Il Santo del Giorno, 24 Settembre – San Francesco Maria da Camporosso

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San Francesco Maria da Camporosso, al secolo Giovanni Croese (Camporosso, 27 dicembre 1804 – Genova, 17 settembre 1866), è stato un religioso italiano, appartenente all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, proclamato santo da papa Giovanni XXIII nel 1962.

Alle spalle di Ventimiglia, quasi all’estremità della Riviera ligure e presso il confine con la Francia, si trova un paese detto Camporosso. Vi si giunge per una strada che risale il corso del fiume Nervia, tra magnifici oliveti, prose­guendo poi per il borgo detto Dolceacqua.

A Camporosso, nel 1804, nacque Giovanni, il figlio di una coppia di umilissimi agricoltori che esercitò fin da ragazzo il silenzioso mestiere di pastore, guidando il gregge sulle pendici delle Alpi Marittime.

In questa atmosfera arcadica, cara alla letteratura di tutti i tempi, il ragazzo di Camporosso crebbe naturalmente virtuoso e tenacemente devoto. Non era facile, per un pastorello sempre impegnato a seguire il gregge, assistere alla Messa tutte le mattine: ma il ragazzo riusciva a farlo, a costo di molto sacrificio e a furia di faticose camminate.

E non era naturale che un giovane analfabeta e ritirato diventasse maestro di catechismo per i coetanei, come faceva Giovanni a Camporosso, ancor prima che si manifestasse in lui, con richiamo irresistibile, la vocazione alla vita religiosa.

Fu dapprima tra i Minori Francescani Conventuali; poi terziario cappuccino, entrando finalmente nel noviziato dei Cappuccini a San Barnaba, in Genova, con il nome di Francesco Maria.

Pronunziati i voti religiosi quando aveva ventisei anni, Francesco Maria non dimenticò il suo antico mestiere di pastore. Solo che, da allora, il gregge da lui guidato e curato fu quello dei più miseri e diseredati popolani di Genova, e i pascoli furono le strade a saliscendi della Superba, e soprattutto i « carughi »della città vecchia e dei porto.

Qui, il cappuccino di Camporosso, questuante del convento dell’Immacolata, divenne il « padre santo », come era comunemente chiamato dai suoi insoliti e spesso poco raccomandabili « parrocchiani », abitatori dei bassifondi e frequentatori degli ambienti più equivoci.

Sereno dappertutto, in chiesa come nelle bettole fumose e vinose, sempre ugualmente affettuoso, con i confratelli e con i ragazzi, con gli scaricatori e con i pregiudicati, il « padre santo », nei suoi incessanti giri per la città, si sforzava di assolvere un duplice compito.

Uno era quello della quotidiana questua; l’altro, assai più importante e delicato, era quello di cercare di avvicinare a Dio, magari impercettibilmente, le anime di quanti incontrava sul suo cammino.

Poco importa che gli incontri fossero, non di rado, violenti scontri, con persone pronte all’ira e alla collera, alle ingiurie e magari anche alle percosse.

Ma queste difficoltà, diciamo così « ambientali », non incrinavano la trasparente bontà del frate cappuccino al quale tutti, prima o poi, finivano per legarsi d’affetto, magari burbero e ispido come il loro aspetto.

La fine di Francesco Maria fu degna del « padre santo » quando, nel 1866, durante un’epidemia, si offrì in sacrificio per l’incolumità degli altri. Il male lo prese in parola, stroncandolo in pochi giorni, mentre l’epidemia declinava.

E l’umile cappuccino ebbe una tomba tutta di marmo, a Staglieno, il cimitero monumentale di Genova!

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