Commento al Vangelo del 18 giugno 2017 – Ileana Mortari (Teologa)

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna

E’ noto che nel vangelo di Giovanni manca il racconto dell’istituzione dell’Eucarestia, che è invece presente, e molto dettagliato, nei sinottici. Probabilmente, visto che il 4° vangelo vede la luce 20-30 anni dopo gli altri, il redattore diede per conosciuto il racconto dell’istituzione e preferì sostituirlo con due episodi non meno significativi: la lavanda dei piedi (cap.13) che esplicita ed esemplifica il senso del servizio insito nell’Eucarestia e il fondamentale e “centrale” cap.6°, che contiene l’episodio della moltiplicazione dei pani (comune ai sinottici) e soprattutto il lungo e complesso discorso “eucaristico” che lo segue: questo cap.6° è il più ampio discorso sull’Eucarestia che troviamo nel Nuovo Testamento, una sorta di “trattato eucaristico”, che non a caso è diventato fonte basilare di riflessione teologica sul 3° sacramento.

Sappiamo che Giovanni privilegia pochi miracoli, descritti minuziosamente e con funzione di “segno”; tale è anche quello, strabiliante, della moltiplicazione di pochi pani e pesci fino a sfamare diverse migliaia di persone. La cosa è portentosa e viene subito interpretata dalla gente come segno di potenza terrena; ma non era questo il significato del “segno”; è Gesù stesso che lo spiega nel lungo “discorso di rivelazione” che segue e che è costituito da due grandi parti: nella prima Egli allude al mistero della sua persona, di cui il pane era “segno”; nella seconda, da cui è tratta la pericope odierna, il Signore parla esplicitamente di “mangiare il corpo e il sangue” e dunque fa riferimento al Sacramento dell’Eucarestia, come, ormai unanimemente, ritengono tutti gli esegeti.

Le parole di Gesù del v.51 suscitano un’aspra discussione tra i Giudei: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” E Gesù di rincalzo: ”Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna……..rimane in me………vivrà per me…………vivrà in eterno.”

Il linguaggio di Gesù è crudamente realistico: mangiare la carne, bere il sangue….Viene da chiedersi se il Messia non potesse usare espressioni più attenuate, più…. soft!

E invece varie ragioni ci fanno capire l’importanza e l’insostituibilità di tali espressioni.

[ads2]Anzitutto è assolutamente evidente il riferimento al sacramento dell’Eucarestia, la cui celebrazione veniva compiuta ormai da vari decenni nell’ambito delle comunità cristiane.

E’ chiara la corrispondenza tra “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (v.54) e la formula dell’istituzione dell’Eucarestia sia nella versione, più antica, di Paolo (“questo è il mio corpo per voi” – 1° Cor.11,23) che in quella di Luca (“questo è il mio corpo dato per voi” – Luca 22,19)

In secondo luogo è fondamentale la presenza del termine “carne” (in greco “sarx”); è lo stesso termine usato nel Prologo (Giov.1,14: “ E il Verbo si fece carne”), cui evidentemente siamo rimandati. E’ infatti richiamato il grande mistero dell’INCARNAZIONE su cui tanto insiste il 4° vangelo.

Nella prima parte del discorso leggiamo “il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”(v.33): “chi discende dal cielo” esprime l’incarnazione del Verbo; “dà la vita al mondo” dice l’effetto dell’incarnazione stessa, cioè dare al mondo la vita che non muore mai, la salvezza universale.

Il Nazareno, nella seconda parte, ribadisce il concetto: “il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. (v.51); da notare il verbo al futuro: “io darò”, in cui si esprime il dono volontario della propria vita da parte di Gesù.

L’espressione crudamente realistica, come abbiamo visto, ha suscitato le mormorazioni-discussioni dei Giudei, i quali si rifiutano di dipendere radicalmente, per avere la vita eterna, da questo Gesù che sta parlando con loro; è una dipendenza intollerabile, anzi sacrilega, per chi non riconosce altro Salvatore che Dio.

Sullo sfondo si avverte il contrasto, vivissimo negli anni 90-100 (quando ci fu la redazione definitiva del 4° vangelo), tra la sinagoga e la comunità cristiana primitiva, circa l’accettazione o meno di Gesù come Figlio di Dio, Messia e Salvatore.

Soffermiamoci ora sul termine “sarx”, che corrisponde all’ebraico “basar”: è un vocabolo semitico che indica non tanto la carne, in senso materiale, come la intendiamo noi, ma l’umanità, la persona; nel linguaggio biblico l’espressione “carne e sangue” designa la persona umana nella sua realtà storica, l’uomo totale nella sua manifestazione concreta. Quindi l’espressione “mangiare la carne”, lungi dal far pensare all’antropofagia, indica piuttosto l’entrare in comunione totale con il Salvatore; “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” – dice ancora Gesù al v.56, sottolineando l’immanenza reciproca; e d’altra parte il realismo dell’Eucarestia sta nel mangiare fisicamente quel pane che il più grande miracolo di Gesù trasforma nel Suo corpo.

Non dimentichiamo che, al tempo di Giovanni, molti negavano sia l’incarnazione del Figlio che la presenza del suo corpo nell’Eucarestia.

Così, nel ribadire chiaramente la verità, Giovanni preferisce usare il termine “sarx”, invece del più tenue “soma”=corpo, usato da Paolo e Luca nelle frasi sopra riportate, e, come ben sappiamo, insiste sulla realtà dell’incarnazione, come antidoto alle eresie allora serpeggianti nella comunità.

Anche l’insistenza sul “sangue” è parimenti importante.

Nel 1° Testamento il sangue dei sacrifici di animali offerti veniva usato quale suggello di un’alleanza, come si vede in Esodo 24, dove Mosè, aspergendo il popolo con il sangue, dice: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!”(v.8).

Ora, nelle formule eucaristiche ritroviamo proprio questo riferimento all’alleanza: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” (Luca 22,19) e anche la frase di Giov.6,56 “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” riecheggia una formula di alleanza del 1° Testamento: “Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (Geremia 30,22).

Non solo, ma, sempre nel 1° Testamento, troviamo che solo il sangue (simbolo di vita) può espiare il peccato (sempre in qualche modo collegato con la morte).

Ed ecco che questa stessa realtà è presente nelle formule eucaristiche, a indicare il compimento, la realizzazione totale del perdono da parte di Dio, attraverso il sacrificio di Cristo: “nel mio sangue, versato per voi” (Luca 22,19), “questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti [semitismo che indica: tutti] ( Marco 14,24) e Matteo aggiunge “per il perdono dei peccati” (Mt.26,28).

Ileana Mortari – Sito Web

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 18 giugno 2017 anche qui.

Corpus Domini

Gv 6, 51-58
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 18 – 24 Giugno 2017
  • Tempo Ordinario XI, Colore bianco
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO

Read more

Local News