Donizetti Tavares de Lima di Tambaú – Il taumaturgo

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Donizetti Tavares de Lima  nacque a Cássia (Minas Gerais, Brasile) il 3 gennaio 1882 in seno a una famiglia  amante della musica, tale che i figli ebbero per nome il cognome di grandi compositori (Donizetti, Rossini, Bellini, Mozart, Verdi). Ognuno di loro divenne valente musicista anche se avviato a una professione diversa.

Donizetti  pianista  e organista  si mantenne agli studi dando lezioni di musica in seminario e suonando l’organo in chiesa. Scoperta la vocazione,  fu ordinato sacerdote  il 12 luglio 1908. Svolse il servizio pastorale a San Gaetano, Jaguary, Vargem Grande do Sul per essere poi nominato parroco, nel 1926, a Tambaú (nello Stato di San Paolo). Svolse un  intenso apostolato  ed esercitò un notevole influsso sulla vita sociale della città. 

Si spese per i poveri, gli anziani, i malati, i bambini. La sua dedizione e focosità contro i soprusi che, in molti casi, lo ha reso simile a Don Camillo di Giovanni Guareschi. Casualmente la gente scoprì il suo  potere taumaturgico  del solo gesto di benedizione e, tra la fine del 1954 e i primi quattro mesi del 1955, si recarono a Tambaú circa tre milioni di persone. Fu egli stesso a stroncare il fanatismo popolare e a porre fine ai pellegrinaggi con l’ultima benedizione impartita il 30 maggio 1955. Morì santamente  a Tambaú il 6 giugno 1961.

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La vita di Donizetti Tavares de Lima, –nato il 3 gennaio 1882 nella città di Santa Rita de Cássia, che poi fu chiamata semplicemente Cássia, nello Stato del Minas Gerais, in Brasile –, abbraccia gli ultimi anni della Monarchia (1882-1889) e un lungo periodo della Repubblica (1889-1961). La storia comincia dai genitori, che s’incontrarono verso il 1865, e non furono certo agevolati nel loro amore…

 UN AMORE CONTRASTATO

«Chichina, di’ a quel giovanotto che prima di pensare di sposarsi con te, diventi qualcuno e poi… eventualmente… si faccia vedere da queste parti!», aveva ammonito severamente la nonna. Francisca Cândida, chiamata in famiglia Chichina, aveva chinato la testa e, pur con l’amaro in bocca che solo un’adolescente può capire, aveva risposto: «Sì, nonna». Alla Fazenda Anhuma e a Cabo Verde, tutti sapevano che a Francisca de Paula São José bisognava obbedire e basta. Moglie di Francisco Sales de Morais Navarro, più di lui, era consapevole che nelle loro vene scorreva sangue reale francese e savoiardo. «Ti rendi conto chi siamo? Ti rendi conto chi è mio figlio… tuo zio Luís Antônio?», aveva continuato la nonna, quando sembrava non dovesse aggiungere altro. Con il capo chino Francisca Cândida faceva cenno di sì, sperando che quella predica terminasse il prima possibile per andare a sfogare da qualche parte il magone che le s’era formato nel petto. Non voleva dare alla nonna la soddisfazione di vederla piangere!

«Mi sembra, al contrario, che tu non pensi a questo!», aveva continuato invece l’anziana, «Mettiti bene in quella zucca che tuo zio, –ricordalo: il tenente colonnello Luís Antônio de Morais Navarro! –, è un uomo importante nel Brasile. È il capo del partito Liberale e a corte, a Rio de Janeiro, parla con l’imperatore come io parlo con te!… e tu?… tu invece chi vuoi frequentare?», e continuando con sarcasmo, «addirittura sposare! Un figlio di chi? Un morto-di-fame senza né arte né parte…». Pur restando a capo chino, Francisca Cândida si era azzardata a controbattere: «È un musicista…». La nonna irritata ancor di più da questo affronto, l’aveva rimbeccata con scherno: «Oh, sì! Un musicista!…», e, dopo una lunga pausa durante la quale l’aveva guardata con sprezzo: «Che imparasse a fare qualcosa di serio! dovrà pur sfamare quei poveri disgraziati che avranno la cattiva sorte di essere suoi figli… non certo da te come moglie!», poi alzando la voce minacciosa: «Non lo voglio più vedere qui alla Fazenda! Capito?! E tu!… tu guardati bene dall’incontrarlo.

