Fin dalla sera dell’elezione al pontificato di Jorge Mario Bergoglio, il 13 marzo del 2013, è stato evidente a tutti che una rivoluzione era in atto nella Chiesa: una rivoluzione annunciata fin dal nome Francesco scelto dal nuovo Papa e dal primo, storico discorso pronunciato dal balcone su piazza San Pietro. La comunicazione è apparsa fin dall’inizio la spina dorsale di un progetto destinato a cambiare la storia della Chiesa Cattolica e non solo.
Questa raccolta di studi, la prima nel suo genere, analizza i vari aspetti della comunicazione di Papa Francesco, mostrando come essi non siano altro che i “capitoli” di un grande racconto complessivo, che intende raccogliere un’eredità millenaria e proiettarla nel futuro.
ACQUISTA IL LIBRO SU
Leggi l’introduzione
Anna Maria Lorusso, Paolo Peverini
All’apice di una crisi di credibilità che ha coinvolto tutti i soggetti di autorità e tutte le istituzioni (dalla politica alla religione allo spettacolo), sullo sfondo di una incertezza spirituale che, insieme alle ideologie, ha travolto ogni fede collettiva (laica o religiosa che fosse), in un momento di particolare fragilità della Chiesa, minata soprattutto, a livello di sentimenti sociali, dallo scandalo della pedofilia, e comunque indebolita e spiazzata dalla inedita rinuncia al soglio pontificio di Papa Benedetto XVI, il 13 marzo 2013 viene eletto pontefice Jorge Mario Bergoglio: Papa Francesco.
Nessuno, neanche il più acuto conoscitore della Chiesa, avrebbe potuto immaginare il suo successo (se questo termine può essere adeguato per un Papa), un successo che si è declinato in pochissime settimane come credibilità (a fronte della perdita di credibilità acquisita con le diverse vicende di pedofilia) e vicinanza, cioè come capacità di entrare ed essere in contatto con la gente (a fronte della distanza percepita durante il pontificato di Benedetto XVI), andando a occupare un ruolo di riferimento anche per quanti non si riconoscevano nella comunità cattolica.
In breve, Francesco si è rivelato un “Papa leader”, soggetto in grado di condizionare le visioni etiche, politiche e sociali della sua contemporaneità, le agende tematiche dei media e le aspettative nei confronti della Chiesa.
In un periodo, cioè, di esacerbata sfiducia nelle autorità e nelle istituzioni, Papa Francesco si è imposto come soggetto autorevole: non soggetto di potere, ma soggetto di carisma.
Tutto questo non si è fondato in prima istanza sulle strategie di comunicazione vaticane, ma anzitutto su una intrinseca, personale capacità comunicativa di Bergoglio che è riuscito a rendere una serie di suoi gesti quotidiani particolarmente significativi, ri-valorizzando occasioni destinate altrimenti a passare inosservate.
Il “fenomeno Papa Francesco” si è dato, cioè, (e continua a darsi) in una inedita pertinentizzazione della dimensione comunicativa, che ha come restituito il comunicare alla sua radice partecipativa, come forma primaria di condivisione. Si comunica non per trasmettere contenuti e messaggi ma, in modo molto più radicale, per condividere il senso che si dà alla vita e questa condivisione non può essere limitata a pochi limitati momenti della giornata o dell’agenda ma deve riguardare l’intera esistenza dei soggetti coinvolti, non solo quando parlano, ma anche quando sorridono, quando salutano, quando fanno acquisti, quando si vestono.
Insomma, in completo accordo con una visione semiotica della vita, si “fa senso” continuamente, non solo a parole e non solo nei momenti deputati alla comunicazione. Per questo il carisma di Francesco appare tanto più eclatante quanto più si declina nell’orizzonte della vita quotidiana.
