte del giornale) e la sottolineatura di alcuni distinguo rispetto alle competenze, ciò che emerge è soprattutto l’invito a non strumentalizzare chi cerca di sfuggire a guerre, povertà e violenze.

«La Chiesa e le sue realtà – dice il vescovo – non intendono sostituirsi alla politica e alla responsabilità di chi governa », che ha il dovere di decidere strategie, livelli di interventi, modalità e politiche di accoglienza attraverso disposizioni legislative ». Ma il rispetto per l’autonomia della politica, aggiunge Galantino, «non può impedire alla Chiesa di annunciare il Vangelo, anche quello dove si dice: ‘Ero forestiero e mi avete accolto’».

A chi poi gli chiede se la Cei non si senta supplente della politica in materia di immigrazione, risponde di no, perché, spiega, «il mio referente non è il politico di turno, ma il Vangelo e il Papa». Altrimenti, ha aggiunto, «dopo le batoste che ho preso da destra e da sinistra e anche da frange della Chiesa, mi chiederei ‘chi me lo fa fare?’». E a proposito di papa Francesco, citando le 16 note con rimandi all’insegnamento di altri pontefici, contenute nel Messaggio per questa Giornata mondiale, Galantino commenta: «È pretestuoso il tentativo di far passare quella di papa Francesco rispetto alla realtà della migrazione come un’attenzione dell’ultima ora, riconducibile esclusivamente e colpevolmente all’attuale Pontefice». Questa, invece, è l’opera di «quanti – sconfitti dalla vita o comunque destinati ad essere infelici cronici – stanno lì, tutto il giorno, a cercare la ‘prova’ che ha bestemmiato, per stracciarsi la veste e pretendere il crucifige». Il vescovo cita quindi l’esperienza positiva dei corridoi umanitari e della campagna avviata dalla Cei ‘Liberi di partire, liberi di restare’, che «tende a creare le condizioni perché la gente non sia costretta a lasciare la propria terra. E ribalta anche l’obiezione secondo cui il tema dei migranti non paga. Le offerte per la Giornata sono invece in crescita: 475mila euro nel 2014, 497mila nel 2015, 543mila nel 2016 e anche nel 2017 (i dati non sono definitivi), il trend dovrebbe essere positivo. Alla sua voce si aggiunge poi quella di monsignor Di Tora, che illustra i quattro verbi del Messaggio del Papa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti. «Nessuno si illude che sia facile, ma è una opportunità per crescere insieme. Le migrazioni non sono la fine del mondo ma l’inizio di un mondo nuovo», sottolinea. Occorrono dunque, assistenza sanitaria, scuola, un salario minimo garantito, ricongiungimenti familiari senza espulsioni arbitrarie o collettive. L’Italia, invece, sembra aver perso un’occasione con la mancata approvazione del disegno di legge sullo ius culturae. «Quante

polemiche, non siamo arrivati in porto eppure per il diritto internazionale nessuno può essere apolide».

Infine don Giovanni De Robertis, direttore generale di Migrantes, ha smentito dati alla mano alcuni luoghi comuni sui migranti. In Italia è in corso un’invasione? «Gli immigrati sono 5 milioni, più o meno quanti sono gli italiani all’estero, e il loro numero è stabile da vari anni». 474mila stranieri sono diventati italiani, ma nel 2015 7mila nuovi italiani che avevano acquisito la cittadinanza hanno cercato una nuova tappa migratoria. Segno che in Italia non si sta poi così bene. I bambini immigrati sono 814mila, il 60 per cento dei quali nati nel nostro Paese. Gli immigrati, a parità di occupazione, guadagnano il 30 per cento in meno rispetto agli italiani.

MIMMO MUOLO per Avvenire