Due sono le parole su cui poggia questo brano evangelico: “Vai al largo” e “Lasciarono tutto, e lo seguirono”.
“Vai al largo”: richiesta esigentissima, contraria alle nostre tendenze. “Vai al largo”: salpa, molla gli ormeggi, spiega le vele al vento e parti, nel viaggio senza ritorno. C’è una necessità di rottura, in vista di un’ampiezza, di orizzonti vasti, come quelli dei mari di Guccione, dei cieli di De Stael che scriveva: “Mi hai fatto ritrovare la passione per i cieli immensi”… com’è difficile! Siamo così legati a noi stessi, ai nostri stracci, non riusciamo a spiccare il balzo. Se è questo che Gesù ha chiesto, vuol dire che lì c’è un nodo, un problema reale!
Con l’avanzare degli anni questa ampiezza diventa profondità: “Vai in profondità!”, come la parola greca significa. Facciamo molta fatica ad andare in profondità, il silenzio e la solitudine ci mettono paura, ma la vita ci manda lei a fondo e questa, se la accettiamo, è una grazia.
All’estremo opposto del brano, un’altra parola, fortissima: “Lasciarono tutto”… Com’è possibile lasciare tutto? Com’è possibile non salvarsi quando per un niente (che ci appare questione di vita) perdiamo la testa?
Andare al largo, lasciare tutto, siamo sinceri, sono impossibili a livello mentale: magari lo diciamo, muoviamo i primi passi (che ci sembrano un lungo cammino), affermiamo che abbiamo dato la vita per qualcuno, e quel qualcuno siamo poi in verità noi stessi… quanti asceti son diventati poi persone dure, arrabbiate, accusatorie, perché non sono riuscite nel progetto. È davvero un enigma! Una delle sofferenze più grandi!
Credo che ci sia una sola possibilità, che qui Simone ci rivela: “Sulla tua parola getterò le reti…” (anche se è un’assurdità totale). “La tua parola…”: meravigliosa espressione usata qui dall’evangelista Luca, che si distanzia da quella più solenne e teologica “parola di Dio” (cf. Lc 5,1), e diventa la “tua parola”, parola dalle infinite personalissime modulazioni, dalle indimenticabili inflessioni di voce e di affetti, che ciascuno di noi ha udito almeno una volta in qualcuno, fosse anche per un’ora sola, e ci ha segnato per sempre.
Se nella vita non ci siamo sentiti trafiggere dalla voce di una persona, se non abbiamo mai piegato le ginocchia a una “tua parola” (ed è esattamente quello che Simone fa!), non siamo assolutamente in grado di intraprendere l’andare al largo, l’andare in profondità, il lasciare tutto. È possibile fare questo solo in una relazione d’amore come quella reale e concreta che Simone viveva con Gesù (si pensi solo alla silenziosa sottomissione con cui mette a disposizione di Gesù la sua barca, se stesso, il suo tempo e ogni sua cosa).
“Colui che si perde a causa della propria passione avrà perso meno che se perdesse la sua passione” dicono ripetesse Agostino. Nei duri tornanti dell’esistenza, la domanda fondamentale non è “chi ha peccato?” o “di chi è la colpa?”, ma piuttosto: “Noi, abbiamo mai amato veramente qualcuno?”.
Sì, “a che serve conquistare il mondo, se non hai qualcuno a cui dedicarlo?”.
Fratel Lino della comunità monastica di Bose
[box type=”note” align=”” class=”” width=””]
Leggi il brano del Vangelo
Lc 5, 1-11
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
[/box]
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui