Emanuele Fant – La regola di Kurt

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Ruggero fa il liceo dalle suore. È un tipo strano, veste solo di nero e ama disegnare. Il suo idolo è Kurt Cobain dei Nirvana, morto suicida a causa della regola spietata che, secondo Ruggero, non risparmia chi nella vita ottiene troppe soddisfazioni. Ecco perché lui vuole attraversare i suoi anni migliori senza farsi troppo notare, temendo come una condanna la possibilità di stare bene. Quando in classe si presenta Alessio, il nuovo professore di storia dell’arte al primo incarico, Ruggero scopre che sono la stessa persona, vent’anni prima e vent’anni dopo. A causa di questa strana coincidenza, la convivenza non è facile: Ruggero non si aspettava da se stesso un grigio futuro come insegnante, la sua versione adulta non fa altro che cercare occasioni per dialogare. Tra i muri dell’istituto privato Maria Regina la tensione cresce, fino a una svolta imprevedibile.

Un romanzo che difende l’importanza degli errori, mescolando il grunge e Michelangelo, vecchie suore e improbabili alternativi, alla ricerca di una strada per uscire vivi dall’adolescenza. Età di lettura: da 12 anni.

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Dalla breve recensione di don Luigi Maria Epicoco

Emanuele Fant è per me un perfetto sconosciuto. Eppure gli ho accordato ormai da diversi anni una grande stima. Mi capitò tra le mani un suo libro, forse era il 2014, e fin da subito il suo modo di scrivere e di entrare dentro la realtà mi ha creato una strutturata simpatia. Forse è perché scriveva di Fratel Ettore, ma di certo è buon scrittore a prescindere dal motivo per cui scrive. Sarà anche per questo che ho letto tutto d’un fiato il suo nuovo romanzo, “La regola di Kurt”, che consiglio di leggere a tutti ma sopratutto agli educatori o a coloro che in un modo o nell’altro hanno a che fare con quella terra di mezzo che è l’adolescenza. Forse dovrebbero leggerlo direttamente loro, i ragazzi. Mi permetto quindi di spingere chi lo desidera a invitare Emanuele nelle proprie scuole, nei propri circuiti educativi, in tutti quegli ambienti dove c’è bisogno di chiamare per nome la vita, e chiamare per nome ciò che di essa ci fa male soprattutto in un’età dove tutto ci sembra bellissimo e allo stesso tempo insopportabile. Nessuna nostra vita è perfetta, eppure in quell’imperfezione è seppellita o la morte o la sfida. Esiste la “regola di Kurt” (“Più ti realizzi e più sei vicino alla fine”), ma esiste anche una sana disobbedienza a certe regole.