Ecco perché studiare Papa Francesco è un’occasione particolarmente interessante (e ghiotta) per la semiotica: questo pontefice incarna infatti una semiosi che travalica continuamente generi e spazi discorsivi precostituiti, per costruire nelle situazioni più inaspettate occasioni di senso inedite. Incarnazione dell’Istituzione e al contempo istanza di rinnovamento dell’Istituzione, Papa Francesco riformula continuamente i codici dell’etichetta (discorsiva e comportamentale) papale, e in questa continua azione di ricodificazione sta la sua grande “potenza semiotica”. Bergoglio non è un eroe isolato, né un ribelle visionario; è un soggetto sociale, integrato e capace di costruire comunità; al contempo assolve una funzione rappresentativa (sta per l’Istituzione che incarna, senza, in alcun modo, rinnegarla), una funzione rifondativa (ridefinendo i codici e la missione della Chiesa cui appartiene) e una funzione simbolica (incarnando universi di valori riconosciuti come tali anche da chi non appartiene alla comunità cattolica). Estremizza la singolarità inedita dei suoi gesti, spesso percepiti come irrituali, ma al contempo sa costruire un senso condiviso, caricando nuovamente di rilevanza e di legittimità sociale codici usurati.
Il punto con Francesco, dunque, non è studiare il suo lessico, o le sue encicliche. È vedere piuttosto come attraverso il suo lessico, le sue encicliche, i suoi gesti, la scelta delle occasioni comunicative in cui esprimersi, il suo abbigliamento, gli organi mediatici che lo rappresentano, egli riesca a trasmettere un senso coerente, ovvero come riesca a costruire un universo discorsivo che ri-legittimi la Chiesa e la religione.
Oggetto di questo libro, dunque, non sono le intenzioni programmatiche di Papa Francesco, o le sue dichiarazioni, ma un insieme molto più sfaccettato e composito di elementi che, insieme, vanno a costruire determinati effetti di senso. Semioticamente gli effetti di senso non sono necessariamente previsti o programmati; lungi da ogni intenzionalità consapevole, sappiamo che le impressioni che diamo dipendono da fattori non sempre controllati, ma comunque osservabili: fattori individuali e fattori contestuali, performance attuali e memorie stratificate, pratiche concrete e rappresentazioni sociali disponibili nell’esperienza di una certa società.
Per questo nel nostro libro prendiamo in considerazione elementi personali della comunicazione di Francesco, elementi di storia vaticana recente (in particolare il confronto col predecessore Ratzinger), elementi mediatici (le rappresentazioni filmiche, ad esempio). Nella circolazione del senso, nello spazio della cultura, in quel circuito che i semiologi chiamano semiosfera, non c’è distinzione tra anteriorità e posteriorità: il senso si dà e si dà sempre in contemporanea con altri elementi (del passato, di altri spazi culturali come la politica o la cultura, nella compresenza di vari media…). I soggetti sono sempre soggetti e corpi sociali – e tanto più questo è vero per un pontefice, che è insieme uomo individuato e incarnazione dell’Istituzione, singolarità e totalità. I discorsi di Papa Francesco circolano insieme ai discorsi su Papa Francesco, e insieme, nella loro reazione reciproca, fanno senso: costruiscono il senso di Papa Francesco, oggi.
È sorprendente che un soggetto così “denso” e rilevante, non abbia suscitato fin qui una significativa attenzione in chi studia la comunicazione. Se a livello sociale diffuso (sui giornali o in televisione) la straordinarietà di Francesco è oggetto di una continua notiziabilità, non ci risultano invece molti studi sulle ragioni e le modalità di questa efficacia.
Di recente la rivista Communication et langages ha dedicato un numero monografico (n. 189, 2016) a comunicazione e cristianesimo, dove ovviamente un capitolo è dedicato anche a Bergoglio.
La Rassegna Italiana di Sociologia ha dedicato l’ultimo suo numero del 2016 alle sfide del nuovo papato, dove due saggi sono dedicati agli aspetti comunicativi (cfr. i contributi di Martino e Ricucci e quello di Gandolfi).
L’impressione però è che manchino studi che mettano a fuoco come Papa Francesco “produce senso”, la modalità integrata e coerente con cui egli sa stabilire corrispondenze tra quello che dice, quello che fa e quello che predica. Da questo punto di vista uno degli studi che più si avvicina a questa ispirazione è quello di Dario Viganò, (2017) Fratelli e sorelle, buonasera! Papa Francesco e la comunicazione, che tuttavia inevitabilmente dà anche molto spazio alla dimensione pastorale e teologica di Papa Francesco.
Noi, da un punto di vista laico, vorremmo più che altro approfondire il modo in cui Francesco ridefinisce i codici di uno speciale discorso di autorità, quale è quello della Chiesa, evidenziando i diversi canali attraverso cui tale spazio si definisce.
Uno dei valori ricorrenti, ad esempio, dell’universo discorsivo di Papa Francesco è certamente la semplicità: Papa Francesco predica la semplicità evangelica, testimonia la semplicità (eclatante e ormai famosa la scelta di vivere a Santa Marta), si esprime in modo semplice (lontano dalla distanza intellettualistica di chi lo ha preceduto al soglio pontificio). La semplicità è per lui valore fondativo dell’identità ed effetto di senso (risultante dall’insieme dei suoi gesti), punto di arrivo; è dimensione valoriale, sociale e comunicativa – spazio per eccellenza del suo esercizio religioso ma anche spazio di contatto con l’alterità, dialogo e traduzione con religioni e culture differenti.
È questo che vogliamo che emerga da questo libro: non come Francesco gestisce la sua comunicazione pubblica, ma come ridefinisce alcune aree di senso della cristianità e forse del più generale vivere insieme. Come cioè si faccia autorità discorsiva, soggetto carismatico dello spazio sociale. Perché questa è a nostro avviso la sua inedita forza dirompente, che lo rende soggetto di attenzione non solo dentro il discorso religioso ma in un territorio molto più ampio, quello dello spazio pubblico.
I contributi di questo volume senza avere l’ambizione di circoscrivere e ricostruire l’intero spazio d’azione di Francesco provano così a indagare le modalità con le quali prendono forma e si dispiegano alcuni tratti pertinenti del Papa venuto “dalla fine del mondo”.
Il saggio di Isabella Pezzini provocatoriamente rovescia l’opinione diffusa che vuole Francesco un Papa profondamente moderno, sostenendo piuttosto che la sua singolarità risiede nella capacità di adattare il proprio discorso e forme “antiche” del discorso religioso (a iniziare dalla parabola e dall’idea di predicazione) a modalità comunicative nuove. Francesco sarebbe dunque un Papa pienamente inserito nelle logiche della rimediazione di cui parlano Bolter o Grusin, con una straordinaria capacità di mettere in correlazione e conciliare, goffmanianemente, scena e retroscena, giocando abilmente ora il ruolo di Papa ora quello dell’uomo Jorge Maria Bergoglio.
Maria Pia Pozzato concentra la sua attenzione sull’irritualità e sugli aspetti paradossali che marcano la comunicazione di Papa Francesco. In particolare il contributo mira a superare la visione ingenua di un pontefice che si esprime come le persone comuni, indagando piuttosto la sua capacità di “dissimulare la complessità”, di spiazzare le attese, riconfigurando l’asse comunicativo e fiduciario con i propri interlocutori, sovvertendo in ultima istanza il sentire comune. In questo senso la forza mediatica di Francesco risiederebbe nella sfasatura fra la propria enunciazione di sé e l’enunciazione che di lui fanno i media: nella capacità metacomunicativa e ironica di dare forma alla propria testimonianza.
Anche Franciscu Sedda prende in esame l’imprevedibilità che caratterizza la figura del pontefice incentrando tuttavia la riflessione sulla poetica di Francesco. Il contributo si sofferma così sul senso insito nella corporeità e nelle modalità tramite le quali prende forma e si declina la sua presenza, dimostrando come al di là della dimensione verbale, i gesti del Papa, finanche i suoi silenzi, siano intrisi di un valore profondo che contribuisce a definirne il carisma.
