Il nuovo libro di Enzo Bianchi – Gesù e le donne

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Al tempo di Gesù, la vita di una donna in Israele non era facile. Il mattino di ogni giorno l’ebreo osservante recitava, e recita tuttora, questo ringraziamento: «Benedetto il Signore che non mi ha creato né pagano, né donna, né schiavo». La letteratura sapienziale dichiara infatti che mentre la donna vergine è desiderata per le nozze, quella sposata è «vite feconda nell’intimo della propria dimora» e la sua più alta vocazione è essere la padrona della casa. Previdente, accorta, economa, educatrice di una prole numerosa.

Dunque la donna è una presenza nascosta, afona nella società, la sua vita è dedicata alla famiglia, e viene amata finché resta al «suo» posto: il posto stabilito dagli uomini. Anche se poi alcune donne avevano una loro importanza e dignità, è su un tale sfondo religioso e culturale che si staglia la figura di Gesù. Ma il Rabbi porta anche qui la novità rivoluzionaria del Vangelo.

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Attraverso i vangeli sinottici e il vangelo secondo Giovanni, Enzo Bianchi recupera e ci racconta le vicende emblematiche del rapporto di Gesù con le donne incrociate in vita. Incontriamo così fra le altre la donna malata di emorragia uterina che ha il coraggio di toccare il Messia sebbene «impura»; la donna straniera, greca e per di più di origini siro-fenicie, quindi pagana; le sorelle Marta e Maria; la donna sorpresa in adulterio, e Maria di Magdala, l’apostola degli apostoli.

Se uno dei modi più fecondi per conoscere un uomo o una donna è indagarne le relazioni con gli altri, il modo con cui guarda le persone scegliendo di averne accanto alcune invece di altre, allora osservare le relazioni di Gesù con le donne che incontra, che sceglie e che lo scelgono, ci può dire moltissimo sul suo insegnamento ma anche sulla nostra vita quotidiana di uomini e di donne.

E può dire molto anche alla società e alla chiesa di oggi. «Sarebbe infatti necessario, – afferma Bianchi -, che la Chiesa, le chiese, tornassero senza paura semplicemente a ispirarsi alle parole e al comportamento di Gesù verso le donne, assumendone i pensieri, i sentimenti, gli atteggiamenti umanissimi e, nello stesso tempo, decisivi anche per la forma della comunità cristiana e dei rapporti in essa esistenti tra uomini e donne».

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 Da “La Repubblica”

Gesù andò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio, e tutto il popolo veniva da lui; e sedutosi, insegnava loro. Ora, gli scribi e i farisei gli conducono lì una donna sorpresa in adulterio e, postala in mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora, Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa.

Tu dunque che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova, per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi giù, scriveva per terra con il dito. Ma poiché continuavano a interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E chinatosi òi nuovo, scriveva per terra. Ma essi, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Ora, Gesù, alzatosi, le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ella disse: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più».

Questo brano ha conosciuto una sorte particolarissima, che attesta il suo carattere scandaloso e imbarazzante: è stato infatti censurato· dalla Chiesa! È assente nei manoscritti più antichi, è ignorato dai padri latini fino al IV secolo, per cinque secoli non è stato proclamato nella liturgia e non ci sono commenti a esso da parte dei padri greci del primo millennio. Al termine di un lungo e travagliato migrare tra i manoscritti è stato inserito nel vangelo secondo Giovanni, dopo il settimo capitolo e prima del versetto 15 dell’ottavo. Non è una scena insolita: spesso i vangeli annotano che gli avversari di Gesù tentano di metterlo in contraddizione con la Legge di Dio, per poterlo accusare di bestemmia, di disobbedienza al Dio vivente. […]

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