Questo è il mio primo e…», sollevando l’indice intimidatorio, «ultimo avvertimento!… Adesso puoi andare», e l’aveva licenziata porgendole la mano da baciare. Finalmente liberata da quella situazione incresciosa, Chichina era finita a piangere tra le braccia della mamma Maria do Carmo che, consolandola, aveva ricordato come fosse stata la prima vittima dell’autorità materna, ma che, tutto sommato, le era andata bene sposando Modesto Flavio dos Santos Bueno. La sera, poi, di nascosto, con la complicità della tata, Francisca Cândida aveva incontrato Tristão. Il giovane appena l’aveva vista, capì che le cose s’erano messe male. Tra i singhiozzi la ragazza aveva riferito tutta la contrarietà espressa dalla nonna e, conseguentemente, dalla famiglia intera. «Tristão, addio… meglio che ci dimentichiamo… segui la tua strada… che tu abbia tanta fortuna!…», e un nodo alla gola le aveva impedito di continuare. Il giovane, strettole la mano, le aveva detto: «Chichina, devo diventare qualcuno? Lo sarò!». La ragazza lo aveva guardato stupefatta: “Come? Non si era offeso?”.

Tristão le aveva poi sfiorato le dita con le labbra facendole una promessa: «Tornerò, Chichina… se sarai ancora libera, verrò a chiedere la tua mano». Mentre stava per andarsene s’era girato e, con un sorrisetto, aveva aggiunto: «Comunque non sposerai un figlio di nessuno, mio nonno Joaquim Gotardo de Lima, di origine tedesca, ha fondato una città nel Minas… insomma è un pezzo grosso! Diglielo alla nonna!». Così Tristão Tavares de Lima aveva fatto fagotto da Cabo Verde ed era partito alla volta di Rio de Janeiro. Figlio del capitano Tristão Tavares de Almeida, insieme con il fratello maggiore, s’era votato alla musica ma a São Gotardo non c’era molto spazio per quella loro arte. Così prima il fratello, Joaquim Tristão, sposatosi, era emigrato a Franca, dove aveva trovato la possibilità di diventare un grande maestro, in seguito lui, Tristão, era andato a cercar fortuna a Cabo Verde. Aveva avuto occasione di suonare presso varie famiglie e un giorno era stato chiamato anche dai Morais Navarro.

Qui aveva incontrato gli occhi di Chichina e… nonostante i richiami degli amici, − che un po’ per scienza e un po’ per invidia lo avevano avvertito −, non ce l’aveva fatto a stare alla larga da quella ragazza. Naturalmente la cosa era venuta all’orecchio di nonna Francisca de Paula ed era successo quel che era successo. A Rio Tristão, per amore di Chichina, aveva deciso di «diventare qualcuno» frequentando un corso di avvocatura. Per pagarsi gli studi teneva concerti nelle famiglie nobili e andava a suonare in alcuni locali alla moda. Non aveva certo intenzione di perdere molto tempo, quindi s’era orientato a prendere un pezzo di carta necessario a esercitare la professione. Così, dopo un paio d’anni, aveva ottenuto il «diploma di avvocaticchio» che, per decreto imperiale, gli permetteva di mettere su uno studio ed esercitare la professione di avvocato, anche se non poteva patrocinare direttamente le cause. Avrebbe aiutato le persone che avevano pendenze con la giustizia indirizzandole come consulente, e avrebbe istruito processi per conto di avvocati.

Gli era sembrato sufficiente questo per tacitare quella nonna e mostrarle che s’era messo sulla strada giusta per fare carriera. In fondo aveva davanti a sé tutta la vita. L’incognita era sapere se Francisca Cândida aveva avuto pazienza e l’aveva aspettato. Tristão, dopo due anni, era perciò tornato a Cabo Verde. Aveva esultato di gioia nel sapere che la ragazza aveva ancora solo lui nel cuore ma… non aveva avuto miglior sorte con la nonna. «Ci potremmo sposare solo dopo la morte della nonna!», gli aveva detto sconsolata Chichina, attendendosi questa volta una legittima esplosione di rabbia. Invece: «Se dobbiamo aspettare, aspettiamo!», era stata la risposta di Tristão. Quando il Signore volle –e non ci mise molto! –la nonna Francisca de Paula São José morì e ci fu il via libera alle nozze. Tristão aveva venticinque anni e Francisca Cândida diciotto, quel 27 giugno del 1870 quando poterono coronare, finalmente, il loro sogno.