Il capitolo di Dario Mangano parte dal presupposto che per avvicinarsi alla complessità di una figura come quella dell’attuale pontefice “le parole non bastano” ma occorre indagare il senso di tutto quanto contribuisce a definirne l’identità pubblica. In questa prospettiva assume rilevanza il rapporto di Papa Francesco con gli oggetti d’uso quotidiano (tanto nella loro presenza quanto nella loro assenza rispetto alle convenzioni precedenti), segni tutt’altro che secondari o “accessori” che offrono delle chiavi di lettura particolarmente preziose per comprendere come si dispiega uno dei valori al fondamento del pontificato di Bergoglio: la semplicità. Ma non solo: prendere in esame gli oggetti di Francesco nella prospettiva semiotica significa riconoscere lo spessore di un ragionamento parabolico di portata ben più ampia che investe la dimensione della spiritualità.
Il contributo di Massimo Leone è incentrato sulla “rivoluzione prossemica” inaugurata dal Papa, sulla correlazione tra la corporeità del leader spirituale e la tradizione della compagnia di Gesù. In particolare nel capitolo viene indagata la complessità del rapporto semiotico che intercorre fra l’aspetto esteriore del gesuita e la sua interiorità, con particolare riferimento alla modestia e alla coerenza, due aspetti essenziali nella comunicazione non verbale di Francesco.
Nel capitolo di Paolo Peverini la riflessione si sposta sulla correlazione tra i valori a fondamento del pontificato e l’esordio del nuovo portale dell’informazione vaticana, un’operazione guidata dalla Segreteria per la Comunicazione che per la prima volta è chiamata a riunificare tutti i media della Santa Sede in unica struttura. Il lavoro si incentra in questo caso sull’operazione di messa a punto di un nuovo brand editoriale del tutto peculiare a livello internazionale ma che al contempo si misura inevitabilmente con le logiche della convergenza e del social web. L’ipotesi è che l’identità del portale si fondi sul tentativo di operare una sintesi tra due campi semantici e due regimi discorsivi distinti relativi alla dimensione apostolica e a quella informativa.
Daniele Salerno da parte sua propone una riflessione sulla transizione dal papato di Benedetto XVI a quello di Francesco nella prospettiva di una semiotica degli eventi, interrogandosi sulle trasformazioni strutturali innescate all’interno del sistema della Chiesa Cattolica dalle dimissioni inattese di un Papa e dall’elezione al soglio di Pietro di Jorge Maria Bergoglio. In questo senso ad assumere un rilievo particolare sono i cosiddetti rituali di transizione, eventi di passaggio intrisi di un forte valore simbolico e al contempo in grado di dispiegare un notevole impatto sul piano pragmatico.
Con Ruggero Eugeni l’attenzione si sposta nell’ambito della digital religion incentrandosi sulle forme sempre più visibili e rilevanti assunte dalle produzioni dal basso riguardanti Papa Francesco. Lo sguardo semiotico si concentra in questo caso sui video amatoriali, sulle pratiche d’uso del social web, sui siti non ufficiali, in altri termini sullo scenario dinamico e complesso dei contenuti grassroots provenienti dai differenti prosumers. Un rilievo particolare in questa prospettiva è assunto dai meccanismi di rienunciazione della figura di Francesco, dalle forme di ripresa, citazione, manipolazione e rilancio delle sue parole, delle sue immagini, della sua testimonianza, pratiche di riapproprizione dal basso tanto più preziose quanto più consentono di approfondire la riflessione sull’impatto del suo pontificato.
Il volume infine si chiude con il capitolo di Anna Maria Lorusso che nella prospettiva della semiotica della cultura e partendo dalla premessa che ogni soggetto è fatto delle pratiche discorsive che lo riguardano e lo posizionano all’interno di un sistema enciclopedico, indaga il ruolo giocato dalle narrazioni filmiche sul Papa nella costruzione della sua figura pubblica. In particolare il saggio si interroga sulla dimensione “pop” che sembra investire Papa Francesco, intendendo questo attributo non banalmente come manifestazione di una logica della spettacolarizzazione quanto piuttosto come la realizzazione di un’attitudine anti-elitaria, popolare che permea un papato carismatico.