Oggi è capodanno, è l’inizio di un nuovo anno e c’è la consuetudine di farsi gli auguri: cosa significa? Non è solo una gioiosa consuetudine, ma è anche il necessario richiamo alla nostra condizione di creature. Il tempo, infatti, ci costituisce viventi, perché solo in una successione di eventi siamo in grado di accogliere le offerte vitali che ci sono fatte. Come creature perciò noi siamo tempo e le sue scadenze sono le tappe della nostra identificazione.
L’uomo è in divenire e la sua identità sta nel futuro, poiché egli nasce come possibilità da realizzare e come struttura da svolgere. Attraverso le scelte, i gesti quotidiani, le speranze, l’uomo accoglie e sviluppa progressivamentela sua identità personale fissandola nella forma che la morte consegnerà alla storia e all’eternità.
Tutti perciò per crescere, abbiamo bisogno di essere inseriti in strutture comunitarie, che richiamandosi ad una tradizione e attraverso intrecci di rapporti ci offrano doni vitali, aprendoci a un futuro inedito.
Il senso della vita, l’uomo non lo trova nelle sue capacità operative, nelle imprese, nei beni che possiede, ma solo in ciò che può diventare. Si crede che la salvezza venga dalla produzione dei beni sempre più numerosi, dalla acquisizione di potere sempre maggiore, dalla soddisfazione degli istinti sempre assecondati.
La ragione dell’insoddisfazione sta nell’errore di bersaglio. Le cose, le situazioni, le persone sono spazi di offerta di beni diversi, interiori, che costituiscono l’identità definitiva della persona. Finché non si scopre il termine reale di ogni tensione vitale, non si è in grado di capire la condizione di creature e di godere pienamente la vita.
Non sono quindi le cose, i rapporti o gli eventi ad avere un senso in sé, ma è ciò che l’uomo vi introduce a dare loro un senso. L’uomo può modificare il valore delle situazioni. L’augurio che ci scambiamo all’inizio di ogni anno riguarda appunto il bene supremo della nostra identità, per cui acquistiamo un nome “scritto nei cieli” e diventiamo viventi per sempre.
NUMERI 6, 22-27
Quello che abbiamo letto è uno dei testi più antichi della Bibbia. Si tratta di benedizioni per esprimere l’Alleanza tra Dio e l’uomo. In cammino verso la terra promessa, Israele non procede in maniera disordinata e scomposta, ma si lascia guidare nel suo viaggio dalle disposizioni divine, che vengono impartite tramite Mosè.
Il Dio di Abramo, di Isacco e Giacobbe non ha solo compiuto l’atto di liberare il suo popolo, ma l’ha educato a stare alla sua presenza. Solo i leviti possono avvicinarsi all’arca e solo i sacerdoti possono, davanti all’arca, offrire a nome di tutto il popolo i sacrifici richiesti. Per chi si trova nell’accampamento l’essere vicino o lontano dall’arca conta poco, l’importante è che ciascuno stia al suo posto e possa lodare Dio e ricevere la sua benedizione divina.
La benedizione viene data tramite Mosè a tutto il popolo d’Israele attraverso le parole stesse di Dio affidate ai suoi ministri. La benedizione viene spiegata con diverse espressioni: custodire, sentire su di sé il volto splendente di Dio, ricevere la grazia di Dio, avere pace. La benedizione di Dio accompagna il cammino dei suoi figli facendosi luce nei momenti di tenebra e protezione da tutto ciò che acceca e brucia.
LUCA 2, 16-21
Prima della nascita, ogni bambino è già identificato da Dio ma dovrà costruire il suo nome diventando un altro Gesù, salvatore con il figlio di Maria. Come? Trasformando in bene la sua storia: è la sfida della vita umana.
Salvare significa ritrovare il Bene nascosto dietro ogni situazione e farlo emergere. Si tratta di vivere non più nella violenza ma nell’amore, non più nella rivalità ma nel perdono.
E’ possibile, se si prende sempre più coscienza delle nostre motivazioni, come quella donna che non poteva fare a meno di prostituirsi. Suo padre era stato un alcolizzato. Un giorno lei capì che si vendicava di lui con tutti gli uomini che sfruttava. Alcuni anni dopo era irriconoscibile, tanto irradiava purezza e serenità.
“Che cosa è successo?” “Ho smesso di fare la vittima, ho capito che mio padre aveva avuto, anche lui, i suoi problemi. Sai, è morto con grande pace e dignità. Ero accanto a lui e gli tenevo la mano: mi sentivo finalmente libera di amarlo nella sua povertà.”
Tutti siamo chiamati a diventare “la madre di Gesù”, a far nascere il Bene nella nostra storia, qualunque essa sia.
Taulero, mistico domenicano, dice che il vero Natale è quello della nascita del Verbo nel cuore profondo dell’uomo. “Maria conservava tutti gli avvenimenti, meditandoli nel suo cuore”, continuando così a far nascere suo Figlio nel quotidiano.
Ogni volta che delle persone cercano di sconfiggere il male, quando una prostituta apre la sua camera a una compagna sfrattata, quando un barbone si prende cura di un compagno esausto, nasce Dio, proprio là dove certo non si va a Messa, dove non vige la morale dei benpensanti, ma dove la preoccupazione dell’altro ha preso il posto dell’individualismo.
I presepi, le luci, i regali, i cenoni, le celebrazioni natalizie stesse, possono restare gesti vuoti, anzi pagani, se non sono il segno visibile della nascita del Bene in ciascuno.
Nessuna situazione è così negativa da non permettere un bene maggiore. Se non fosse così, vorrebbe dire che Dio sarebbe vinto dal male, che esisterebbe un Dio più forte dell’unico Signore.
In ogni momento della nostra storia, Cristo vuol nascere in noi. ogni qualvolta scegliamo la verità, la condivisione, il perdono, proprio là dove serpeggiano la doppiezza, l’egoismo, la rivalità e la vendetta, è Natale.
Lasciamoci prendere per mano da Maria, la Madre di Gesù: da lei impariamo a custodire ogni frammento prezioso della nostra esistenza e a collegarlo con la Parola di Dio. Da lei impariamo ad esprimere il canto della lode e della riconoscenza e a far nascere in ognuno di noi Gesù che perdona.
Ci dia Maria il coraggio di affrontare passo passo questo nuovo anno con la sua serenità.
A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran
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Maria SS.ma Madre di Dio, Regina della Pace (Solennità)
- Colore liturgico: bianco
- Nm 6, 22-27; Sal.66; Gal 4, 4-7; Lc 2, 16-21
Lc 2, 16-21
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 01 – 07 Gennaio 2017
- Tempo di Natale I, Colore bianco
- Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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