“Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”.
Parole non potrebbero essere più azzeccate per la memoria liturgica di Sant’Ambrogio che la liturgia odierna ci fa fare. Forse perché tutta la vita di questo grande pastore e dottore della Chiesa è stata un voler “fare” la volontà di Dio, amando con una passione immensa la sua Chiesa e creando per essa tutto l’alfabeto liturgico e teologico necessario affinché la fede potesse essere espressa. Sant’Agostino stesso subisce il fascino della santità e della genialità caritativa di quest’uomo. Sarà proprio Ambrogio a battezzarlo. Altro che parole.
La vita dei santi è un immenso fatto. L’amore è un fatto. Il bene che vuoi a qualcuno è un fatto. La felicità è un fatto. Quando invece ognuna di queste cose preferisce essere più parola che fatto, allora è lì che si sperimenta la tragedia. Che amore è un amore a parole? Che bene è un bene mostrato solo con parole? Che felicità è una felicità fatta di sole parole? Non si vive di sole parole, ma di fatti, perché ciascuno di noi è un fatto, è qualcosa di concreto. Ed è ovvio che è più facile costruire con le parole, esattamente come è più facile scavare nella sabbia invece che nella roccia. Ma se accetti la fatica di scavare la roccia allora quando verranno le tempeste tu rimarrai in piedi, mentre per distruggere una cosa costruita sulle parole basta semplicemente un mal di testa. L’amore vero fa sudare, per questo è affidabile.
Non bisogna mai avere paura della fatica, ma delle cose troppo semplici. La fatica invece molto spesso rafforza la volontà, dà forma al carattere, ci ricorda le cose a cui teniamo, misura l’interesse vero che proviamo per qualcosa. La fatica rende le cose affidabili perché le rende più nostre, più chiare, più concrete. Dovremmo quasi dire che la felicità è una fatica benedetta che davanti alle piogge, ai fiumi che straripano, e ai venti che soffiano rimane in piedi perché fondata bene.
don Luigi Epicoco su Facebook
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Mt 7, 21.24-27
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.